Dalle chiese del centro storico alla scalinata Cerasarella, a Vibo un patrimonio “da vivere”
La congrega dei sarti e la devozione a sant’Omobono, e poi gli approfondimenti dedicati al rito funebre, il ruolo delle chiangiuline o reputatrici, il sopralluogo a palazzo Sacco Romei e Cordopatri, al centro delle passeggiate culturali. La docente e scrittrice Preta: «Giornata ricchissima»
Il centro storico, con i suoi palazzi, chiese e monumenti, al centro delle passeggiate culturali promosse in occasione delle Giornate europee del patrimonio. A fare da Cicerone, in un percorso alla scoperta e valorizzazione della storia locale, la docente e scrittrice Maria Concetta Preta. L’itinerario ha riguardato in prima battuta la Cerasarella e la chiesa di Sant’Omobono: «È il santo protettore dei sarti. Visse nel XII secolo ed era originario di Cremona. Eppure la sua figura viene venerata qui, nell’antica Monteleone, in un quartiere popolare. Quella del sarto era una professione di rilievo, “nobile”. Un mestiere che richiedeva precisione e anche creatività. Non era per tutti. Qui aveva sede la congregazione dei sarti, devoti a Sant’Omobono, che si unì ai “cinturati” agostiniani (il simbolo della cintura ricorda il dono che la Madonna fece a Santa Monica, madre di Sant’Agostino), che veneravano invece la Madonna. Come simulacro venne dunque scelta la statua della Vergine, realizzata dal noto artista Frangipane che fu anche un apprezzato architetto».
La Cerasarella
Un passaggio ha anche riguardato le origini del nome Cerasarella, collegata ai ciliegi che secondo la tradizione abbondavano nei giardini delle abitazioni che si affacciavano lungo la scalinata: «Nel linguaggio del popolo, la “diminutio” è d’obbligo. Il nome deriva appunto dal latino, “cerasus”, ciliegio. In quest’area della città vivevano artigiani, calzolai, fruttaioli, i forgiari dediti alla lavorazione del ferro. Era un quartiere popolare, e tale caratteristica si riflette inevitabilmente sul nome». Il sopralluogo ha anche interessato palazzo Sacco Romei e Cordopatri, deprecandone il pessimo stato in cui versa.
La chiesa di Sant’Antonio
Tra le tappe della giornata, anche la chiesa di sant’Antonio: «La devozione dei padri cappuccini si concentrava ancora una volta sulla figura della Madonna. La chiesa conserva una pregevole opera di Francesco De Rosa (Pacetto), raffigurante l’Immacolata. I cappuccini – sottolinea la docente Preta- rappresentavano un ordine molto conosciuto. Si caratterizzavano per la predisposizione al lavoro, per le capacità nella lavorazione del legno, per l’umiltà». Ad arricchire l’impianto religioso, la grotta dedicata alla Madonna di Lourdes e gli affreschi dell’atrio dedicati a San Francesco di Paola. Durante l’appuntamento non sono mancati approfondimenti e curiosità sulla ritualità funebre. La scrittrice e professoressa Preta, più nel dettaglio, ha ricordato le figure delle prefiche latine e poi delle chiangiuline o reputatrici di Pizzo, ovvero donne che piangevano ai funerali dietro pagamento: «Il pianto greco era un uso tradizionale già dalla civiltà omerica. In età ellenistica per esempio, tanti autori ci parlano di queste pratiche. In particolare le donne, dietro corrispettivo, entravano in casa del defunto e iniziavano a battersi il petto, elevare strazianti lamenti, urla di dolore». L’appuntamento ha riscosso buona partecipazione. Oltre cento gli aderenti, tra cui cinque classi del liceo classico Morelli, docenti e turisti: «È stata una giornata ricchissima, un omaggio al patrimonio vivente che la nostra città custodisce. Il nostro viaggio itinerante, visti gli ottimi riscontri, sicuramente continuerà. Per ora, voglio ringraziare i ragazzi e quanti hanno accolto l’invito delle passeggiate culturali. Grazie anche a don Michele Vinci – ha chiosato da scrittrice e docente Preta – che ha nuovamente messo a disposizione il patrimonio ecclesiastico che lui sovrintende come parroco».
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