Lo zibibbo di Benvenuto tra i 10 migliori bianchi d’Italia secondo il New York Times
La prestigiosa testata incorona il vino prodotto a Francavilla Angitola come uno dei migliori della Penisola, portando il Vibonese alla ribalta nel settore enologico
«Non c’è da meravigliarsi che questo vino sia pungente e profumato. Zibibbo è il nome italiano meridionale per il moscato di Alessandria, una famiglia di uve notoriamente profumata. Principalmente, viene trasformato in vino dolce in Sicilia e sull’isola di Pantelleria, ma di recente ho visto versioni più secche. Non ricordo di aver visto lo zibibbo da nessuna parte tranne che dalla Sicilia, ma questo viene dalla Calabria, la punta dello Stivale, dove Giovanni Benvenuto coltiva biologicamente. Il vino è fragrante, naturalmente, e scende facilmente. Come molti moscati è un ottimo rinfrescante estivo». [Continua]
Alla fine è arrivato anche il prestigioso New York Times, faro globale dell’informazione, ad intercettare le traiettorie del risveglio dell’enologia calabrese. In passato misconosciuti e spesso emarginati, i vini calabri sperimentano una nuova primavera, si riscattano e sempre più frequentemente conquistano spazi e visibilità là dove il vino si “fa” quasi più che nelle cantine: sulle riviste di settore o, come in questo caso, sui grandi media. Se poi, a firmare l’articolo nella rubrica enogastronomica online del primo quotidiano newyorkese è il critico di punta Eric Asimov – uno dei più titolati negli Usa e nel mondo -, le “quotazioni” salgono alle stelle.
E non è un caso che a finire nella sua Top ten – stilata, come spiega, durante l’“isolamento pandemico” nella Grande mela, facendo incetta online di bianchi italiani -, sia stato uno dei vini calabresi del momento. Quello che ha meglio saputo reinterpretare la tradizione vinicola contadina del territorio, dando vita ad un nettare innovativo, moderno e di carattere. Condensato in un calice aromatico denso di sensazioni e significati: lo Zibibbo di Cantine Benvenuto, appunto.
Un risultato lusinghiero per Giovanni Celeste Benvenuto, giovane vignaiolo calabro-abruzzese tornato a Francavilla Angitola per far rifiorire la terra dei suoi avi e che adesso vede materializzarsi un altro traguardo – coltivato per anni con tenacia e spirito di sacrificio – frutto di competenza, passione e indiscusse capacità manageriali. E non è tanto la citazione su uno dei giornali più autorevoli del mondo – se non il più autorevole – a gratificarlo, quanto la soddisfazione per essere arrivati là dove fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Con in più il fattore sorpresa.
«Non me l’aspettavo affatto. È come aver raggiunto una vetta – ammette -. Ed è un riconoscimento che arriva in un momento sì difficile ma anche di ripartenza, in cui si respira tanto entusiasmo. La classifica del News York Times arriva poi anche suggellare tutta l’attenzione mediatica che c’è stata quest’anno sullo Zibibbo. Dal Corriere della Sera a La7, da Eat parade a Rai3 abbiamo avuto tanta attenzione. È una bellissima cosa, un grandissimo onore, che mi ha emozionato molto».
Tornando al critico newyorkese, la sua è una vera e propria dichiarazione d’amore per i grandi bianchi italiani. Tipologia associata oltreoceano soprattutto al pinot grigio e al Prosecco. «Vini insipidi» li definisce Asimov, benché tra i più venduti, che «rivelano poco su dove sia arrivato il vino bianco italiano negli ultimi 30 anni. Dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, l’Italia trabocca di affascinanti e distintivi vini bianchi».
Così nella classifica del NYT, tra tutti i potenziali candidati di qualità, entrano «un trebbiano e un pecorino, entrambi abruzzesi; tre dalla Sicilia, un carricante dell’Etna, un grillo dalla Sicilia occidentale e una miscela di insolia e grecanico da Vittoria; uno zibibbo calabrese e un verdicchio marchigiano; un grechetto umbro, un cortese piemontese e un kerner altoatesino».
Tutti ottenuti da vitigni diversi, a testimonianza della grande varietà di uve che offre il primo produttore mondiale di vino che è anche la terra che conserva la maggior biodiversità vitivinicola al mondo. Il 75 per cento del “Vigneto Italia”, ospita oltre 80 varietà di uve a fronte delle 15 di Francia e Spagna ma – come asserisce l’autorevole critico – «la diversità del vino italiano è la sua gloria».
LEGGI L’ARTICOLO DEL NYT: https://www.nytimes.com/2020/05/21/dining/drinks/italian-white-wine.html