Briatico e la sua storia: la nascita di Euriatikon, il terremoto del 1783 e la ricostruzione del paese
Viaggio attraverso i secoli con l’approfondimento a cura di Giuseppina Prostamo, ex dirigente scolastico e scrittrice che ripercorre le origini del centro costiero, le dominazioni subite e la creazione della nuova Briatico dopo il tragico sisma
Le origini di Briatico, il terremoto e la ricostruzione del paese. Un pezzo di storia narrato da Giuseppina Prostamo, ex dirigente scolastico, scrittrice nonché appassionata di tradizioni locali. I suoi approfondimenti sono stati anche al centro di una recente iniziativa andata in scena nella sala conferenza del Centro polivalente, nella cornice della kermesse “Ti racconto…la storia” (tra i relatori figurava anche Maria Concetta Preta, scrittrice e docente nonché i contributi dell’assessore alla cultura Mariateresa Centro).
Lo scopo, infatti, è quello di ricostruire, recuperare e promuovere il bagaglio storico-culturale della cittadina costiera. «Briatico – ha sottolineato Prostamo- esisteva sin dai tempi bizantini (330 d.c/1453 d.c). La sua fondazione, per tradizione viene fatta risalire ai locresi al tempo del loro passaggio ad Hipponium, citta della Magna Grecia su cui sorse poi la città di Vibo Valentia, centro greco bizantino che durante il Medioevo passò sotto il controllo dei Normanni. Le prime testimonianze certe della sua esistenza risalgono al XII secolo quando Ruggero il Normanno, in una bolla riguardante la fondazione della diocesi di Mileto, accennò al piccolo centro di Euriatikon (l’attuale Briatico). La stessa denominazione fu poi riportata in dieci pergamene compilate tra il 1130 e il 1271. In questi documenti si legge che nel 1276 il territorio di Euriatikon si estendeva dal fiume Trainiti al fiume Potame e comprendeva ventidue villaggi». Successivamente, dal 1298 al 1442, la cittadina «passò sotto i domini voluti dagli Angioini (casata nobiliare di origine francese) che governavano il Regno di Napoli continentale. Nel 1442, quando Alfonso V re di Sicilia, conquistò il regno di Napoli e riuscì ad unificare i territori insulari e continentali dell’Italia meridionale, agli Angioini subentrarono gli Aragonesi di origine spagnola amanti della cultura e dell’arte. Fu allora che il borgo passò alla famiglia Ruffo di Monalto, a Mariano Marzano e a Leonaro di Tocco che lo ebbe fino al 1494, anno in cui, come si legge sullo stemma del Comune a caratteri romani, Briatico diventò una città libera e democratica».
Lotte di potere
Il territorio di Briatico dal 1496 al 1600 fu governato dai Castro Bisbal, famiglia spagnola e il primo barone, che Ferdinando II, sovrano del regno di Napoli inviò fu Francesco de Castro Bisbal che ivi si trasferì con la moglie Caterina Saraceno, un suo seguito, tra cui fratel Girolamo de Risis: «Questi, nel 1498, appoggiato dal barone con atto pubblico rogato dai sindaci del paese e dai mastri della Confraternita, avanzando pretestuose accuse, ottenne la cessione della Chiesa dedicata a santa Domenica fino allora gestita dalla Confraternita dei Disciplinati, e pur riservando ai confratelli donatori alcuni diritti pretese che il nuovo convento fosse posto non più sotto la giurisdizione del vicario di Calabria, ma alla dipendenze di quello di San Pietro Martire di Napoli, suo convento di origine. Ben presto però, i frati del suo convento di Napoli compresero il suo malcelato desiderio di gestire in proprio, la nuova istituzione, dichiararono di non prestarsi alle sue manovre. Il de Risis, inviò allora una supplica, a nome anche dei sindaci del paese dove narrava i fatti ed esponeva i suoi intendimenti. Fu così che nello stesso anno, Papa Alessandro VI approvò la fondazione e la sottopose alla giurisdizione del convento romano di Santa Maria Minerva permettendogli così di lavorare in pace. Il sostegno papale gli consentì di iniziare le costruzioni che, grazie ai sussidi della famiglia baronale di cui godeva grande stima, si conclusero nel giro di un decennio. Alla morte del de Risis, avvenuta nel 1509, papa Giulio II (1503- 1513) autorizzò il ritorno del convento di Briatico ai frati calabresi, passaggio confermato nel 1515 con una bolla di papa Leone X (1513-1521)».
