Ecco i “segreti” della massoneria vibonese
Dalle prime logge di Tropea e Parghelia alla “Morelli” di Vibo Valentia. Ripercorsa la storia, i retroscena, dell’istituzione iniziatica attraverso i racconti del Gran Maestro Onorario del Goi, Ugo Bellantoni, nel volume scritto da Francesco Deodato e Rosario Dibilio. La presentazione a Rombiolo
Come trasformare una presentazione di un libro in un’occasione per spiegare e spiegarsi. Per aprire le porte a chiunque di uno dei mondi meno conosciuti e per questo più discussi della storia passata e presente: la massoneria. «Istituzione iniziatica e di fratellanza a base morale che si propone come patto etico-morale tra uomini liberi». Neanche Wikipedia è riuscita a dare una definizione comprensibile ai più. Necessario quindi raccontare e raccontarsi anche attraverso le pagine di un libro. Anche attraverso i racconti di uno dei maggiori esponenti del Grande Oriente d’Italia, Ugo Bellantoni Gran Maestro Onorario dell’istituzione di Palazzo Giustiniani, intervistato dagli autori del libro “Massoneria Vibonese” Francesco Deodato e Rosario Dibilio.
Un colloquio a tre voci che ripercorre gli anni della massoneria vibonese, una delle più antiche e importanti d’Italia. Dalle prime logge, quelle di Tropea, Parghelia e Vibo Valentia, avvenuta sul finire del XVIII secolo ad opera dell’abate Antonio Jerocades, a quelle più attuali e recentemente costituite. E poi l’impegno profuso dagli “iniziati” di Vibo al fine di migliorare il territorio sia sotto l’aspetto puramente spirituale che economico, tanto da portare, già due secoli e mezzo fa, alla fondazione di una banca con il compito di erogare fondi a persone in difficoltà economica.
Nel corso dei capitoli del volume, già in ristampa, ripercorso anche il periodo fascista. Anni durissimi – spiegano Deodato e Dibilio – per la massoneria vibonese, oggetto, per essersi opposti al regime con forza, di angherie e violenze. Colpita in particolare la loggia “Michele Morelli”, intitolata al primo martire del Risorgimento italiano, nativo proprio di Vibo, che tra il 4 ed il 7 novembre 1923 venne devastata ed incendiata.
Una “caccia alle streghe” che, tuttavia – raccontano i due relatori attraverso le parole di Ugo Bellantoni – non ha spento la voglia della massoneria vibonese di continuare nella propria opera volta al “miglioramento dell’uomo e dell’umanità”.
Come in tanti anni di storia molti altri hanno fatto. Da Garibaldi a Mazzini, Carducci, Beethoven, Mozart, Fermi, Spallanzani, Pasteur, Totò e Fellini, solo per citarne qualcuno.
Nel corso dell’incontro, avvenuto nell’auditorium comunale di Rombiolo, interessante anche la relazione del giornalista, Pino Cinquegrana, il quale ha messo in evidenza l’internazionalità dell’istituzione massonica, riportando esempi di come gli uomini che vi sono appartenuti e vi appartengono vengono spesso fatti oggetto di reprimenda dovute “a false e diffuse convinzioni”.
La serata culturale, condotta dalla giornalista Rosa Maria Gullì e Pino Ferrazzo, è stata arricchita dall’esposizione di opere pittoriche e poetiche del maestro Domenico Muratore, nonché dalla recitazione di Dolores Mazzeo e Giuseppe Ingoglia e dal canto di Francesca Larosa accompagnata da Antonio Pontoriero.
Insomma una serata “diversa” che, al di là del pensiero personale di ognuno, ha mostrato un volto nuovo e diverso della massoneria, della quale si conosce poco, e forse per questo spesso, se ne parla senza la dovuta competenza. Vero obiettivo del volume scritto da Deodato e Dibilio, i quali a fine serata hanno devoluto l’intero ricavato della vendita dei libri per l’acquisto di un defibrillatore da donare ad una scuola superiore del Vibonese.