Provincia di Vibo ed elezioni: la politica “spalle al muro” dopo la richiesta di dimissioni per il presidente
Tutte le forze politiche dovranno uscire dal silenzio dopo l’appello del Pd che, in vista del rinnovo del Consiglio provinciale, invoca pure il cambio della presidenza chiedendo a Solano di fare un passo indietro a causa del suo rinvio a giudizio e la costituzione dell’ente parte civile. Cosa faranno Forza Italia e il senatore Mangialavori? Commissione di accesso in vista da parte della Prefettura?
Si avvicina la data per il rinnovo del Consiglio provinciale di Vibo Valentia (18 dicembre dalle ore 8 alle ore 20) e si rischia di andare al voto in una situazione che non ha alcun precedente nel resto d’Italia. Ad indire i comizi elettorali è stato infatti ad inizio mese, con apposito decreto, il presidente dell’ente Salvatore Solano che però dal 20 ottobre scorso è stato rinviato a giudizio dal gup distrettuale con l’accusa di concorso morale nell’effettuare minacce nei confronti degli elettori al fine di costringerli a votare nei confronti dello stesso Solano nel 2018. Accusa che Solano condivide con il cugino Giuseppe D’Amico ritenuto l’esecutore materiale delle minacce ed arrestato per una sfilza di altre ipotesi di reato fra cui associazione mafiosa e narcotraffico.
Quindi per Salvatore Solano anche l’accusa di corruzione (sempre in concorso con il cugino Giuseppe D’Amico) e turbata libertà degli incanti (in quest’ultimo caso con l’aggravante mafiosa).
Si rinnova soltanto il Consiglio provinciale (il presidente con la riforma Del Rio resta in carica quattro anni, il Consiglio provinciale due) ed al voto sono ammessi solo i sindaci ed i consiglieri comunali dei Comuni del territorio provinciale di Vibo Valentia.
Solano – secondo quanto reso pubblico dai consiglieri provinciali Daniele Vasinton e Antonella Grillo che ne hanno chiesto da tempo le dimissioni – nel corso di una riunione politica tenuta nel mese di agosto aveva garantito loro (così hanno riferito i due consiglieri in una nota stampa) che si sarebbe fatto da parte se dopo l’avviso di conclusione indagini ci fosse stata una richiesta di rinvio a giudizio nei suoi confronti. Sappiamo com’è andata a finire. Non solo c’è stata la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ma la stessa è stata poi pienamente accolta nei confronti di Salvatore Solano che è stato infatti rinviato a giudizio dal gup per tutti i capi di imputazione a lui contestati. [Continua in basso]
Nessuna accusa caduta
Una precisazione importante, quest’ultima, che è bene fare alla luce dell’opera portata avanti da qualche disinformato che ha inteso parlare di accusa di voto di scambio caduta nei confronti di Salvatore Solano. Un’accusa in realtà mai mossa dalla Dda nei confronti di Solano e quindi mai caduta semplicemente perché mai contestata. Nei confronti del presidente della Provincia di Vibo i capi di imputazione erano e sono rimasti tre: A12) reato p.e p. dagli art. 81, co. 2, 110 c.p., 8, L.122/1951 e s.m.i., e 87, D.P.R. 570/1960 e s.m.i e 416 bis.1 c.p.(concorso morale nell’effettuare minacce nei confronti degli elettori al fine di costringerli a votare per lo stesso Solano nel 2018, insieme al cugino Giuseppe D’Amico ritenuto l’esecutore materiale delle minacce); A 12 bis – art. 81, co. 2, 319, 321 c.p. (corruzione in concorso con D’Amico); A 12 ter – reato p. e p. dagli art. 110, 353 bis e 416 bis 1. c.p. (turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa).
E’ bene ricordare che Salvatore Solano, oltre ad indire con proprio decreto i comizi elettorali per il rinnovo provinciale, ha inteso in precedenza – sempre con decreto del presidente – costituire parte civile l’ente Provincia nel processo Petrol Mafie (o Rinascita Scott 2) che lo vede fra gli imputati. Il decreto presidenziale di costituzione di parte civile dell’ente porta la firma – anziché di Salvatore Solano – del vicepresidente della Provincia Domenico Anello. Abbiamo già scritto della paradossalità e dell’anomalia di tale vicenda, atteso che Salvatore Solano ha ribadito che non intende dimettersi dalla carica di presidente della Provincia di Vibo. [Continua in basso]
Quali forze politiche lo sostengono?