Il convento e l’antica chiesa
In questo lasso di tempo sono state ultimate le costruzioni conventuali e religiose. L’impianto era uno degli eremi più importanti del comprensorio Vibonese insieme a quelli di Vibo, Soriano, Tropea, Pizzo e Filogaso: «Quando nel 1517 morì il barone Francesco di Bisbal – evidenzia Prostamo- la chiesa era già ultimata e in essa la moglie e il figlio Ferdinando, suo successore, gli costruirono un monumento con epigrafe. La chiesa era ad una sola navata. Sull’altare maggiore era posto il gruppo in terracotta dell’Annunciazione. In essa si trovavano cinque cappelle, tra le quali quella di Santa Domenica con suo quadro e quelle appartenenti alle maggiori famiglie del paese. La baronessa, Caterina Saraceno, per la conclusione dei lavori della chiesa, nel 1532, ottenne da dodici cardinali un’ampia indulgenza per tutti coloro che avessero provveduto all’acquisto delle statue e delle suppellettili. Nel 1543, Ferdinando Castro de Bisbal ottenne per il suo feudo il titolo di contea. Nel giro di qualche decennio il convento ebbe rendite sufficienti per mantenere una dozzina di frati che si dedicavano al servizio religioso e culturale della popolazione locale al quale li avevano destinati i feudatari che li avevano voluti in paese». Una parentesi durata poco: «Morto il conte Francesco e anche il suo successore in tenera età e senza eredi, nella contea successe lo zio Giovan Alfonso, sposato con Zenobia Pignatelli. Dopo qualche tempo costui, per debiti, fu costretto a vendere il suo marchesato di Briatico, che confluì nei domini dei Pignatelli di Monteleone. Tutti i Castro Bisbal, che si sono succeduti nel governo del feudo/contea, sono stati molto generosi con i domenicani assegnando al convento rendite per finanziare tutte le attività. Attenzioni queste che finirono con il passaggio di proprietà del feudo. Con il passare degli anni la rendita complessiva per mantenere i frati (sedici) diminuì come anche le attività da essi proposte. Oltre alle difficoltà economiche, il terremoto del 1659 distrusse la sacrestia e molte decorazioni dell’abside della chiesa. I restauri e il rifacimento dell’altare maggiore ad opera di Antonio Tambato sono stati possibili grazie ai contributi di alcuni benefattori».
Il terremoto del 1783
Il disastroso terremoto del 1783 distrusse tutto il paese: «crollarono la chiesa e il convento e si persero o si dispersero le opere d’arte. Gli ultimi sei frati, dei quali uno morto durante il sisma, abbandonato il paese dagli abitanti, si dispersero in altri conventi del regno di Napoli. I beni da loro posseduti – sottolinea l’ex preside- furono incarnati dalla Cassa Sacra di Catanzaro, così come l’archivio che giustificava la proprietà di essi». Fu un momento di grande disperazione per la comunità. Improvvisamente, persero tutto: «I 345 superstiti si riunirono davanti alla Rocchetta sistema di difesa. I Pignatelli fecero costruire sei baracconi per accoglierli; disposero il taglio delle vaste distese delle fiorenti vigne ed ivi pensarono di tracciare la planimetria della nuova città tracciando due corsi principali intersecate da nove traverse». Nella Chiesa Madre di Briatico della vecchia città, sono ad oggi conservate: «la statua della Madonna Immacolata o Vergine del ginocchio proveniente da scuole spagnole barocche del ‘600 in legno di tiglio, molto interessante dal punto di vista della forma e dei materiali: il mantello decorato con foglie d’oro e blu lapislazzuli; la statua dell’Addolorata del ‘700; un Crocifisso del XV secolo, in legno; il quadro di San Nicola del 1674 di Tommaso di Florio, pittore vibonese e un antico ostensorio».
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