Nel Vibonese 400 cantieri fermi e aziende sull’orlo del fallimento, Macrì (Ance): «Il Governo dov’è?» – Video
Intervista al vice presidente dell'Associazione regionale dei costruttori edili che sul superbonus 110% denuncia: «Abbiamo dovuto sospendere molti cantieri»
Sono oltre 400 i cantieri del Vibonese fermi in attesa che il Governo decida cosa fare del superbonus 110%. Quelli avviati nel 2021 sono stati completati.
«Tutto si è bloccato il 14 novembre scorso quando Draghi ha deciso di interrompere questa catena», afferma il vice presidente di Ance Calabria Gaetano Macrì. «Uno stop – prosegue – che ha messo in crisi molte aziende edili che ora rischiano il tracollo». [Continua in basso]
Lo raggiungiamo a Tropea, dove stanno per iniziare i lavori di ristrutturazione di una villa risalente al 1930 che la famiglia Pontorieri ha deciso di restaurare approfittando del superbonus messo a disposizione dal Governo. «I lavori – precisa – sono partiti in ritardo a causa del susseguirsi degli interpelli dell’Agenzia delle entrate. Questo è uno dei pochi esempi di lavori in corso. Perché – ammette il costruttore – molti cantieri non vedranno mai la luce. Questo oltre ad avere messo in discussione la credibilità delle aziende edili, ha creato serie difficoltà economiche. Abbiamo programmato la nostra attività sulla scorta degli ultimi decreti sul rilancio e oggi non riusciamo a monetizzare. Abbiamo anticipato somme di denaro, abbiamo avviato lavori e preso impegni con fornitori e dipendenti che oggi non riusciamo a rispettare».
E dunque, qual è la soluzione che proponete al Governo?
«Come costruttori chiediamo di abbassare il tetto dei 516mila euro per l’affidamento dei lavori alle imprese certificate. In secondo luogo, il Governo dovrebbe frazionare in più anni il budget messo a disposizione, per evitare la rissa per acchiappare i bonus e infine bisognerebbe monitorare le banche. Alcuni istituti di credito hanno infatti approfittato della situazione applicando alle aziende edili tassi del 30-35%». [Continua in basso]
E poi, che altro?
«Proponiamo di abbassare al 90% il superbonus. Chi deve fare i lavori li farà lo stesso anche con questo incentivo. Abbassando la percentuale si potrebbe avere un risparmio di 14 miliardi di euro che lo Stato potrebbe investire su altri lavori. Il superbonus è un ottimo strumento per rilanciare il Pil sull’esempio di ciò che nel 2008 fece Obama che rilanciò l’America con l’edilizia».
I crediti incagliati sono quelli che vantano imprese sane o tra questi ci sono anche tanti crediti che una volta onorati andrebbero a foraggiare chi ha fatto carte false per sfruttare il superbonus?
«Sicuramente in questa grande prateria qualcuno se ne è approfittato, però le aziende sane, le piccole imprese soprattutto, hanno fatto pressione sulle proprie casse per potere avviare questi lavori, per ritrovarsi oggi con crediti fiscali dentro il proprio cassetto che rendono poco».
Quanto sta accadendo per il superbonus conferma l’incertezza normativa tipica dell’Italia con le regole che cambiano in corsa. Come si fa a lavorare in un contesto simile?
«Con il susseguirsi di queste normative per noi è diventato veramente difficile avviare ma soprattutto portare a termine un cantiere. Basti pensare che in Italia, per fare una legge sugli appalti ci si impiega tra i 5 e i 10 anni, mentre la legge sul superbonus viene modificata in una notte. Questo la dice lunga».
Come andrà a finire?
«Bisogna capire se il Governo ha intenzione di portare avanti queste misure anticrisi oppure no. Ce lo dicesse subito perché sugli appalti noi impieghiamo 5 anni, su un piano regolatore impieghiamo 20 anni, per poi vederci togliere un finanziamento di circa 100 miliardi in una notte».
Il rilancio del settore edile doveva essere la soluzione alla crisi. Ora siete diventati il problema?
«Siamo diventati il problema, è vero, ma può essere risolto».
E come?
«Con una legge certa. Perché un’impresa sana nasce su un progetto, non sulla quotidianità. Con questa altalena di decreti il Governo non ci fa lavorare tranquilli, creando solo problemi alla società».