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Dall’Unità d’Italia all’Autonomia differenziata, 163 anni di vita politica nell’ultimo libro del vibonese Michele Furci

Con spirito critico lo storico nel suo volume ripercorre le vicende riguardanti lo Stato unitario dalla sua nascita sino ai nostri giorni

Dall’Unità d’Italia all’Autonomia differenziata, 163 anni di vita politica nell’ultimo libro del vibonese Michele Furci
Michele Furci e la copertina del suo ultimo libro

Una lettura originale e innovativa delle vicende politiche che portarono all’Unità d’Italia senza ricorrere alle pagine edulcorate del Risorgimento. Una narrazione impostata con lo spirito critico del meridionalista, che mette in luce le tante contraddizioni del processo unitario con un approccio demistificatorio. L’Unità d’Italia appartiene a quei processi storici necessari e ineludibili ma, secondo l’autore, è stata fatta nella maniera peggiore, con una guerra di aggressione contro uno Stato sovrano e l’estensione della legislazione sabauda a tutti i territori conquistati.
163 anni di vita politica che si intrecciano con la formazione della struttura istituzionale statale e le sue articolazioni territoriali. «Un modello che nasce in una realtà statuaria preunitaria – spiega Michele Furci, autore del volume – il Regno di Sardegna, che dal 17 marzo 1861, senza alcuna mediazione politica, economica, culturale e sociale, viene imposto all’intera penisola italiana, a tutte le comunità degli Stati preesistenti.

Non in ragione di una politica di coesione tra le diversissime collettività, che costituiscono ora le venti regioni italiane, bensì in virtù di articolati di legge calate dall’alto. Una forma di Stato, la monarchia costituzionale piemomtese, che irrompe in un contesto di pratiche relazionali sedimentate e interiorizzate dai suoi popoli nel corso di secoli di storia. Per evitare un approccio acritico o polemico tra nostalgici del Risorgimento e coloro che portano avanti idee secessioniste di maniera, la scelta effettuata in questo volume- chiarisce Michele Furci- è stata quella di ricostruire il profili storico dell’amministrazione pubblica attraverso i vari contesti storico-politici, con l’obiettivo di evidenziare la sua funzionalità al disegno ideologico dei reali protagonisti del potere nei vari periodo. Emerge in tal modo il profilo delle forme con cui la politica dominante ha, di volta in volta, utilizzato le strutture istituzionali per governare i processi sociali sin dalla fase costitutiva della nazione. Nel corso degli ultimi venticinque anni, tuttavia, è avvenuto un mutamento profondo nel ruolo e nella funzione della tecnostruttura al punto che, paradossalmente, il governo concreto e le ricadute dei suoi atti non risiedono più nella classe politica, ma nelle mani della burocrazia.

Dal riesame storicizzato emerge in maniera evidente che, sebbene la P.A. e le forme di stato e di governo abbiano avuto, nell’arco temporale di 163 anni, modelli molto differenti, il dualismo tra le due Italie è andato peggiorando e le condizioni del Mezzogiorno, il cui svantaggio strutturale è stato provocato sin dall’inizio, rischiano di peggiorare irrimediabilmente. Ciò perché -conclude Furci- sin dalla sua formazione come stato unitario e anche dopo la Costituzione repubblicana, le regole fondamentali delle dinamiche economiche e finanziarie non hanno avuto la piena aderenza , e di conseguenza il medesimo impatto, sulle comunità originariamente differenti.
L’imposizione del modello funzionale del ceto politico piemontese nel primo periodo ( 1861-1918) ha edificato una struttura economica che, fintanto che non sarà equilibrata, renderà sempre diseconomico qualsiasi investimento produttivo nelle regioni del Mezzogiorno. In aggiunta alla desertificazione economica, vi sarà l’ulteriore abbandono delle fasce giovanili e il crollo delle strutture della pubblica amministrazione e, con essa, dei servizi primari del vivere civile».

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