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Il Corsivo | Vibo attonita per le esibizioni del sindaco e il silenzio di Mangialavori

Con la dichiarazione di dissesto il primo cittadino sarebbe costretta ad osservare regole molto più stringenti in materia di spesa. Smentita dai giudici contabili ha iniziato a sgretolare prima la coalizione di centrodestra, poi il suo stesso partito. La scelta di Mangialavori di non intervenire e le intercettazioni che potrebbero indurre Forza Italia a revocargli la tessera del partito

Il Corsivo | Vibo attonita per le esibizioni del sindaco e il silenzio di Mangialavori
Il sindaco Maria Limardo e l'esponente Fi Giuseppe Mangialavori

Da più giorni il dibattito politico è concentrato su tutto ciò che è avvenuto nel corso dell’ultimo consiglio comunale, caratterizzato da duri scambi di opinioni tra il sindaco Limardo e le forze di opposizione. Ad incendiare gli animi sono state le dichiarazioni iniziali del primo cittadino, così riassumibili: 1) la sentenza della Corte dei Conti rappresenta una grande vittoria per l’attuale amministrazione, atteso che  il Piano di riequilibrio è stato rigettato per mancanza dei presupposti iniziali per la sua adozione e non sotto il profilo della sostenibilità finanziaria; 2) tale circostanza testimonia l’ottimo lavoro dell’assessore Nardo il cui operato rende orgogliosi; 3) se errori ci sono stati, questi vanno ascritti  al commissario prefettizio Guetta che ha proposto la procedura, al consiglio comunale che ha mandato avanti il Piano, alla Corte dei Conti Calabria che lo ha esaminato nel merito, al Ministero che ha consigliato all’amministrazione di proseguire sulla strada intrapresa ed infine al Sezioni Riunite della Corte dei Conti che non hanno dichiarato immediatamente l’improcedibilità. In sostanza per il sindaco Limardo l’esecutivo e l’assessore hanno ben operato, ma un destino avverso ha posto sulla loro strada un gran numero di “asini”, i quali con le loro deficienze hanno vanificato tutto. Di fronte a delle dichiarazioni così oltraggiose verso l’intelligenza dei cittadini e dei consiglieri comunali, la prima operazione da fare è quella di riportare il tutto sul piano della realtà. Chiaramente  i fatti cristallizzati nei documenti sono totalmente diversi dalla narrazione del primo cittadino, ed in tal senso va chiarito una volta per tutte che il commissario Guetta ha, con decreto del 30/04/2019, solamente deliberato il ricorso al Piano di riequilibrio che è stato approvato dal consiglio comunale in data 5 agosto 2019 col voto favorevole della sola maggioranza ed il parere contrario delle opposizioni. Per quanto concerne invece la paventata “sostenibilità finanziaria”, motivo di orgoglio della Limardo, i giudici contabili calabresi hanno parlato di artifici contabili utilizzati per redigere il Piano, e quelli romani sono andati anche oltre, parlando di “gravi violazioni di legge”, trasmettendo gli atti alle competenti autorità per individuarne gli autori. Tornando a ciò che è avvenuto in consiglio comunale, appena si è compreso che le affermazioni del sindaco non rappresentavano una specie di battuta di spirito di fronte al contenuto di una sentenza che la bacchettava insieme all’assessore Nardo dal primo all’ultimo rigo, ma l’ennesimo tentativo di prendere per i fondelli i componenti del consiglio ed i cittadini, è iniziato il fuoco di fila  delle opposizioni. In  particolare i consiglieri Laura Pugliese, Lorenza Scrugli e Stefano Luciano hanno rispettivamente messo in rilievo: 1) l’assurdità delle dichiarazioni della Limardo nel dichiararsi orgogliosa “dell’ignorantia legis” evidenziata dai giudici della Corte dei Conti; 2) l’impressionante abilità dimostrata dal sindaco e dall’assessore Nardo nel mettere insieme una catena infinita di errori procedurali; 3) l’irresponsabilità del primo cittadino nell’anteporre i propri interessi legati ad un protagonismo esasperato agli interessi della collettività. Queste prese di posizione hanno mandato completamente in tilt la Limardo ed a farne le spese è stato il presidente del consiglio Rino Putrino il quale, ritenuto responsabile di aver consentito, soprattutto a Luciano, di attaccarla, ha rischiato quasi una aggressione fisica. Ricostruito il quadro degli eventi, occorre chiedersi se effettivamente, mutuando la terminologia della Pugliese, siamo di fronte ad una preoccupante ignoranza della normativa di riferimento oppure ad una, come noi riteniamo, deliberata scelta per poter continuare a gestire le finanze comunali con maggior libertà. Non riteniamo possibile che un