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Il Corsivo | Pd vibonese: dall’assemblea i soliti metodi, i soliti volti e le solite ipocrisie politiche

Il Partito democratico a Vibo e provincia incapace di rinnovarsi e di mostrarsi un antagonista credibile e temibile per un centrodestra che pur non brilla

Il Corsivo | Pd vibonese: dall’assemblea i soliti metodi, i soliti volti e le solite ipocrisie politiche
La recente assemblea del Pd

Nulla di nuovo in casa Pd: quel progetto di rigenerazione da perseguire attraverso metodi e volti nuovi, tanto strombazzato dal segretario regionale Nicola Irto e fatto proprio da quello provinciale Giovanni Di Bartolo, è abortito ancor prima di nascere. Di metodi e volti nuovi non v’è traccia; infatti già durante l’iter congressuale si è assistito ad una serie sconcertante di forzature, poste in essere dal vecchio apparato di partito a tutela delle proprie rendite di posizione. Ancor peggio per quanto concerne i “volti nuovi”: un partito che non è in grado di esprimere qualcosa di diverso da Michele Mirabello attesta il vuoto che oggi lo pervade. La conferma di tale assunto emerge dalle foto poste a corredo dei servizi giornalistici inerenti ai lavori dell’assemblea provinciale del PD che immortalano una sala semi vuota, anche in rapporto alle norme anti covid, e soprattutto evidenziano la sola presenza di teste canute a dimostrazione del poco interesse dei giovani verso un partito che non riesce a rinnovarsi. Delineato questo quadro di carattere generale occorre adesso soffermarsi sulle dichiarazioni di Nicola Irto, Giovanni Di Bartolo e Michele Mirabello che hanno “allietato” la serata, ed usiamo volutamente il termine virgolettato in quanto il contenuto delle loro esternazioni, in fatto di ipocrisie politiche, incoerenze ed  abnormità, sarebbe stato più adatto ad un palcoscenico diverso. [Continua in basso]

Nicola Irto e, a destra, Giovanni Di Bartolo

Di fronte alle affermazioni di Irto, secondo il quale oggi il Partito democratico di Vibo rappresenta un punto di ripartenza grazie ad elementi di rinnovamento e di rottura rispetto al passato, occorre chiedersi e chiedere al segretario regionale quali sarebbero gli elementi nuovi rispetto al pregresso, atteso che gli eventi ai quali si è assistito durante l’intero iter congressuale rappresentano il meglio del peggio dei vecchi sistemi. La verità è completamente diversa: il partito è rimasto ancorato al suo deleterio trascorso ed Irto si è dimostrato timoroso e completamente inadeguato a spingerlo verso un cambiamento percepibile dall’esterno che potesse attrarre nuovi interessi e rivitalizzare l’entusiasmo dei pochi eroici sopravvissuti. Quanto a Di Bartolo avevamo sostenuto in precedenza che avrebbe dovuto dimostrare quella leadership e quel carisma necessari per poter navigare nelle acque tempestose che da sempre caratterizzano il partito. Riteniamo alla luce degli eventi che egli abbia fallito la prova. Infatti chi fin dal momento della sua individuazione quale candidato alla segreteria ha asserito che si sarebbe speso per un effettivo cambiamento impegnandosi a debellare le piccole oligarchie ed i vecchi feudi, non può proporre all’assemblea  l’elezione di un presidente che incarna tutto ciò che fino al giorno prima  dichiara di voler combattere. Il neo segretario provinciale più che leadership e carisma ha dimostrato  contraddittorietà e debolezza, supportando con le sue scelte il convincimento di coloro i quali lo ritengono un piccolo Insardà, teleguidato dal vecchio segretario dal quale ha già mutuato il modus operandi caratterizzato dallo smentire la sera le affermazioni del mattino e nell’accontentare tutti pur di garantirsi una tranquilla sopravvivenza. Infine Mirabello al quale non occorre dedicare ampio spazio, apparendo le sue dichiarazioni, agli occhi di chi segue gli eventi politici, veramente grottesche. Come possa sperare di essere credibile quando promette di volersi spendere per il bene del partito se in passato lo ha sempre usato a proprio uso e consumo. Per quanto poi concerne l’appello di Mirabello a Luciano, volto a far  recedere il suo gruppo dalla decisione di rimanere fuori dalla direzione provinciale, esso è frutto della consapevolezza che senza Luciano ed i suoi il partito è ancor meno cosa, il che finisce per rimpicciolire ulteriormente chi già presiede il nulla. 

Michele Mirabello

Dopo la  corposa opera di depurazione delle grondanti ipocrisie alla quale siamo stati costretti al fine di riportare il tutto nella sua giusta dimensione, occorre ora soffermarsi sull’altro tema affrontato da Nicola Irto ovverosia la riconquista del Comune capoluogo da moltissimi anni governato dal centrodestra. Sul punto riteniamo più semplice il passaggio di un cammello dalla cruna di un ago piuttosto che il Pd possa con Di Bartolo, Mirabello e Colelli scalzare il centrodestra. Basta ricordare come il partito alle ultime consultazioni comunali, senza il sostegno di Censore non sarebbe riuscito neppure a chiudere la lista, e  la stessa ha ottenuto consensi di gran lunga inferiori a quella di Vibo Unica facente capo a Luciano. Ciò detto bisogna dare per scontato che il Pd non è titolare di “mezzi propri” idonei ad impensierire il centrodestra e quindi l’unica via percorribile per centrare l’obbiettivo posto nel mirino da Irto sarebbe quella di stringere alleanze con altri partiti e formazioni civiche, ma dubitiamo che qualcuno abbia voglia di sedersi, alla luce della posizione assunta dal gruppo Luciano, ad un tavolo di concertazione con  un segretario di circolo non legittimato neppure dalla maggioranza degli iscritti, con un segretario provinciale clone del precedente e con un presidente i cui trascorsi ne certificano l’inaffidabilità politica.

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