sabato,Dicembre 21 2024

Tra tradizione e innovazione, l’arte gelatiera vista da Pasquale Monteleone

Si definisce “nato nella gelateria” di famiglia, quella fondata da suo padre, già allievo di don Pippo De Maria l’inventore del tartufo di Pizzo. Ora propone specialità sempre al passo con i tempi

Tra tradizione e innovazione, l’arte gelatiera vista da Pasquale Monteleone
Pasquale Monteleone nella sua gelateria

Signori si nasce: e di certo anche gelatieri, che guai a chiamarli gelatai. Il gelatiere crea, il gelataio serve al banco! A Pizzo, una delle capitali nazionali del gelato, non potevamo trovare caso più emblematico di quello di Pasquale Monteleone, figlio d’arte, il cui padre, Felice Monteleone, gelatiere anch’egli, poteva vantare 7 fratelli tutti alle prese con lo stesso mestiere.

Felice, era stato il primo allievo di Filippo De Maria: l’uomo che aveva portato il tartufo a Pizzo, e che, arrivato negli anni ‘50 per lavorare a bottega e successivamente mettendosi in proprio, aveva fatto la fortuna sua e della città. Dietro Felice, per inciso, erano entrati a lavorare uno dopo l’altro, tutti i fratelli Monteleone. «Io don Pippo non l’ho mai conosciuto – confessa Pasquale – ma mio padre ed i miei zii erano stati cresciuti da lui come se fossero stati figli suoi. Quindi, io nasco in gelateria – prosegue -. Avrò avuto 7 anni, quando iniziai ad aiutare mio padre a lavare i bicchieri. Dopo 2 anni al lavaggio mi avevano passato al bancone, dove avevo servito i coni fino ai 12 anni. Poi, al servizio ai tavoli. Quando finalmente sono potuto entrare in laboratorio ero già grande».

Il mestiere di Pasquale, unico dei cugini ad aver conservato mestiere e voglia di andare avanti, vive oggi nella sua “La bottega del gelato”, uscita nord della città, in via Nazionale. Di premi e riconoscimenti, Pasquale ne ha collezionati tanti, anche grazie a questa gavetta infinita. «Questo non è un lavoro facile – commenta -. Non è che ci si alza la mattina e si decide di fare il gelatiere. Uno deve capire che le cose si imparano con sacrificio. A volte, si lavora anche 16 ore al giorno. Io sono cresciuto con questo esempio. E da mio padre e dal suo maestro ho ereditato la voglia di rispettare la tradizione. La nocciola imbottita, la cassata siciliana versione gelato sono i nostri cavalli di battaglia, ma soprattutto sono i gusti che hanno fatto la storia di Pizzo: e per questo vanno rispettati».

Certo, le modifiche ci sono state, negli anni. Ma la filosofia di base non cambia. «Nel nostro mestiere si deve tener conto delle innovazioni. Un tempo, specie al Sud, il gelato era più compatto, e dolcissimo. Retaggio della pasticceria siciliana. Noi oggi proponiamo un prodotto che ci rispecchia: ingredienti naturali, latte e panna fresca, tuorli d’uovo, frutta a km zero. Nelle vicinanze ho un terreno coltivato a limoni: e sono quelli che uso per gelato e sorbetto. Idem per la fragola, che acquisto da un’azienda agricola locale». [Continua]

Pasquale con la moglie Carmen Ginevra

Anche la clientela, croce e delizia di ogni artigiano, è diversa. «La gente è cambiata. È più esigente. Cerca la novità. E inoltre, sono cresciute le intolleranze, prima quasi sconosciute. Per star dietro a tutto, mi affido a mia moglie, Carmen Ginevra, il mio braccio destro. Ma spero che anche i miei figli mi seguano. Ne ho due – prosegue Pasquale -. Il grande ha 14 anni, il piccolo 10. Quello grande mi da una mano ogni tanto, ma oggi il rapporto tra padre e figlio è diverso. Quando ero piccolo io, ogni volta che papà mi chiamava a lavorare era come se mi desse un ordine… ora è cambiato, l’adolescenza è diversa.

Oltre al supporto della famiglia, importanti anche i riconoscimenti: in patria e fuori dai confini regionali. «In questi anni di soddisfazioni ne ho avute tantissime. Ma la cosa che mi ha emozionato di più è l’amicizia con altri due grandi gelatieri calabresi, Davide Destefano della gelateria Cesare di Reggio Calabria e Gaetano Vincenzi della gelateria Barbarossa di Villapiana Lido. Al Sigep, Salone internazionale della gelateria di Rimini, l’anno scorso, abbiamo combinato insieme il tartufo di Pizzo, il bergamotto di Reggio e fichi di Villapiana: centro, nord e sud delle eccellenze calabresi riunite in un unico prodotto».

E sulla necessità di fare rete, insiste: «In Calabria questa collaborazione, anni fa, era impensabile. Oggi finalmente è cambiata la cultura. La nostra terra va promossa, ci sono tantissimi prodotti da valorizzare. E il mio sogno nel cassetto è solo uno: continuare a dare il meglio. Ho avuto diverse occasioni, per qualche tempo ho meditato anche di stabilirmi ad Orlando, in Florida, dove avevo ricevuto un’offerta importante. Però alla fine sono voluto restare fedele al mio territorio. E questa scelta mi ha dato ragione».

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