sindaco avvocato, un assessore docente universitario ed un segretario generale che fa sfoggio della propria cultura in materia attraverso pseudo lectio magistralis sulla stampa, abbiano potuto commettere tutti quei grossolani errori evidenziati dai giudici contabili. Stando così le cose, bisogna chiedersi cosa abbia potuto spingere la Limardo a proseguire sulla strada di un Piano di riequilibrio dai presupposti inesistenti, invece di revocare la delibera del commissario Guetta e dichiarare lo stato di dissesto. La risposta bisogna trovarla partendo dalle perentorie affermazioni del primo cittadino: “fin quando sarò nella stanza dei bottoni non dichiarerò mai lo stato di dissesto”, cercando di veicolare l’idea che tale scelta guardi all’esclusivo interesse dei cittadini; nulla di più lontano dalla realtà. Basti ricordare che i principali “aspetti negativi” collegati alla dichiarazione di dissesto i vibonesi li stanno già scontando pagando i tributi comunali al massimo delle aliquote, pertanto sotto quest’aspetto per questi ultimi nulla sarebbe cambiato nella sostanza, mentre invece sarebbe cambiato molto per chi sta “nella stanza dei bottoni”, costretto ad osservare regole molto più stringenti in fatto di spesa, cominciando dall’impossibilità ad elargire consulenze esterne in piena libertà. Dal punto di vista politico i fatti registrati in consiglio danno la netta immagine di un sindaco Limardo allo sbaraglio, debole, molto debole, non difeso dalla sua stessa maggioranza e non in grado di replicare alle argomentazioni delle opposizioni con ragionamenti compiuti, particolarmente sofferente e soccombente nel confronto con Stefano Luciano, convinta di poter sopperire a tutto questo con la violenza verbale e quasi fisica nei confronti del presidente del Consiglio. Un sindaco che dopo aver sgretolato la coalizione di centrodestra, adesso con l’attacco a Rino Putrino ha iniziato la demolizione del suo stesso partito.  Chiuso questo capitolo, a corollario dello stesso bisogna necessariamente interrogarsi sull’assordante silenzio dell’On. Mangialavori sia sulla sentenza della Corte dei Conti che ha bocciato clamorosamente il sindaco, sia su tutto quello che è avvenuto nel corso del consiglio comunale. Per una serie di motivi la scelta del parlamentare non ci meraviglia, infatti non è difficile immaginare il suo imbarazzo nel leggere quanto messo nero su bianco dai giudici contabilie constatare di essere stato smentito a tempo di record in relazione al giudizio espresso sull’operato della Limardo, ritenuta meritevole di essere ricandidata. Imbarazzo amplificato dalla circostanza che il fallimento dell’attuale primo cittadino va ad aggiungersi al cattivo esito di altre sue scelte imposte al territorio: 1) il sindaco Costa costretto a lasciare in seguito alle dimissioni dei consiglieri della sua maggioranza 2) il presidente della provincia Solano fatto eleggere perché ritenuto “l’uomo giusto al posto giusto” e poi rinviato a giudizio per corruzione, estorsione elettorale e turbativa d’asta con l’aggravante mafiosa nell’ambito dell’inchiesta della Dda  denominata Petrol Mafie; 3) il commissario dell’Asp di Vibo, Giuseppe Giuliano, fortemente sponsorizzato, sospeso pochi giorni fa dai pubblici uffici per falso ideologico dal gip di Catanzaro. Andando oltre “l’imbarazzo”, il silenzio di Mangialavori poggia principalmente su altre ragioni: in primis va collegato al suo modo di essere, poiché, non essendo un cuor di leone, nei momenti di maggiore turbolenza politica tende ad eclissarsi e, oltre alla componente caratteriale, in questo particolare momento storico egli preferisce tenersi distante dall’occhio del ciclone  per non attrarre ulteriormente l’attenzione sulla propria persona, più di quanto non lo sia sulla scorta di alcune intercettazioni telefoniche venute fuori nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, denominata “Maestrale”, nella quale comunque il parlamentare non è indagato. Sul punto è bene precisare che non ci riferiamo ai colloqui, già apparsi sulla stampa, intercorsi con tale Domenico Colloca, arrestato con l’accusa, tra le altre, di associazione di stampo mafioso, bensì al contenuto di altre intercettazioni non ancora pubblicate dagli organi di informazione, il cui contenuto, a nostro avviso, nel momento in cui sarà conosciuto dagli organi centrali di Forza Italia, li indurrà a revocargli la tessera del partito costringendolo ad iscriversi al Gruppo Misto della Camera, reso famoso dalla presenza dell’On. Aboubakar Soumahoro.

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