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Consulente d’oro al Comune di Vibo? Ci vogliono due lauree. Talarico: «Se i candidati ammessi saranno pochi riapriremo i termini»

Infuocata audizione in IV Commissione dell’assessore alle Risorse umane che ha dovuto fronteggiare gli attacchi e le perplessità della minoranza in merito al bando da 26mila euro netti per 65 giorni di lavoro. L'opposizione: «Questa sarebbe la Vibo Vera promessa in campagna elettorale?»

Consulente d’oro al Comune di Vibo? Ci vogliono due lauree. Talarico: «Se i candidati ammessi saranno pochi riapriremo i termini»
Un momento della seduta della IV Commissione a cui ha partecipato Talarico

Due lauree. Tante ce ne vogliono, e non due qualsiasi, per aspirare a “vincere” (ma non è un concorso) il bando del Comune di Vibo per il reclutamento di un professionista esterno da 33mila euro Iva compresa (26mila netti) per 65 giorni di lavoro.

È forse proprio questo, il possesso di due titoli accademici, il vero punto debole dell’avviso pubblico rimasto aperto solo 7 giorni e chiuso a mezzanotte del 26 settembre scorso. Bando che ha scatenato un mare di polemiche per i tempi risicati e i requisiti considerati troppo stringenti, e vede ora la maggioranza che sostiene il sindaco Enzo Romeo essere incalzata dalle opposizioni che dicono di volerci vedere chiaro su una gara «che sembra essere cucita su misura per qualcuno».

La questione è stata al centro di un’infuocata seduta della IV Commissione che si è riunita oggi sotto la presidenza di Marcella Mellea. In aula, a rispondere alle domande dei consiglieri, c’era l’assessore alle Risorse umane, Marco Talarico. È toccato a lui fronteggiare gli attacchi e le esplicite insinuazioni della minoranza, difendendo la scelta dell’Amministrazione e rintuzzando le numerose obiezioni che sono venute dai banchi dell’opposizione: è sembrato più un Consiglio comunale con (quasi) tutti i crismi anziché una sonnacchiosa e rutinaria seduta di commissione. Talarico ha comunque tenuto il punto, facendo leva sul rispetto delle normative e sulla regolarità del bando. A chi gli chiedeva perché l’azione di reclutamento fosse durata solo 7 giorni, ha risposto con gli esiti dell’avviso, che ha prodotto l’invio di 33 domande di adesione, più altre 7 con documentazione incompleta che i candidati potranno comunque integrare. Dunque, in totale, 40 potenziali super consulenti (devono essere anche ex direttori di giornale ed ex dirigenti d’azienda) pronti a competere tra di loro nel colloquio decisivo che assegnerà un massimo di 70 punti su 100. Sempre che abbiano tutti i titoli richiesti, a cominciare, appunto, da “almeno” due lauree: una in Scienze della comunicazione e l’altra in Beni culturali.

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«Scommettiamo che le due lauree richieste ce le ha solo uno dei candidati?», ha affermato Giuseppe Cutrullà. «E poi – ha continuato -, visto che cercate un giornalista iscritto all’Ordine, perché non va bene un giornalista magari laureato in giurisprudenza? Dai titoli indicati nel bando non si capisce bene chi state cercando, visto che si richiede anche una solida esperienza nella comunicazione attraverso i social media. Sembra che siate alla ricerca di un tiktoker plurilaureato…».

La questione dei due titoli accademici richiesti è, ovviamente, dirimente, anche a causa di un testo, quello dell’avviso pubblico, abbastanza equivoco, dove al punto 7 si richiede ai candidati di “essere in possesso della laurea nei due ambiti disciplinari: scienze della comunicazione L20 e beni culturali L01 o titoli di studio equipollenti”. Ma Talarico non ha smentito che le lauree necessarie siano due e l’impressione, dunque, è che saranno in pochi a poter ostentare questo requisito e alla fine la lista dei 40 aspiranti potrebbe essere sfoltita con il machete. Tanto che lo stesso assessore ha annunciato che l’Amministrazione potrebbe decidere riaprire «i termini del bando se dovessero risultare pochi i curricula idonei». Ipotesi che ha scatenato la reazione di Maria Rosaria Nesci: «Ma che dice, non si può fare! – ha urlato dai banchi dell’opposizione -. Non posso credere che lei venga qui a dirci queste cose».

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Dal tenore più causticamente politico gli interventi di Antonio Schiavello (Andiamo Oltre) e Claudia Gioia (Vibo Unica), che hanno rimproverato all’Amministrazione e alla sua maggioranza di aver tradito le promesse elettorali. «Dov’è la discontinuità con il passato di cui parlavate? E dov’è l’indirizzo politico di questo bando?», ha chiesto Gioia, mentre Schiavello ha incalzato domandando che fine avesse fatto la “Vibo vera” degli slogan elettorali.

«L’indirizzo politico è nel testo dell’avviso pubblico per il reclutamento di un esperto in comunicazione e Pnrr», ha replicato Talarico, che ha rimarcato come prima di procedere alla ricerca di un esterno l’Amministrazione Romeo abbia verificato che non ci fossero figure professionali idonee già in forza all’Ente. Dal canto suo, il capogruppo del Pd, Francesco Colelli, ha rimproverato alla minoranza di buttarla in politica, visto che l’audizione dell’assessore al Personale era finalizzata principalmente a verificare se vi fossero irregolarità nel bando. «Irregolarità – ha precisato – che non sono emerse, perché Talarico ha spiegato in maniera esaustiva che la legge è stata rispettata, sia in merito al compenso (400 euro per ogni giornata/lavoro, il massimo previsto dalle tabelle del Pnrr, ndr), sia con riferimento ai tempi di pubblicazione (7 giorni, cioè il minimo stabilito dallo stesso quadro normativo, ndr).

Insidiosa, infine, la perplessità espressa da Carmen Corrado (Forza Vibo): «Ciò che mi convince di meno – ha detto – sono i 70 punti previsti per l’esito del colloquio a fronte dei 30 che possono essere assegnati per il possesso dei titoli richiesti. Troppa discrezionalità per giudicare un profilo professionale che non si capisce bene cosa debba fare».

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