Il mistero delle grotte di Zungri è una calamita: «In sei mesi 15mila visitatori». Sarà l’estate del boom?
Numeri in costante crescita per il polo culturale vibonese. La direttrice del museo Pietropaolo: «Ora soprattutto italiani e tanti calabresi ma aspettiamo anche gli stranieri. Prenotazioni fino a novembre inoltrato»
La storia, l’arte, le tradizioni, la capacità e la caparbietà di fare turismo 365 giorni l’anno. Il Museo della civiltà contadina e l’insediamento rupestre crescono ben oltre i confini provinciali richiamando l’attenzione di visitatori dall’estero, dell’Italia e dalla Calabria. E crescono soprattutto nei numeri, nel confronto con l’anno appena passato. Dati, quelli snocciolati dalla direttrice del Museo, Maria Caterina Pietropaolo, che raccontano quanto la città di pietra riesca a catturare l’attenzione di un pubblico variegato, dalle famiglie alle scolaresche, passando per comitive turistiche e gruppi di appassionati di storia: «Da gennaio a giugno abbiamo accolto 15mila visitatori circa, 2mila in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Un segnale d’attenzione che ci inorgoglisce e ci spinge a fare sempre meglio».
Le prospettive per l’estate 2024
Insomma, le grotte di Zungri, superata la difficile fase pandemica, hanno ricominciato a macinare ottimi numeri. L’esperienza del Covid, infatti, ha messo a dura prova, tra i vari settori, il campo della cultura. I musei e i parchi archeologici, piccoli e grandi, statali e civici indifferentemente hanno dovuto affrontare lunghi periodi di chiusura con il grande rischio di non riuscire a sopravvivere.
L’insediamento rupestre è riuscito a risollevarsi trovando nuovi stimoli, promuovendo eventi, attività. Per il 2024, l’estate si preannuncia ricca. L’agglomerato di case-grotte (X-XII secolo) e la “Valle degli Sbariati” (monaci venuti dall’Oriente, presumibilmente primi abitanti del sito), saranno protagonisti di una stagione turistica entusiasmante: «Le prenotazioni non mancano. C’è da dire che non lavoriamo prettamente sulle prenotazioni tranne che con i gruppi. I tour stranieri riprenderanno a settembre fino a metà novembre. Lo stesso per le scuole», evidenzia la direttrice del Museo sottolineando: «In questo periodo stiamo accogliendo qualche gruppo straniero, ma soprattutto italiani e calabresi». Ed è sicuramente l’aver cercato di rendere il polo culturale una “casa” accessibile, una delle chiavi del suo successo. Per le persone con difficoltà motorie, disabili o anziani, che troverebbero ostico il sentiero per le grotte, nel Museo è allestita una vera e propria “scrivania virtuale” touch grazie alla quale visionare l’intero percorso e conoscerne la storia: «Anche visitando il nostro sito si può effettuare un tour virtuale. Il nostro impegno futuro, assicura, è quello di implementare i sistemi tecnologici per permettere a tutti la conoscenza del sito. Pensiamo ad esempio a dispositivi tattili per persone con disturbi visivi».
Il museo
Il Museo è considerato una vera e propria finestra nella vita dei contadini dell’altopiano del Poro. Raccoglie una ricca collezione di oggetti della cultura tradizionale locale dal XIX al XX secolo, organizzati in diverse sezioni tematiche tra cui agricoltura, tessitura, forgiatura, abiti e arredi domestici. Nelle tre sale sono esposti numerosi strumenti di lavoro rurale, antichi macchinari di produzione e oggetti di uso quotidiano relativi alla civiltà rupestre e contadina calabrese, al fenomeno dell’emigrazione, alla religiosità locale. Il museo ospita anche una mostra fotografica sul terremoto del 1905, antichi corredi, abiti popolari, un antico telaio.
L’insediamento rupestre
Le grotte si estendono lungo una superficie di circa 3.000 mq. Gli studi circa la sua origine sono in corso. Proprio recentemente, in primavera, sono state effettuate nuove campagne d’ispezione per comprendere l’effettiva estensione del sito che potrebbe vantare dimensioni maggiori rispetto a quanto finora ufficialmente conosciuto. In base ad alcune ipotesi, l’antico sito fu una colonia fondata da popolazioni orientali, o avamposto produttivo-deposito del vicino Kastron di Mesiano. Le tracce più antiche sembrano risalire al VIII-XII secolo. L’insediamento è composto da decine di unità rupestri in parte scavate nella roccia e in parte edificate, ad uso abitativo, per il ricovero di animali domestici, per la produzione di vino e calce, per l’immagazzinamento di grano. L’itinerario dal Museo verso le grotte si snoda attraverso un vialetto che porta al sito archeologico. Questo percorso procede “a ritroso nel tempo”. Le prime costruzioni sono recenti, man mano che si scende ci si addentra nella parte più antica dell’insediamento, fino alle aree non ancora accessibili al pubblico.
Progetto artistico a Zungri
I visitatori hanno un motivo in più per soffermarsi dopo la visita alle grotte ed al Museo. Il paese infatti offre un caratteristico percorso nel centro dedicato ai progetti “Gli antichi portoni raccontano”. Grazie alle opere realizzate da artisti su abitazioni abbandonate, i cittadini si sono riappropriati di spazi a rischio degrado. L’obiettivo è infatti quello di rendere Zungri “un museo a cielo aperto”. Tassello di questo viaggio in itinere, il Muro dei proverbi, le poesie e le decorazioni in cemento che colorano e vivacizzano il cuore della cittadina. Non da ultimo, il paese accoglie annualmente migliaia di pellegrini in visita alla Madonna della neve, la cui festa solenne si celebra in agosto. Il Santuario a lei dedicato è fulcro della religiosità locale.