Sviluppo, la minoranza: unire il Comune capoluogo con altri 13 enti del Vibonese. Ecco i vantaggi
Presentata da diversi esponenti dell’opposizione una mozione d’ordine al sindaco Limardo sulla base dell’idea partita dal Comitato promotore del “Progetto di fusione e la nascita della città di Valentia”
Trasformare il Comune di Vibo Valentia in un grande ente territoriale. Come? Inglobando altri 13 Comuni del Vibonese. È questa la proposta di diversi consiglieri di minoranza e messa nero su bianco in una mozione d’ordine indirizzata al sindaco Maria Limardo e all’assessore di riferimento. A sottoscrivere il documento, presentato mercoledì scorso e che si dovrà discutere in occasione della prossima seduta di Consiglio, sono stati Domenico Santoro (Movimento 5 Stelle), Lorenza Scrugli (“Vibo Valentia da Vivere”), Laura Pugliese (gruppo Misto) e Pietro Comito (“Concretezza”). [Continua in basso]
La proposta, formulata dal Comitato promotore del “Progetto di fusione e la nascita della città di Valentia” e che mira a impegnare politicamente il sindaco e la giunta ad adottare determinati provvedimenti in tal senso, prevede l’accorpamento dei seguenti Comuni: Vibo Valentia; Pizzo; Mileto; Maierato; Jonadi; San Gregorio d’Ippona; Sant’Onofrio; San Costantino Calabro; Filandari; Briatico; Filogaso; Stefanaconi; Cessaniti; Francica, per una popolazione complessiva residente di 79.500 abitanti. Il nuovo ente locale che il Comitato promotore ipotizza dovrà avere la denominazione (provvisoria) di “Valentia” o di “Grande Vibo Valentia”.
Sottosviluppo locale
«Il nostro territorio – scrivono dunque gli interessati nella loro mozione – è nella condizione di grave ritardo economico e di sottosviluppo e nemmeno il settore del turismo riesce a invertire questa condizione. La polverizzazione della trama urbana, inoltre, non consente il conseguimento della necessaria massa critica per avviare ed implementare l’offerta di servizi di qualità. Ed inoltre la carenza di tali servizi disincentiva la localizzazione sul territorio vibonese di attività economiche dinamiche ed innovative nonché l’attrazione di capitale umano qualificato. La frammentazione del governo locale ha poi costi molto alti. Il dato più evidente, ricavabile facilmente dai bilanci comunali, è l’incidenza molto elevata dei costi fissi di funzionamento delle strutture sul totale delle risorse disponibili». [Continua in basso]
Viene, poi, fatto presente che «la parcellizzazione dei governi comunali è un problema storico del sistema amministrativo italiano che, non avendo ancora trovato una soluzione strutturale, è tornato di estrema attualità con la grave crisi economica e con i conseguenti numerosi provvedimenti tesi alla riduzione della spesa pubblica. Ed è quello che si ripropone – si legge nel testo – con la recente spirale negativa economico-finanziaria innescata dalla gravissima pandemia da Covid-19. Le normative riguardanti l’unione dei Comuni, nonostante le politiche di promozione basati su un mix di incentivi e vincoli, non hanno condotto a risultati qualitativamente visibili».
Tentativi positivi di fusione
Detto questo, i consiglieri ricordano all’amministrazione Limardo che in Calabria ci sono state delle fusioni di Comuni molto positive che hanno prodotto i benefici sperati inizialmente: Corigliano Calabro e Rossano nel nuovo Comune di Corigliano-Rossano, 77.206 abitanti, Casali del Manco Casali (10.079 abitanti) istituito il 5 maggio 2017 dalla legge regionale del 2017, a seguito dell’approvazione di un referendum tenutosi il 26 marzo 2017 il quale prevedeva la fusione dei comuni di Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta. Lamezia Terme che ha unito, negli anni ’70, tre Comuni divenendo «il centro economico della Calabria conquistando le principali infrastrutture strategiche dell’aeroporto, dell’industria e del commercio». In altra forma al momento ci sono in itinere anche altre ipotesi di fusione.
Identità culturali
«Per la sua lunga tradizione municipalista – scrivono ancora i consiglieri comunali di Vibo Valentia – l’Italia ha costruito un’identità culturale e territoriale da non sottovalutare e da non comprimere, anzi da sviluppare e le fusioni dei Comuni non eliminano le differenti identità, anzi le possono evidenziare enormemente. Dall’altro canto, il processo ipotizzato non dovrà cancellare gli evidenti squilibri di bilancio economici oggi esistenti con deficit pesanti. Il progetto di fusione dei Comuni dovrà, quindi, essere – secondo i promotori della proposta – opportunità per esaltare le componenti di decentramento ed autogoverno dei diversi siti territoriali, identificati secondo obiettivi criteri di omogeneità ed identità storiche, sociali e culturali». [Continua in basso]
Punti di forza della proposta
Dalla creazione del nuovo ente, sempre a parere dei firmatari della mozione d’ordine, ci saranno vantaggi per tutti i Comuni: economico-finanziari in quanto «gli incentivi nazionali prevedono l’erogazione del 40% dei trasferimenti erariali ricevuti da ciascun ente nel 2010 per 10 anni, con un tetto a 2 milioni per ogni ente interessato. Deroghe nazionali ai limiti sulle assunzioni, e premialità nei bandi regionali, a partire da quelli che veicolano le risorse dell’Unione europea. Incentivi di tipo burocratico-amministrativo, in particolare le assunzioni di personale. Si fa notare – si legge sempre nel documento – che la città che verrà sarà snodo nevralgico dell’entroterra, già insignito con il riconoscimento della Dop e della Igp, per la produzione e coltivazione di peculiarità del settore agroindustriale. Ed inoltre che il futuro ente si colloca sulle direttrici viarie di grande comunicazione (A2, trasversale delle Serre, strada statale 18 Tirrena Inferiore) Ed inoltre i piccoli comuni diverrebbero anch’essi “capoluogo di provincia” traendo anche loro i benefici dell’ente maior».
Cosa fare
Ma come avviare l’iter di fusione? Innanzitutto è necessario che ciascuno dei singoli Comuni, attraverso il rispettivo Consiglio, esprima a maggioranza la volontà di fondere il proprio ente, con gli altri quattrodici, attraverso separate deliberazioni da trasmettere alla Regione Calabria che indirà un referendum. Il nuovo ente locale, quindi – si fa osservare – «diverrà la terza città della Calabria per numero di abitanti, ed il primo polo urbanistico-economico per la fisiologica collocazione baricentrica del più importante distretto turistico ed enogastronomico regionale».
Il consiglio comunale
Per quanto detto, dunque, i consiglieri di minoranza Santoro, Scrugli, Pugliese e Comito impegnano, attraverso al loro mozione che dovrà essere discussa in aula, il consiglio comunale del capoluogo a decidere se esprimere o meno la volontà di fondere il proprio ente con gli altri 13 per la formazione della “Grande Vibo Valentia”. E si impegna per questo fine «l’amministrazione in carica a realizzare al più presto tutti gli atti amministrativi, tecnici e politici di coinvolgimento degli altri Comuni per la fusione dei quattordici enti limitrofi».