Il Corsivo | L’abbandono di Luciano relega il Pd vibonese ad un ruolo marginale
Si resta in attesa delle decisioni di Laura Pugliese, mentre in Consiglio comunale potrebbe crearsi un nuovo asse con Coraggio Italia e quindi realizzare una più proficua opposizione all’amministrazione Limardo
La decisione di Stefano Luciano di lasciare il PD per approdare in “Azione”, il partito fondato da Carlo Calenda, non può essere considerata come un fulmine a ciel sereno ma la conseguenziale e sofferta decisione di un lungo percorso che ha raggiunto il punto di non ritorno in occasione delle note vicende congressuali che hanno fornito, oltre ogni ragionevole dubbio, la prova che il PD vibonese è ormai un partito mummificato e stantio al quale la vecchia classe dirigente, pur di rimanere abbarbicata alle proprie rendite di posizioni utilizzando forzature di ogni genere, ha impedito un fisiologico rinnovamento. Francamente pretendere da Luciano di farsi risucchiare da quelle stesse sabbie mobili in cui il partito sta sprofondando ci sembra eccessivo. Anzi riteniamo che l’ex capogruppo, dopo essersi caricato il partito sulle spalle ed aver lottato in consiglio comunale contro una soverchiante maggioranza di centrodestra, ed essersi impegnato con tutti i mezzi nel tentativo di arginare la progressiva perdita di credibilità del partito, sia stato molto paziente a resistere fino ai congressi nella speranza che essi potessero rappresentare l’effettivo inizio di un nuovo corso. Le cose bisogna avere il coraggio di dirle per quelle che sono e, alla luce di ciò, sarà interessante vedere chi all’interno del partito e con quali argomentazioni si vorrà cimentare in valutazioni critiche nei confronti della determinazione assunta da Luciano. [Continua in basso]
Chiuso questo capitolo occorre necessariamente dedicarne un altro a Laura Pugliese, da sempre al fianco dell’ex capogruppo del PD, eletta con la lista di Vibo Unica ed entrata nel partito di recente. Ella non ha ancora fatto conoscere il proprio pensiero in ordine alla vicenda di cui ci stiamo occupando. Certamente se si dovesse convincere che l’aria all’interno del PD è irrespirabile, per il partito sarebbe un nuovo colpo: si ritroverebbe infatti rappresentato da un solo consigliere, Stefano Soriano. In attesa degli sviluppi, possono essere fatte alcune considerazioni. La Pugliese è entrata nel partito poco prima dei congressi, quando i bei discorsi sulla necessità di chiudere con i vecchi metodi per aprire un nuovo corso avevano raggiunto lo zenit, e dunque prendere poi atto che il tutto si è concretizzato nella classica bolla di sapone deve essere stato per lei ancor più deludente che per Luciano. D’altro canto è pur vero che proprio l’essere entrata da poco potrebbe costituire un freno ad un suo repentino abbandono. In ogni caso va rilevato come la Pugliese, per dimostrare il proprio dissenso da ciò che è avvenuto nella fase congressuale, non ha inteso partecipare all’assemblea del partito, rinunciando alla probabile nomina a vicesegretario provinciale, e quindi riteniamo che una eventuale fuoriuscita non sarebbe indice di instabilità politica ma bensì perfettamente in linea con le sue precedenti determinazioni. Il punto è dunque un altro ed attiene alla capacità o volontà della Pugliese di resistere alle proposte allettanti che inevitabilmente le giungeranno dal Pd (capogruppo consiliare e vice segretario provinciale) per evitare di perdere anche lei. Chiuso anche questo capitolo occorre aprirne un terzo concernente i riflessi che avrà in consiglio comunale la decisione di Luciano. Riteniamo che l’aver lasciato un PD guidato da gente con in tasca la tessera del vecchio Partito comunista, per spostarsi in un partito più collocato al centro, consentirà a Luciano di muoversi più agevolmente nella ricerca di nuove alleanze finalizzate ad una più proficua opposizione all’amministrazione Limardo. In questo contesto non vi è dubbio che l’interlocutore privilegiato sarà il gruppo consiliare di Coraggio Italia facente capo a De Nisi e Bevilacqua, il quale fin dal suo costituirsi ha fatto intendere che era finito il tempo dei giochini della caduta del numero legale in consiglio comunale, col quale era abituato a sollazzarsi l’esecutivo Limardo, per lasciare spazio alle serie discussioni sui problemi reali dei cittadini.
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