Un errore di calcolo dell’Inps di Vibo impedisce ad un 76enne di andare in pensione
L'uomo residente a Vibo sarebbe potuto andare in quiescenza già dal 2011, ma il sistema informatico dell'Istituto nazionale di previdenza sociale non ammette errori. «Per la pensione - dice l'inps - bisogna presentare ricorso al giudice»
Un errore che avrebbe commesso la sede vibonese dell’Inps (che non trovava il tesserino), sta costando caro ad un settantaseienne residente a Vibo che non si sarebbe ancora visto riconoscere la pensione. La sua pratica si è “incagliata” per una serie di difetti di comunicazione e di omissioni commessi – a dire dell’interessato – dal personale in servizio nella sede vibonese dell’istituto nazionale di previdenza sociale. Era l’ottobre del 2010 quando il settantenne decide di recarsi nella sede di Via Pasquale Enrico Murmura, per verificare la propria posizione contributiva. La risposta arriva dopo un anno. Tra contributi accreditati e periodi riscattabili, il 76enne avrebbe potuto contare su 760 settimane di contribuzione. Il traguardo più vicino era quello stabilito dalla Legge Amato (503/92), 780 settimane ante 1992. Occorrevano pertanto 20 settimane per aver titolo alla pensione. Ovvero 5 mesi scarsi. [Continua in basso]
Ma dalla sede centrale di Roma veniva inviata una certificazione nella quale risultavano soltanto 305 settimane lavorate. Un chiaro errore di calcolo secondo il 76enne che, invano, si è rivolto a ben cinque patronati. L’uomo per otto anni ha bussato a tutte le porte, fino a ricorrere a quello che lui stesso definisce «l’odiato strumento della raccomandazione. È il 14 febbraio del 2018 quando un amico medico – continua – si mette in contatto con un dipendente dell’Inps scoprendo con una semplice telefonata che avevo ragione. A mio carico figuravano infatti 34 settimane di aspettativa non retribuita ma riscattabile». Tradotto significava che l’assicurato da agosto del 2011 sarebbe potuto andare in pensione.
Il tesserino dell’Inps si trovava nella pratica personale dell’imprenditore dal 1977, ma nessuno evidentemente aveva mai aperto quella cartella, nonostante l’ultra settantenne avesse più volte richiesto di verificare. La vicenda si sarebbe dovuta concludere con il ricalcolo della pensione e invece da quella telefonata sono trascorsi altri tre anni. Per il mancato ritrovamento del tesserino Inps «a causa del comportamento omissivo dell’ufficio vibonese, ho subìto un danno di circa 100 mila euro. Ma l’Inps non ammette errori» – dice l’uomo che sarebbe stato invitato a presentare ricorso. «Ho deciso di raccontare la mia storia, per denunciare pubblicamente l’arroganza amministrativa dell’Inps che per non ammettere i suoi errori mi obbliga a rivolgermi a un avvocato. Non sarebbe bastato – si domanda il settantenne – ammettere l’errore e sbloccarmi la pensione»?