San Nicola da Crissa onora la memoria dei fratelli Di Tocco eroi della Resistenza conferendogli la cittadinanza onoraria
La cerimonia promossa da Anpi e Comune si terrà giovedì 24 alle ore 18 nella Sala consiliare. Originari di Tropea e attivi nella IX Divisione Garibaldi “Alarico Imerito”, si distinsero come staffette e combattenti rischiando la vita per supportare i gruppi partigiani


Un tributo sentito a coloro che, con coraggio e abnegazione, hanno contribuito a liberare l’Italia dall’oppressione. Giovedì 24, la comunità di San Nicola da Crissa si stringerà in un abbraccio ideale attorno alla memoria di Maria, Bice e Antonio Di Tocco, tre fratelli che durante il buio periodo della Seconda Guerra Mondiale scelsero di schierarsi dalla parte della libertà, unendosi con determinazione alla Resistenza partigiana. La manifestazione, promossa dall’Anpi in sinergia con l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giuseppe Condello, si terrà alle ore 18 nella Sala consiliare. Sarà un momento di riflessione e di omaggio a figure che incarnano lo spirito di un’epoca di lotta per un futuro di dignità e autonomia. La cerimonia vedrà gli interventi significativi del sindaco Condello, che porterà il saluto della comunità e sottolineerà il valore dell’esempio dei fratelli Di Tocco per le nuove generazioni. A seguire, il presidente del Comitato provinciale Anpi, Carmine Armellino, offrirà una lettura storica e politica del loro impegno, inquadrando la loro scelta nel contesto più ampio della Resistenza italiana. A completare il quadro, l’archeologo Dario Godano approfondirà il profilo umano e il contesto storico-sociale in cui maturarono le loro decisioni.
Le radici di un coraggio familiare
La storia dei fratelli Di Tocco affonda le sue radici in una famiglia originaria di Tropea. Bice e Maria Di Tocco erano le figlie maggiori di Ignazio e Aurora Scrugli, nati entrambi a Tropea a fine Ottocento. Sposatisi nel 1921, si trasferirono a Torino, dove Ignazio era ufficiale degli Alpini. Aurora desiderò far nascere i propri figli nell’amata terra d’origine, così la primogenita Beatrice (detta Bice) vide la luce a Reggio Calabria il 18 ottobre 1922; Maria nacque a Vibo Valentia il 7 gennaio 1925; Orsola a Tropea il 17 ottobre 1926; Antonio, l’unico maschio, anche lui a Tropea, il 4 luglio 1929.
Il dramma della guerra irruppe nella loro vita con i bombardamenti su Torino del 1943, che costrinsero la famiglia a sfollare ad Agliano, in Piemonte. L’Armistizio dell’8 settembre segnò una svolta cruciale: il colonnello Di Tocco rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, pagando con gli arresti domiciliari e, infine, con la vita, stroncato da una grave cardiopatia aggravata dalle tensioni. Fu in questo clima di profonda ingiustizia che Bice, Maria e il giovane Antonio compirono una scelta irrevocabile: unirsi alla Resistenza. La loro motivazione, come emerso dai loro stessi racconti, era semplice e potente: «Non c’era altro da fare, la scelta era obbligata: lottare per la libertà e la giustizia». Un impegno scevro da odio, animato unicamente dal desiderio di un futuro migliore. La sorella Orsola rimase a Tropea, accudita dagli zii materni.
Ruolo cruciale di staffette della Resistenza
I fratelli Di Tocco entrarono a far parte della IX Divisione Garibaldi “Alarico Imerito”. Il giovanissimo Antonio divenne la scorta del comandante, mentre Bice (nome di battaglia Beba) e Maria (chiamata Prima) assunsero il delicato e rischioso ruolo di staffette. Il loro compito era vitale per la sopravvivenza e l’efficacia delle formazioni partigiane: trasportavano informazioni cruciali, armi, viveri ed esplosivo, mantenendo i collegamenti tra i vari gruppi operanti nel territorio. Due giovani donne, apparentemente destinate a una vita tranquilla e agiata, risposero con fermezza alla chiamata della Storia, dimostrando una forza, un coraggio e una determinazione pari, se non superiori, a quelli dei loro compagni uomini. Attraversavano boschi impervi a piedi e in bicicletta, esponendosi costantemente al pericolo di posti di blocco, arresti, violenze e alla minaccia incombente della deportazione nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück. Il coraggio di queste “staffette” è stato magistralmente raccontato nel toccante documentario Rai realizzato dalla figlia di Maria, Paola Sangiovanni. Un’opera che restituisce dignità a un ruolo spesso sottovalutato dalla storiografia maschilista, evidenziando le sofferenze patite e il profondo desiderio di libertà e di emancipazione femminile che animava queste donne.
La casa di Agliano divenne un punto di riferimento per la Resistenza locale. Bice, Maria e la madre Aurora ospitarono più volte gli incontri dei Gruppi di Difesa delle Donne, guidati da Caterina Picolao, contribuendo a creare consapevolezza e unità tra le donne impegnate nella lotta. La loro abitazione offrì rifugio a partigiane in pericolo e nascondeva un ingegnoso sotterraneo dove venivano custoditi armi, munizioni e viveri, oltre alla preziosa seta dei paracaduti inglesi, trasformata in indumenti per i resistenti. Un semplice fischio, che riproduceva il nome “Aristide”, fungeva da segnale convenuto per gli incontri clandestini.
Dopo la Liberazione, Bice e Maria tornarono a una vita privata, segnate dalle esperienze vissute ma animate da una profonda umanità. Bice si sposò e ebbe cinque figli, mentre Maria si unì a Nino Sangiovanni e divenne madre di tre figli. Entrambe, pur consapevoli della straordinarietà del loro impegno, mantennero un riserbo quasi assoluto sulla loro attività partigiana, condividendo i loro ricordi solo in ambito familiare. Per modestia, né loro né i loro cari hanno mai cercato riconoscimenti pubblici fino ad oggi. La cerimonia di giovedì a San Nicola da Crissa rappresenta un atto di doveroso riconoscimento per queste donne e per il loro fratello Antonio, che con il loro coraggio e la loro determinazione hanno contribuito a costruire l’Italia libera e democratica in cui viviamo oggi. Un esempio luminoso per le presenti e le future generazioni.