Tirocinanti Vibo: tra Provincia, Comune e altri enti sono decine i precari che rischiano il lavoro
Prevista a fine novembre la scadenza della proroga dei contratti degli oltre 4mila lavoratori calabresi che da anni attendono di essere stabilizzati. Poche settimane fa l'accorato appello al prefetto Roberta Lulli
Se non si interverrà in modo deciso e netto, con risposte risolutive per i lavoratori precari, molto presto la Calabria potrebbe essere chiamata a fare i conti con l’ennesimo dramma occupazionale. E nel Vibonese – notoriamente terra con una disoccupazione galoppante – si potrebbe pagare un prezzo sociale altissimo. A fine novembre, infatti, è prevista la scadenza della proroga dei contratti degli oltre 4mila tirocinanti calabresi che attendono la stabilizzazione e, dal punto di vista normativo, non vi sarà possibilità di ulteriori rinnovi. Tra questi lavoratori vi sono anche decine di precari che da anni prestano servizio sia alla Provincia di Vibo Valentia (51 in tutto) quanto al Comune capoluogo (complessivi 24), ma in tanti svolgono le loro mansioni pure in altri enti locali del territorio vibonese. Diversi, ad esempio, lavorano da anni nei Palazzi municipali di Pizzo, Mileto, Briatico, Stefanaconi, Sant’Onofrio e Serra San Bruno, per passare poi dall’Azienda sanitaria provinciale e dal Parco regionale delle Serre. Si tratta degli ex percettori di ammortizzatori sociali in deroga confluiti nel bacino dei tirocinanti e che, appunto, da anni svolgono la loro attività negli enti locali calabresi, nella maggior parte dei casi sostituendo il personale andato in pensione e mai rimpiazzato. Per loro le mansioni più diverse.
Ecco perché questi lavoratori chiedono oggi di essere stabilizzati per poter avere uno stipendio dignitoso a fine mese e una adeguata copertura contributiva. Insomma, la tranquillità occupazionale. Tante negli ultimi mesi, quindi, sono state le manifestazioni di protesta per paura che a novembre prossimo la Regione possa decidere di non decidere. [Continua in basso]
Il grido dei sindacati
Ultimo intervento, ma solo in ordine di tempo, è stato quello dei tre segretari regionali di categoria Ivan Ferraro (NIdiL-Cgil Calabria), Gianni Tripoli (Felsa-Cisl Calabria) e Luca Muzzopappa (UilTemp Calabria), i quali hanno, tra le altre cose, fatto presente che «il disagio sociale di circa 4.500 soggetti che svolgono attività di tirocinio negli enti pubblici e privati ed ormai prossima alla scadenza, non può che destare una forte preoccupazione poiché questi percorsi, seppur precari, consentivano loro di percepire un minimo di reddito. Dal 2012 questi soggetti hanno consentito agli enti utilizzatori, colpiti da un blocco del turn over che ha quasi svuotato gli organici, di continuare a garantire i servizi fondamentali ed essenziali a costo zero, utilizzandoli sia all’interno che all’esterno degli uffici dell’ente ospitante. Il complesso contesto finanziario e normativo – hanno aggiunto i sindacalisti – ha impedito però di dare prospettive certe a tanti calabresi di poter guardare al futuro con la necessaria serenità, mentre si sono affacciate più volte populistiche quanto improbabili soluzioni che, infatti, si sono presto rivelate l’ennesima delusione».
L’accorato appello al prefetto di Vibo Roberta Lulli
Poche settimane fa, invece, sono stati i precari di Vibo Valentia a rivolgersi direttamente al prefetto Roberta Lulli alla quale hanno chiesto la convocazione di un tavolo tecnico alla presenza di tutti i rappresentanti istituzionali del territorio. «È la storia dei “tirocini di inclusione sociale” che in Calabria, in realtà, è sinonimo di precarietà – hanno denunciato gli interessati -. Da dieci anni, infatti, gli ex percettori della mobilità in deroga nei vari enti pubblici italiani sono stati trasformati in Tis (Tirocini di inclusione sociale, appunto). La Calabria fa eccezione poiché il personale in questione è stato formato oltre misura, continua a svolgere il suo lavoro, senza mai avere ottenuto un vero contratto. I tirocinanti oggi sono più di quattromila in tutta la regione senza le dovute garanzie contrattuali minime. Sono impiegati in enti pubblici come Comuni, Province, Asp ospedali. Le mansioni – è stato ricordato dai tirocinanti – sono le più svariate: dall’operaio, all’addetto al verde pubblico, al carpentiere, idraulico ed anche impiegati nei settori amministrativi dei vari enti. La beffa è che con questo status di tirocinante a vita il guadagno è di 700 euro al mese, alcune volte pagati ogni bimestre, quando va bene».
Lo Schiavo e Mammoliti a Occhiuto: «Si stabilizzino»
Sulla vicenda, poi, sono intervenuti anche i consiglieri regionali del Vibonese Antonio Lo Schiavo e Raffaele Mammoliti hanno presentato una mozione congiunta al fine di impegnare la giunta regionale ed il presidente della Regione Roberto Occhiuto affinché «si attivino e sostengano la stabilizzazione dei tirocinanti», trasformando «i tirocini in contratti di lavoro subordinato attraverso il coinvolgimento di Anci e ministeri competenti. Migliaia di tirocinanti calabresi svolgono servizio nella pubblica amministrazione: in tribunali, scuole, beni culturali e Comuni. Sono nella fattispecie lavoratori precari, senza un regolare contratto di lavoro, che svolgono prestazioni e servizi indispensabili al funzionamento delle istituzioni». Per i due consiglieri regionali, di conseguenza, «non è più procrastinabile un serio ed efficace intervento da parte della politica in vista della scadenza della proroga prevista nei prossimi mesi, recuperando anche i tirocinanti rimasti esclusi dai percorsi previsti dai bandi di concorso dei ministeri Giustizia, Istruzione, Mibact, affinché si scongiuri quello che potrebbe diventare un vero e proprio dramma sociale».
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