A Genova c’è un’altra Pizzo: sotto la Lanterna la più grande comunità napitina
La maggiore città portuale del nord Italia contra oltre 4mila pizzitani giunti ormai alla quarta generazione. La tradizione marinara attirava gli emigranti che tornavano a casa d’estate
di Rocco Greco
Una volta si diceva che fosse cosa impossibile giungere col treno alla stazione Principe di Genova e non incontrare un pizzitano! Una storiella racconta che un pizzitano giunto per la prima volta in via Lagaccio a Genova abbia visto una donna affacciata dal balcone di un palazzo che gridava: «Cogghjtivi i panni ca zaghalìjia!».
Ed è proprio in questo quartiere che risiedeva la maggior parte della comunità pizzitana a Genova, emigrata dal dopoguerra in poi sino agli anni settanta ed anche oltre.
Il quartiere prende il nome dal bacino artificiale chiamato “il lagaccio” (lagasso in ligure). Alla fine degli anni sessanta, dopo l’annegamento proprio di un ragazzo di Pizzo, il dodicenne Felice Ceravolo, venne prosciugato e sul terreno ricavato è stato costruito un impianto sportivo che porta il nome del nostro concittadino, “Felice Ceravolo”.
La comunità più numerosa di pizzitani, fuori Pizzo, è quella che vive a Genova, oramai giunta alla quarta generazione ed anche più, supera i quattromila abitanti!
A Pizzo non esiste famiglia che non abbia parenti nella città ligure. A differenza dei calabresi dei paesi dell’entroterra che abbandonarono le campagne ed emigrarono in città come Torino, Milano, Roma, quando non lasciarono l’Italia per la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Argentina ed il Venezuela, i pizzitani scelsero una città di mare con il più importante porto di tutto il Mediterraneo: Genova, appunto. Ciò dovuto alla loro inclinazione marinara e marittima. Era da qui che le grandi navi transoceaniche, passeggere e mercantili, lasciavano gli ormeggi, ed era qui che vi attraccavano dopo mesi e mesi di navigazione in giro per il mondo.
Negli anni, importante, per i nuovi arrivati, fu l’appoggio fornito dalla rete di relazioni con i parenti e gli amici che in precedenza vi erano giunti.
Sino alla seconda generazione la maggior parte dei “genovesi” ritornava alla natia Pizzo per le vacanze estive ed erano questi, per la maggiore, i turisti che affollavano le nostre spiagge. “Finu a chi cambanu i vecchj”, dicevano! E, così è stato! Col passare degli anni, le nuove generazioni, venendo a mancare quel legame forte, hanno iniziato a cambiare località di villeggiatura e, oggi, a parte pochi imperterriti sentimentali, sempre meno sono i “genovesi” che fanno ritorno nei vicoli di Pizzo che hanno visto partire i loro padri!