lunedì,Marzo 3 2025

L’arte come mezzo per denunciare le ingiustizie: l’eredità culturale e umana del pittore Nino Forestieri

A un anno dalla sua scomparsa, l’omaggio al pittore nativo di Rombiolo nelle parole del docente vibonese Nicola Rombolà: «La sua storia non appartiene solo alla terra a cui è stato profondamente legato ma all’umanità»

L’arte come mezzo per denunciare le ingiustizie: l’eredità culturale e umana del pittore Nino Forestieri
Nino Forestieri e le sue opere

Venerdì 28 febbraio si è celebrato l’anniversario della scomparsa dell’artista vibonese Nino Forestieri che nasceva a Rombiolo il 13 giugno del 1940. La commemorazione si è tenuta nella cappella di famiglia al cimitero di Vibo Valentia, dove l’urna con le sue ceneri è stata posta a maggio dello scorso anno. L’artista è stato ricordato da mons. Giuseppe Fiorillo alla presenza della consorte Antonietta Brancia e della sorella Rosetta insieme ad altri familiari. Nell’occasione, il sacerdote, avendolo conosciuto (Nino Forestieri ha vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza a Vibo Valentia), ha messo in luce il suo esser autenticamente cristiano per la sua forte fede nell’uomo. Lo dimostrano la maggior parte delle sue opere (come l’affresco dipinto nella cappella con la scena dello Stabat Mater) che mettono al centro la sofferenza dell’umanità di fronte alle ingiustizie; ma anche il suo spirito vitale e gioviale che manifestava nella innata vocazione affabulatoria, corroborata dalla sua cultura classica. La sua figura è tratteggiata da Nicola Rombolà, docente vibonese molto attivo nel settore culturale-sociale del comprensorio.

L’eredità culturale e artistica di Nino Forestieri

«Nino Forestieri – scrive il professore in un comunicato inviato alla nostra redazione – ci ha lasciato una grande eredità culturale e artistica che è necessario riscoprire, interrogare e comprendere nella capacità di darci dei messaggi importanti in relazione al processo di disumanizzazione in atto nella società tecnocratica dominata da oligarchie plutocratiche, per non perdere il contatto con l’identità storica con le radici che hanno dato vigore e luce alla civiltà umana. Questo è l’impegno da portare avanti come sta facendo la vedova Antonietta, cercando di coinvolgere studiosi e artisti che hanno potuto conoscere le opere di Nino Forestieri ma anche le istituzioni a partire dall’Amministrazione comunale di Rombiolo, affinché la sua opera potesse essere fatta conoscere alle nuove generazioni. La storia di Nino Forestieri non appartiene solo alla terra a cui è stato profondamente legato, ma alla storia dell’umanità, in quanto le sue opere la raccontano, denunciando le immani ingiustizie. Per questo motivo assume un valore che va oltre la sua parabola temporale».   

La storia di Nino Forestieri

Ed è proprio il docente Rombolà a ripercorre la storia di Nino Forestieri. «Era il 13 giugno del 1940 quando ha visto la luce Nino Forestieri nella sua terra natia di Rombiolo, borgo rurale che apre il passaggio con le sue colline inargentate dagli ulivi verso i pascoli dell’altipiano del Poro. Il 28 febbraio dello scorso anno ci ha lasciati a Milano con accanto la sua consorte Antonietta, definendo così un’esperienza di “diaspora esistenziale” caratteristica a tanti calabresi, sospesi tra l’essere e il divenire, ma “senza colpa e senza redenzione” (Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli). Nasce 3 giorni dopo che Mussolini annunciava l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, sancendo il connubio fascismo-nazismo. L’epilogo del suo tempo terreno avviene in un tempo in cui si manifesta una crisi acuta dei valori e degli ideali per cui Nino si è battuto e ha combattuto, disintegrati sotto il maglio dell’ideologia dei consumi (il nuovo più pervicace e subdolo regime totalitario), e della mutazione antropologica (per citare alcune categorie sociologiche utilizzate da Pier Paolo Pasolini) originati dal materialismo e dal nichilismo capitalistico e neocapitalistico. Il risultato più eclatante di questo progressivo e inesorabile disfacimento umano, etico e civile si rivela nei governi e nelle istituzioni svuotati di ogni contenuto politico: diventati soltanto un involucro nelle mani delle oligarchie pluto-tecnocratiche globaliste».

Il contesto storico

«La lacerazione delle identità dei popoli avvenuta nella morsa alienante del mercato che ha generato i nuovi gerarchi, la si può leggere in controluce nel linguaggio artistico di Nino Forestieri, fin dagli esordi giovanili quando la sua anima radicata nei valori della sinistra extraparlamentare si ribellava di fronte alle ingiustizie che il suo popolo “per elezione” e anche per “vocazione”, subiva come predestinazione, ritrovandosi espropriato dei fondamentali diritti e, di conseguenza, delle imprescindibili libertà civili, ma non della dignità, come dimostra la storia di resistenza del popolo di Rombiolo rappresentate in tante immagini fortemente simboliche dei suoi dipinti. La sua arte è di parte perché partecipa del destino della sua gente, dei diseredati, dei vinti della storia che oltraggia l’umanità, a partire dalla crocifissione del Cristo per salvare l’umanità (un affresco con la scena dello Stabat Mater si trova nella cappella di famiglia del cimitero di Vibo Valentia dove le sue ceneri sono state portate a maggio dello scorso anno)», si legge nel ricordo del docente vibonese.

E ancora: «La sua eredità umana e culturale ci viene consegnata con messaggi espliciti ed impliciti, nel linguaggio comunicativo polisemico delle sue opere. E per interpretare la materia su cui si è misurata la sua creatività, non possiamo prescindere dall’identità originaria che assume, in chi opera una ricreazione, un messaggio etico, estetico, ontologico, antropologico, esistenziale, da far partorire. In primo luogo il suo essere nato a Rombiolo (le lotte contadine), aver vissuto la sua infanzia e gli anni della sua formazione adolescenziale nei luoghi dove un tempo era stata edificata l’antica città magnogreca Hipponion (l’attuale Vibo Valentia), hanno fatto nascere la dimensione politica e archeologica della sua personalità temprando l’anima e lo spirito della sua creazione artistica».

L’arte di Nino Forestieri

Attraversare l’opera di Forestieri «significa rileggere alla rovescia il mondo così come ci è stato presentato o rappresentato e come tuttora ci viene raccontato dai media e dalla cosiddetta “cultura” integrata e prona al sistema di potere che produce continuamente immondizia svenduta come verità. Avendo vissuto in una “terra estrema”, la Calabria, Nino Forestieri ha acquisito un punto di vista o uno sguardo “divergente”, anzi il suo “è un punto di svista” che possiamo declinare come ci suggella il suo cognome: l’essere “forestiero” (nomen omen). Ecco perché nei suoi dipinti rielabora, ricodifica la leggibilità della storia umana attraverso il mito, o ripresenta le immagini classiche compiendo una operazione di trasgressione che possiamo accostare a quella dei surrealisti (attratti dalla forza propulsiva e rivelatrice dell’inconscio). Ma non si può ridurre a questa corrente la sua ricerca estetica, perché Forestieri opera una sperimentazione che ricrea il linguaggio, fedele soltanto alla sua ricerca: la sua arte – conclude Rombolà – è un continuo laboratorio perché, come tutte le anime inquiete e sensibili, capta messaggi che appartengono al tempo e allo spazio contemporanei con uno sguardo decontestualizzato, capace di destrutturare la stessa materia con cui opera».

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