lunedì,Dicembre 30 2024

Accorpamento delle Camere di commercio, Caffo vola a Roma

Insieme al presidente dell’ente camerale di Vibo i colleghi di altre 17 province verranno ricevuti al ministero: «Manca consapevolezza della nostra importanza nel tessuto produttivo del territorio». Appello ai parlamentari: «Fino ad ora soltanto Solano dalla nostra parte»

Accorpamento delle Camere di commercio, Caffo vola a Roma
Il commissario della Camera di Commercio di Vibo Valentia Nuccio Caffo

«Come già più volte ribadito in altre occasioni, la riforma delle Camere di Commercio, così come strutturata, non porterà alcun beneficio alle imprese e al contesto sociale ed economico dei territori interessati». È quanto con forza sostengono da tempo 18 presidenti di Camere di Commercio italiane, tra cui quella di Vibo Valentia, che hanno voluto far sentire le loro ragioni ai più alti livelli istituzionali così che lunedì 15 luglio saranno a Roma, al ministero dello Sviluppo economico, per spiegare chiaramente i motivi della loro opposizione al processo di accorpamento in atto nel sistema camerale. Da Nord a Sud, i presidenti degli enti camerali di Massa Carrara, Pavia, Ferrara, Lucca, Pisa, Terni, Rieti, Frosinone, Teramo, Benevento, Oristano, Brindisi, Vibo Valentia, Crotone, Catanzaro, Ravenna, Parma, Verbania Cusio Ossola, ribadiranno che il loro intento non è quello di bloccare la riforma, ma di far sì che possa essere ridisegnata tenendo in considerazione il ruolo strategico di sostegno alle imprese svolto oggi sui singoli territori provinciali, e il rischio che il processo di accorpamento possa dar vita a una dannosa «desertificazione istituzionale», ancor più grave in contesti territoriali socialmente ed economicamente depressi. È per questo che i 18 presidenti chiederanno di ripensare in modo più oculato la riforma, in modo che sia effettivamente funzionale all’efficientamento degli enti, ma senza l’eliminazione di preziose governance territoriali. 

«La nostra richiesta – dice il presidente vibonese Sebastiano Caffo – sarà quella di una contro-riforma che corregga le distorsioni di quella approvata dal Governo Renzi che, inspiegabilmente, l’attuale Governo sta portando avanti, rinunciando ad attuare una propria “visione” più vicina ai cittadini e, in particolare, al sistema produttivo. Auspichiamo, infatti, che l’incontro al Mise apra prospettive diverse da quelle attuali, che penalizzano fortemente le Cciaa sottodimensionate rispetto al numero richiesto di imprese iscritte e che, accorpandosi con realtà più grandi, oltre a perdere la propria autonomia, non avranno corretta rappresentanza territoriale nei nuovi enti, che risulteranno così sempre più distanti dalle esigenze di imprese e territorio. Lo sviluppo economico, soprattutto in zone svantaggiate come la nostra – sostiene Caffo – ha una leva strategica proprio nel tessuto imprenditoriale e un asset importante nella crescita non solo numerica, ma anche dimensionale, di imprese sane che assicurano redditività, occupazione, benessere sociale. Ritengo, allora, sia naturale per qualsiasi politico illuminato comprendere quale danno comporterebbe per l’economia locale la soppressione di un ente di riferimento diretto per le imprese e quanto, di contro, ne sia invece importante la sussistenza in ogni ambito provinciale, quindi anche nella nostra provincia. D’altre parte – precisa Caffo – anche Catanzaro e Crotone, con cui teoricamente dovrebbe accorparsi Vibo Valentia sono contrarie alla riforma, come tante altre in tutta Italia, così come buona parte degli enti già accorpati vorrebbero tornare indietro». 

Da qui l’appello, da parte di Caffo, «a tutti i politici del territorio, in particolare ai parlamentari, affinché prendano una posizione netta a favore del mantenimento dell’ente camerale vibonese, unendo la loro voce a quella del presidente della Provincia, l’unico, finora, ad essersi schierato ufficialmente in tal senso. Ma l’appello lo rivolgiamo anche alle associazioni di categoria presenti in consiglio e alle rappresentanze sindacali, perché di fronte all’accorpamento del nostro ente che sta passando inosservato, come primi “azionisti” della Cciaa, facciano sentire la loro voce a difesa del territorio, senza accettare passivamente le decisioni che a Roma, nelle “stanze dei bottoni”, assumono le associazioni nazionali di riferimento, non tenendo in considerazione chi come noi, con tanta difficoltà ma con altrettanto impegno, opera nella periferia della periferia d’Italia per il bene delle imprese e della comunità».

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