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Accordi, strategie e tradimenti: il piano di Bruni per riprendersi la Provincia

Negli ambienti politici si dà ormai per cosa fatta il patto tra Udc e Partito democratico in vista delle elezioni provinciali di Vibo. Il suo candidato Martino sintesi perfetta tra le ambizioni dei centristi e i “guai” dei democrat. Luciano resta decisivo 

Accordi, strategie e tradimenti: il piano di Bruni per riprendersi la Provincia

Nei corridoi dei Palazzi e davanti ai banconi dei bar si dà già per cosa fatta. Se manca solo il crisma dell’ufficialità è perché la mossa richiede tutte le cautele per non bruciare le tappe e rischiare qualche passo falso. Del resto le “intemperanze” in questi giorni non sono mancate e c’è voluto tutto il savoir-faire di navigati attori della politica vibonese per contenere i danni. Partito democratico e Udc correranno insieme alle elezioni provinciali del prossimo 31 ottobre a Vibo: il “sogno proibito”, quando tutto sembrava volgere verso altri sviluppi, è ormai ad un passo dal concretizzarsi. Da una parte la strategia attendista dei democrat (alle prese con crisi di consensi e di identità), dall’altra le ambizioni di un partito che, lungi dall’arrendersi allo spirito dei tempi, sul territorio vuole ancora tessere i fili di trame ed accordi (in pieno stile democristiano) e far pesare il suo ruolo. Se il Pd ha atteso a lungo prima di fare la sua mossa, lo scudocrociato e il suo sempiterno leader Gaetano Bruni le idee le hanno avute ben chiare da subito: fare da “ago della bilancia” ed offrire ai contendenti la chiave di un Palazzo, ormai decadente, su un piatto d’argento. La classica politica dei “due forni” che ha trovato in una figura spendibile sul piano elettorale (quella del giovane e ambizioso sindaco di Capistrano Marco Martino) e in una fitta ragnatela di rapporti e contatti, la sintesi perfetta. Così l’Udc si è prima accomodata al tavolo del centrodestra propugnando l’ideale di una coalizione unitaria in grado anche di sopravvivere all’appuntamento elettorale di secondo livello, per poi azzoppare quello stesso tavolo scandalizzata per il ricorso alla “forza dei numeri” da parte di Forza Italia. (L’articolo prosegue sotto la pubblicità)

Sbattuta la porta della segreteria di Mangialavori, l’Udc si è rimessa su piazza in cerca di nuovi e meno “pretenziosi” interlocutori. L’incastro con la strategia del Pd, alla ricerca di forze civiche interessate al rilancio dell’ente, al bene del territorio, alla pace del mondo, al sesso degli angeli, ecc. è stato automatico. Ed in realtà è stato anche antecedente all’uscita dei centristi dall’alveo angusto del centrodestra. Il flirt era già verosimilmente a buon punto. Gli ammiccamenti non erano mancati, del resto, neppure quando il candidato in pectore Martino, a Il Vibonese, riferiva di un centrosinistra pronto ad abbracciarlo. Non già un auspicio o un volo pindarico, quindi, ma parole che tracciavano una precisa prospettiva. E lanciavano messaggi altrettanto chiari. Nessuna reticenza dunque a chiudere un nuovo accordo, o “accorduni” che dir si voglia, pur di giocarsi l’assalto al Palazzo con qualche prospettiva di riuscita. Del resto torna utile anche al Pd trovarsi a interloquire con un candidato già da tempo in campo e su una proposta che può ridar fiato ad un soggetto in debito d’ossigeno. Soluzione “prêt-à-porter” per tutti: per gli “oliveriani” pronti ad intrupparsi con il governatore alle prossime regionali e per i malpancisti “censoriani” che attendono alla finestra l’occasione buona per riposizionarsi. Nessun imbarazzo, di conseguenza, ad “abbracciare” nuovamente chi in passato, proprio dallo scranno di presidente della Provincia di Vibo, è assurto al ruolo di “padre-padrone” della politica vibonese

Il “piano perfetto”, quindi, per riprendersi un Ente ormai spolpato della sua essenza, vuoto simulacro del potere che fu. Unico tassello mancante per aver maggiori chance di riuscita è il sostegno dell’ex presidente del consiglio comunale di Vibo Stefano Luciano, forte di voti pesanti – probabilmente decisivi – a Palazzo Luigi Razza, e che nel suo girovagare è finito per sedersi al tavolo di Mangialavori. Anche se l’interessato ha preso tempo per “metabolizzare” il nuovo risiko politico, c’è chi giura sia pronto a guardare proprio in direzione opposta, rimpolpando così uno schieramento che andrebbe oltre le categorie tradizionali della politica. Ovunque tranne che a Vibo. A Vibo tutto è possibile

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