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Il ministro Calderoli a Vibo, l’Anpi ribadisce il suo no all’autonomia differenziata

In vista dell'arrivo dell'esponente di Governo artefice del disegno di legge, il presidente del Comitato vibonese dei partigiani si appella agli amministratori locali: «Non lasciatevi sfuggire l'occasione di esprimere la vostra preoccupazione»

Il ministro Calderoli a Vibo, l’Anpi ribadisce il suo no all’autonomia differenziata
Il ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli

«Gli esponenti calabresi della Lega accoglieranno, il prossimo venerdì, il ministro Calderoli, artefice della riforma sull’Autonomia differenziata che, a loro dire, dovrebbe “rilanciare il Mezzogiorno”. L’Anpi ha da subito fermamente contestato ed espresso forti contrarietà a questa riforma e a nome dal Comitato provinciale di Vibo Valentia, che presiedo, non posso esimermi dal ribadire tali posizioni in occasione della scesa in Calabria dell’esponente di governo», così in una nota il presidente di Anpi Vibo Carmine Armellino a proposito della visita del ministro Roberto Calderoli a Vibo Valentia domani 28 aprile. «La Conferenza unificata Stato-Regioni ha dato il via libera al disegno di legge che si avvia verso una pseudo discussione parlamentare. Per molti calabresi è stato inspiegabile il voto favorevole del nostro presidente regionale il quale, al di là dell’obbedienza politica alla sua coalizione, dovrebbe ben comprendere i rischi che corre la Calabria qualora tutto l’iter dovesse compiersi secondo le attuali previsioni normative. La nostra contrarietà all’autonomia differenziata nasce dalla violazione del principio di eguaglianza, per la cui attuazione è necessario che i diritti fondamentali di cui all’Art. 2 della Costituzione possano essere esercitati in modo uniforme». [Continua in basso]

Prosegue Armellino: «Il progetto per l’Autonomia differenziata prevede che si garantiscano dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) così come previsto dall’Art. 117 della Costituzione, parte del Titolo V la cui modifica, alla quale le forze di sinistra purtroppo, all’epoca, non furono estranee, ha spianato la strada alla riforma di che trattasi. Ma perché partire dal presupposto che una parte dei cittadini debbano accontentarsi di livelli minimi mentre altri potrebbero usufruire di livelli massimi di prestazioni? Perché non UNIFORMI e ottimali per tutti? Senza prendere in considerazione altri aspetti, la pandemia, in relazione alle prestazioni sanitarie, non ha insegnato nulla? Molte voci autorevoli, oltre l’Anpi, mettono in evidenza che il progetto di autonomia differenziata mina alla base anche il principio di unità e indivisibilità della Repubblica sancito dall’Art. 5 della Costituzione. Anche le analisi degli esponenti di governo, che ora si fanno via via più approfondite, evidenziano, non senza imbarazzo, l’impossibilità di garantire che i vantaggi di tale riforma possano superare gli svantaggi ad essa connessi».

Secondo l’Anpi, l’autonomia differenziata «forse non mette in pericolo l’unità del Paese dal punto di vista degli organismi statali, ma origina delle sproporzioni nelle condizioni legali e materiali necessarie per il godimento effettivo dei diritti fondamentali, in particolare dei diritti sociali, per la cui attuazione sono necessari interventi centralizzati in grado di rimuovere gli ostacoli alla partecipazione alla vita pubblica, dei quali parla l’Art. 3 della Carta della Repubblica. L’autonomia differenziata così concepita è radicata su una idea di società nella quale gli squilibri nei livelli di crescita sono considerati auspicabili, partendo dal presupposto che solo lasciando piena libertà e adeguati strumenti ai soggetti economicamente forti questi ultimi possono esercitare la funzione di traino nei confronti delle aree più deboli e delle fasce sociali più svantaggiate, in questo senso si parla dell’autonomia differenziata come “secessione dei ricchi”. Tale principio è espresso dallo stesso Calderoli nella relazione introduttiva del disegno di legge quando afferma: In merito alla coesione, le unità politiche territoriali che compongono la Repubblica, sebbene molto diverse tra loro secondo la gran parte degli indicatori statistici rilevanti (lungo linee che non si esauriscono nella dicotomia Nord-Sud), sono e sempre più saranno fortemente interdipendenti. Perciò è frequente il rischio che il rallentamento di talune realtà colpisca anche quelle che possono avere un ruolo di “traino”. Da questo punto di vista risulta un vulnus anche al principio di coesione». [Continua in basso]

«Purtroppo – aggiunge Armellino – la riforma del Titolo V, varata dal Parlamento nel 2001 e sanzionata da un referendum popolare nel 2003, si differenzia in modo sostanziale dal testo originario della Costituzione del 1948 discostandosi per molti aspetti dalle sua finalità, di costruzione di una democrazia sociale avanzata, articolata attorno ai principi di primato della persona e dei suoi diritti fondamentali, di promozione del lavoro e di garanzia dei diritti sociali, oltre che di quelli civili e politici, in un contesto di libertà e di eguaglianza. Per questo l’Anpi sostiene la raccolta di firme per il disegno di legge di iniziativa popolare Villone che prevede una revisione degli articoli del Titolo V che, purtroppo, sono risultati un’ottima base su cui fondare la riforma Calderoli. Anche l’Anpi Vibo, sul nostro territorio, partecipa attivamente a questa campagna. Si potrebbe parlare ancora a lungo dei problemi che scaturiranno dall’Autonomia differenziata qualora essa dovesse raggiungere il suo compimento, ma come presidente del Comitato provinciale mi preme invece lanciare un appello agli amministratori degli enti del nostro territorio che condividono la posizione dell’Anpi: non lasciatevi sfuggire questa occasione per esprimere, direttamente, con un’azione politica forte, la preoccupazione per i rischi che corrono i cittadini da voi amministrati, non solo di non poter migliorare la propria condizione in merito alla garanzia dei propri diritti e delle proprie aspettative, legittime, di migliorare le proprie condizioni di vita ma, addirittura, di vedersi sfuggire quelli di cui adesso  godono, il cui livello è spesso ben al di sotto di quello “essenziale”».

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