Vibo, quella profonda e silenziosa crisi del commercio
Settore piegato da diversi fattori che nel tempo hanno determinato la lunga notte del commercio vibonese. Un arco temporale che dura da oltre dieci anni. Una vera debacle imprenditoriale che risucchia tutti: piccoli e grandi esercizi
È una crisi profonda, strisciante e silenziosa. Duratura. E, cosa che preoccupa di più, sembra non avere antidoti. Capace di abbattersi come uno tsunami sul già fragilissimo tessuto economico del territorio. E qualcuno vorrebbe pure che non se ne parlasse. Chissà poi perché. [Continua in basso]
A Vibo Valentia il commercio fatica a tirare avanti, a riprendersi. Piegato da diversi fattori che nel corso del tempo hanno determinato la lunga notte del commercio vibonese. Un arco temporale che oramai dura da oltre dieci anni. E così accade che su corso Vittorio Emanuele III, una volta il salotto buono del capoluogo, siano oltre sessanta le attività che hanno dovuto alzare bandiera bianca, costrette ad arrendersi davanti a difficoltà considerate, evidentemente, insuperabili. Tra loro spesso anche esercizi storici e, ultimo, ma solo in ordine di tempo, il grande magazzino della catena commerciale Oviesse. Ma la situazione non appare diversa neanche su corso Umberto I e in altre zone della città, frazioni comprese: serrande abbassate con affissi cartelli colorati con scritto “fittasi” o “vendesi”. Insomma, si tratta di una vera e propria debacle imprenditoriale che oramai non fa più distinzione e risucchia tutti dentro: piccoli e grandi esercizi commerciali.
E ai più, oggi appare anche fin troppo semplice ridurre la faccenda al solo costo dei fitti dei locali. La questione è più grande, se vogliamo anche più complessa e articolata: a cominciare da una lenta ma inesorabile crisi demografica che la città patisce da anni, dovuta a una rinnovata migrazione, soprattutto di giovani ma non solo, verso altre regioni d’Italia nel tentativo, a volte disperato, di cercare lavoro. Senza dimenticare, inoltre, che nel capoluogo da tempo vi è l’assenza di iniziative (se si esclude il solo Festival Leggere&Scrivere) degne di nota e, dunque, capaci di stuzzicare l’interesse e la curiosità di qualcuno, tanto da indurre le persone di fuori a venire a Vibo. Tradotto: in città mancano queste, ossia l’utenza a cui vendere alla fine la merce. Risultato? Strade deserte e negozi letteralmente vuoti. Punto. Il resto del danno lo hanno fatto e lo fanno ancora oggi lo sviluppo sempre maggiore dei grandi centri commerciali, fonte inesauribile di attrazione, e l’aumento ormai inarrestabile, quanto irresistibile, del commercio online. Infine, la pandemia. L’emergenza sanitaria covid ha inciso in questo ultimo anno e mezzo in modo devastante su una serie di attività commerciali che, come è noto, sono state costrette a chiudere per diversi mesi. E alcune non hanno più riaperto o se lo hanno fatto solo a regime ridotto in quanto gli interventi del Governo spesso e volentieri sono stati fatti in ritardo rivelandosi comunque poco incisivi. [Continua in basso]
Se si vuole, dunque, sopravvivere ed evitare il default di un settore che ancora oggi registra il maggior numero di aziende e di occupati nella città capoluogo, così come nell’intera provincia vibonese, occorrerebbe da un lato tirare fuori delle nuove politiche (se vogliamo chiamiamole pure strategie) commerciali e, dall’altro, il sostegno concreto e fattivo delle istituzioni locali, Comune in primis. Serve agire in sinergia e favorire tutte quelle iniziative tese a sostenere il commercio locale, poiché quando chiude un’attività a casa non va solo il titolare ma anche i suoi dipendenti. E la crisi da economica si trasforma inevitabilmente in una vera bomba sociale.
Sulla deriva del commercio locale, va tuttavia ricordato, che l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Maria Limardo, nel febbraio dello scorso anno si era mossa con l’istituzione di un Tavolo permanente per affrontare la questione e soprattutto per mettere seduti tutti i soggetti che, a vario titolo, appaiono comunque coinvolti nella problematica: commercianti, associazioni di categoria, e, naturalmente, l’amministrazione attiva. Interrotto dalla pandemia, il Tavolo è tornato a riunirsi da qualche tempo per discutere della ripartenza dopo l’emergenza sanitaria dovuta al covid, ma ancora stenta a trovare una sintesi tra le parti. Le richieste avanzate ai vertici di Palazzo Luigi Razza sono state e sono ancora oggi quelle di mettere in campo una serie di iniziative tese essenzialmente a disegnare una strada capace di favorire in concreto la ripresa socio-economica del capoluogo di provincia. Insomma, titolari di attività e rappresentanti di categoria auspicano in maniera concorde la messa in campo di un ampio programma condiviso di interventi che non si fermi all’ordinario, al quotidiano seppur importante, ma che possa avere finalmente una visione, uno sguardo lontano con l’obiettivo di rimettere in moto la macchina del commercio: dalla periferia fino al centro storico del capoluogo.