Trent’anni fa l’omicidio di Pino Russo, Libera: «Il suo amore ha sfidato la ‘ndrangheta»
Due distinti momenti per ricordare il giovane di Acquaro, vittima innocente di mafia. Il fratello Matteo: «Presenza viva»
Lunedì 15 gennaio 2024 ricorre il trentesimo anniversario della tragica morte di Giuseppe Russo Luzza, giovane di Acquaro vittima innocente della ‘ndrangheta. Un appuntamento fortemente sentito anche per la comunità e Libera Vibo. In occasione della ricorrenza, alle 10.30 la Biblioteca comunale di Dasà incontrerà gli studenti dell’Istituto comprensivo “D’Antona“. Alle 17.30, nella cappella della clinica Villa dei gerani, a Vibo, sarà invece celebrata una messa in suffragio di Pino e di tutte le vittime innocenti. Il giovane, 22 anni, viveva nel piccolo centro delle Preserre vibonesi. Scomparve misteriosamente nel gennaio del 1994 dopo avere iniziato a frequentare -ricambiato negli affetti- la cognata del boss Gallace. La ragazza, tuttavia, nelle mire della ‘ndrangheta doveva essere il gancio per stringere nuove alleanze criminali. Attirato con una trappola, venne ucciso con un colpo di pistola alla testa e il suo corpo dato alle fiamme. I resti verranno ritrovati in una zona impervia di Monsoreto di Dinami due mesi dopo. Forte il messaggio di Libera: «Ci lascia una grande eredità: difendere il diritto all’amore. Un amore che sfida il potere mortifero e liberticida della ‘ndrangheta, un amore che vince le paure, un amore che resiste e va oltre la morte. La sua storia e la storia della sua famiglia è una storia di difesa dei diritti, di rivendicazione della giustizia, di impegno, di partecipazione e corresponsabilità». Parole cariche di emozione, quelle del fratello Matteo: «È vero. Quando uccidono un familiare, anche il resto della famiglia viene colpito a morte. Ma la straordinarietà del dopo è altro. Se hai la fortuna di incontrare sul tuo cammino persone speciali, altri che come te hanno subito lo stesso dolore e le stesse sensazioni ed emozioni. Se hai la fortuna di incontrare sul tuo percorso tanti bei volti e tante belle persone. E da loro e con loro, tutti quei perché impari a trasformarli in altro, in impegno. Impegno a tenere viva e alta la memoria che non va assolutamente dispersa. Memorie, evvero sì, private, ma che messe tutte assieme, diventano per forza di cose, per dovere e senso civico, memorie collettive. Sarebbe peccato mortale e grave, ucciderli una seconda volta. La si darebbe vinta alle forze del male, che preferiscono il silenzio e la rassegnazione. Loro sono ancora vivi. Sono vivi in noi. Sono vivi con noi e per noi. Sono vivi in quell’infinito fatto di speranza e civiltà».
LEGGI ANCHE: La strage di Sant’Onofrio: il ricordo di Libera e una storia ancora in parte da scrivere
Lotta alla ‘ndrangheta, Libera: «Lo Stato a Vibo ha recuperato la propria centralità»
Gli studenti di Vibo premiano il procuratore Camillo Falvo con l’Operatore d’Oro – Video