Regionali, l’effetto Umbria nello scacchiere politico vibonese
Nel centrodestra restano in piedi diverse ipotesi, nel centrosinistra gli uomini di Oliverio credono ad una riconferma della candidatura del governatore uscente
Il voto umbro è arrivato forte e chiaro pure in Calabria, dove c’era attesa per conoscere l’esito del “test giallorosso” e capire se l’alleanza tra Pd e M5S sarebbe stata perseguibile anche qui alle imminenti elezioni regionali. La totale disfatta dell’asse di governo, però, ha portato i vertici del Movimento a sostenere, nella notte, che il test non ha funzionato e che quindi «l’intesa non appare replicabile sui territori». Se a questo si aggiunge il trionfo del centrodestra, ma soprattutto della Lega che sfonda il 38%, si comprende bene che il riverbero perugino sta risuonando anche da queste parti, anche a Vibo Valentia.
La scorsa settimana, guardando al centrodestra, stava maturando l’ipotesi di puntare sul vibonese Giuseppe Mangialavori per la presidenza della Regione. I punti fermi erano due: la casella che tocca a Forza Italia e la Lega che non digerisce Mario Occhiuto. Punti entrambi validi alla luce dell’Umbria, e che porteranno i big del centrodestra calabrese ad iniziare a sedersi a un tavolo per parlare di qualcosa di più che di semplici ipotesi o suggestioni. Che riguardano anche altri pezzi forti del partito, come il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo. Il tramonto di Occhiuto, però, non significherebbe per forza tramonto degli uomini di Occhiuto. A Vibo Valentia, è notorio, il suo braccio destro è Tonino Daffinà, che con un altro candidato alla presidenza non avrebbe certo quella spinta propulsiva probabilmente decisiva per strappare uno scranno. Ma come si dice a Vibo, Daffinà piange con un occhio. In caso di dimissioni dal Senato di Mangialavori – per la candidatura alla Regione o per qualunque altro motivo – a Palazzo Madama ci entrerebbe proprio Daffinà, al momento primo dei non eletti essendo stato candidato nel 2018 nella stessa lista di Mangialavori in terza posizione. Con la prima e la seconda (Fulvia Caligiuri) già occupate, toccherebbe al leader di Rinasci Vibo. Per ora, comunque, si tratta di ragionamenti prematuri. Prima c’è da scegliere il presidente della Regione.
Situazione analoga nel centrosinistra, con la differenza che Mario Oliverio, se saltasse ufficialmente l’accordo Pd-M5S, si troverebbe nella condizione di poter affermare di essere l’unica candidatura pronta e plausibile come riferimento del suo partito e della sua area politica. La sua eventuale riconferma alla corsa per una presidenza bis avrebbe come effetto quello di ringalluzzire l’entusiasmo, a Vibo Valentia, degli uomini a lui particolarmente vicini, dall’ex consigliere regionale Pietro Giamborino a quel nutrito gruppo di sindaci delle Preserre che fa capo a Giuseppe Barilaro e che rappresenta una discreta fetta di consenso nel territorio. Ma a Vibo, all’inaugurazione del comitato a Piscopio di qualche mese fa, c’erano anche vecchie conoscenze della politica come Domenico Romano Carratelli, o alcuni consiglieri comunali, come Stefano Soriano.
Nel Movimento, invece, la partita sul nome resta aperta anche se, senza il “fardello” della condivisione col Pd, i pentastellati potrebbero scegliere in autonomia il loro candidato. Difficile pensare ad un deputato, come Dalila Nesci, dato che – come riporta il Corriere della Sera – a notte fonda e dopo l’Umbria si sosteneva che «non si possono tagliare deputati e senatori per poi permettere agli eletti di trovarsi un’altra poltrona in corsa». Work in progress, ma la svolta è vicina.
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