La novità è ora data dall’appello del Partito democratico che, in vista del rinnovo del Consiglio provinciale, ha chiesto a tutte le forze politiche di unirsi per chiedere le dimissioni del presidente Solano in modo tale da andare al voto per rinnovare tutti gli organi elettivi dell’ente Provincia, presidenza compresa, e non solo il Consiglio. Un appello al quale sarà ora politicamente interessante vedere chi risponderà e servirà anche a capire come le altre forze politiche – sinora rimaste silenti dinanzi ad una vicenda per la quale chi vuol far politica non può nascondersi – intendono affrontare la spinosa situazione, se cioè infilare ancora una volta la testa sotto la sabbia e scegliere la via del silenzio oppure far conoscere ai cittadini il loro pensiero al riguardo. Un appello di “salute pubblica”, quindi, che chiama in causa tutto il centrosinistra ma anche il Movimento Cinque Stelle che sinora – pur contando su due parlamentari (Riccardo Tucci e Dalila Nesci, con quest’ultima anche componente della Commissione parlamentare antimafia) – nulla ha fatto sapere sulla Provincia e sul rinvio a giudizio del suo presidente con l’ente parte civile nello stesso procedimento. L’appello lanciato in queste ore dal Pd chiama però direttamente in causa anche tutto il centrodestra che nel 2018 ha voluto e sostenuto Solano alla presidenza, salvo poi scaricarlo politicamente ben prima dell’inchiesta Petrol Mafie.
Il silenzio di Mangialavori
Ed è in questo contesto che si deve registrare sinora il solito silenzio da parte del senatore di Forza Italia Giuseppe Mangialavori, anche lui (fra l’altro) componente della commissione parlamentare antimafia nonché coordinatore regionale di F.I.. Scriviamo di “solito” silenzio non a caso, poiché anche per la mancata candidatura in Consiglio regionale dell’uscente Vito Pitaro non abbiamo registrato nessuna spiegazione pubblica da parte del senatore azzurro (tanto che ad oggi si disconoscono le ragioni ufficiali della mancata candidatura di Pitaro). Alle prime difficoltà, dunque, sembra che il copione si ripeta: gli abbandoni di Pitaro e di Solano al loro destino da parte di Giuseppe Mangialavori e la via del silenzio per non rispondere politicamente delle proprie scelte e del proprio operato. Era stato infatti proprio il senatore di Forza Italia nell’ottobre 2018 a scegliere, volere, sostenere, appoggiare e sponsorizzare il sindaco di Stefanaconi Salvatore Solano (che ha iniziato la sua carriera politica nelle fila della sinistra giovanile, è bene ricordarlo) a presidente della Provincia. Cosa farà quindi Forza Italia in vista delle elezioni provinciali del 18 dicembre? Presenterà una propria lista per eleggere consiglieri appartenenti ad un partito che ha già politicamente sconfessato da tempo il presidente Solano? Oppure Forza Italia presenterà una lista di candidati al Consiglio senza dire se una volta eletti sosteranno o meno Solano nel suo incarico di presidente? Da qualunque prospettiva la si guardi, le contraddizioni abbondano ed il silenzio non aiuta. Capiamo bene anche le difficoltà politiche nelle quali si sono cacciati da soli Forza Italia e Mangialavori in vista delle elezioni provinciali: scaricare apertamente Solano significherebbe, infatti, ammettere pubblicamente di aver fallito nella sua individuazione nel 2018 quale presidente dell’ente. Sostenerlo significherebbe invece fregarsene del rinvio a giudizio ottenuto dalla Dda del procuratore Gratteri nei confronti di Solano e anche fare marcia indietro rispetto ad un abbandono politico già avvenuto ben prima dell’inchiesta Petrol Mafie ed a prescindere dalla stessa. [Continua in basso]
La Prefettura di Vibo
Le scelte delle forze politiche sull’ente Provincia sono di certo “attenzionate” anche dalla Prefettura che, vista la situazione – l’ipotesi di inquinamento del consenso elettorale raccolto nel 2018 da Solano secondo la Dda – ben potrebbe prescindere dalla futura composizione del Consiglio provinciale ed azionare i poteri previsti dalla legge con l’invio di una Commissione di accesso agli atti per valutare eventuali infiltrazioni mafiose nella vita dell’ente. Un’ipotesi tutt’altro che remota, attesa anche la contestazione di turbata libertà degli incanti (con l’aggravante mafiosa per Solano e il cugino D’Amico) mossa pure ad alcuni funzionari dell’ente. Non resta che attendere, dunque, l’evolversi di una situazione nella quale la politica tutta non può questa volta restare a guardare e lavarsi le mani.
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