Pizzo, il parroco mette la mascherina al pastore nel presepe e la città si divide
Reazioni contrastanti all’iniziativa di don Pasquale Rosano che ha allestito la rappresentazione della Natività bardando il volto di una delle statuine più celebri, Rosa ‘i l’acqua
Il Natale che ci stiamo apprestando a vivere in questo 2020 sarà certamente un Natale diverso da tutti quelli che abbiamo passato sinora. Un Natale all’insegna della pandemia, nel quale dovremo evitare le aggregazioni, mantenendo le distanze da parenti ed amici. I pranzi e i cenoni con il tavolo allungato, le sedie pieghevoli stipate in soffitta portate giù per essere utilizzate in queste occasione, per quest’anno è tutto rinviato.
Sarà un Natale Covid, spiegano i vertici dell’Istituto superiore di Sanità, pertanto bisogna adeguarsi a quelle che sono le esigenze primarie della collettività.
Uno dei pastori più celebri
E così don Pasquale Rosano, parroco di San Giorgio, preparando il Presepio nel Duomo a Pizzo, ha messo la mascherina a “Rosa ‘i l’acqua”, una delle statuine più celebri della scena natalizia. Essa, per chi ancora non la conoscesse, rappresenta una popolana vissuta nella prima metà del secolo scorso che abitava proprio nei pressi del duomo e che per pochi spiccioli riforniva di acqua gli abitanti del quartiere, quando ancora le case erano sprovviste di fontane e bisognava approvvigionarsi in quelle pubbliche.
I “No mask” del presepe
Ma, su questa idea della mascherina che don Pasquale ha fatto indossare a Rosa ‘i l’acqua, la città si è divisa tra quanti sono favorevoli e quanti si dicono perplessi. I sostenitori del “no mask” alla statuina del presepe avrebbero preferito vederla nelle vesti tradizionali, asserendo che ogni giorno la nostra quotidianità è bombardata da notizie sul Covid, da mascherine da indossare, dai sopraffollamenti da evitare e da quant’altro. Almeno nel presepe – sostengono i più critici – sarebbe stato il caso di lasciare che Rosa ‘i l’acqua continuasse a vivere nel suo tempo.
La maggior parte delle persone contrarie alla mascherina indossata da Rosa, e tra queste Tiziana Ceravolo, impegnata quale educatrice e presidente di un’associazione di volontariato che lavora con i disabili e vive in prima persona la dura esperienza e la sofferenza che questi nostri fratelli meno fortunati stanno in questo momento passando, sostiene che c’è bisogno di pace, serenità e normalità. Evidenziando, che il presepe è simbolo di speranza e che la mascherina alla pastorella disorienta e non riesca comunque a raggiunge il fine di sensibilizzare il credente, che entra in Chiesa in cerca di pace e di tranquillità.
I motivi del parroco
Don Pasquale Rosano, in un foglietto posto accanto al presepe aveva già esplicitato che lo ha fatto per dare un segno tangibile del duro momento storico che stiamo vivendo e che, tale oggetto, insieme alle altre norme di sicurezza, rappresenta uno strumento indispensabile per la nostra salute e quella degli altri. Il parroco del duomo di san Giorgio, ha però voluto ugualmente rispondere a tali contrarie considerazioni, aggiungendo: «Il presepe non è una favola da raccontare poeticamente ma enuncia l’incarnazione continua di una storia che non è ferma nel tempo ma che in esso cammina. È la storia, è la nostra storia, con le sue gioie, attese e sofferenze. In questa storia Dio vive con noi, incarna il nostro quotidiano, fatto da vicissitudini lieti e tristi».
Egli si sofferma sul disincanto dei pastori che guardano il cielo e in essi scorge la vita di ogni giorno fatta di fatica e stenti come quella vissuta da questo personaggio, Rosa ‘i l’acqua, bello e drammatico del nostro presepe.
Alle perplessità di una parte dei pizzitani sulla mascherina alla statuetta, alla quale ha suscitato sentimenti d’inquietudine, don Pasquale evidenzia l’essenza di quell’oggetto, vale a dire il veicolare di un messaggio di vitale importanza, che racchiude le fragilità degli anziani, il grande lavoro dei medici, degli infermieri, la dura realtà di chi ha vissuto in prima persona l’esperienza di questa malattia: «C’è la nostra realtà, che per quanto dura sia ci porta ad aggrapparci alla vita, a guardarla in faccia senza doverla esorcizzare, certi però che veramente ce la faremo. Ma soprattutto in quella mascherina c’è, tra gli altri messaggi, quello di non vanificare i duri sacrifici che tutti stiamo vivendo. Passerà anche il tempo della mascherina con l’aiuto di Dio, ma per il momento è indispensabile per la nostra salute e per quella degli altri».