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Pizzoni, il borgo fondato per sfuggire alle incursioni saracene che “ospitò” la congiura di Tommaso Campanella

Le notizie sul centro del vibonese ricostruite grazie al lavoro dello studioso Donato contenute in un volume confezionato dal Comune. Le origini del paese e i passaggi storici salienti, i punti di interesse, le antiche attività economiche e gli effetti del disastroso terremoto del 1783

Pizzoni, il borgo fondato per sfuggire alle incursioni saracene che “ospitò” la congiura di Tommaso Campanella
Pizzoni

Su Pizzoni non esistono documenti che in maniera completa ne ricostruiscono la storia a partire dalle origini. Alcune notizie sono state recuperate tramite il lavoro dello studioso Nicola Donato e, grazie ad un libro confezionato dal Comune, il paese ha potuto ricostruire la sua identità. Il paese subì il dominio e l’influenza dei normanni, svevi, angioini e spagnoli, facendo parte di volta in volta di feudi, ducati e contee del circondario. La svolta si ebbe nel 1811 quando Pizzoni assunse la struttura di Comune. Sulle origini mancano certezze ma la tesi più accreditata è che il paese sia stato fondato intorno all’anno mille da alcuni abitanti di Pizzo Calabro che, per sfuggire alle incursioni e razzie dei saraceni, cercavano disperato riparo nell’entroterra. Non esclusi insediamenti ancor più antichi, risalenti a epoca greca, di cui sono emersi nel tempo alcuni reperti. L’area infatti rappresentava una zona di passaggio e di collegamento tra le località site sulla costa ionica e quelle della zona tirrenica. La zona è attraversata dai fiumi Cerasia e Trivio.

L’antica ferriera e la cartiera

I primi documentati cenni storici risalgono al 1316. In un registro dell’epoca venne segnalata la presenza di una ferriera. Impianto presente, anche se non più funzionante, in un inventario fatto redigere nel 1446 dal re spagnolo Alfonso primo. Nel 1601, lo scrittore Marafioti, nel suo libro sulla Calabria parla di una cartiera sita a Pizzoni. La struttura era stata qui edificata vista la disponibilità di acqua. La notizia sull’effettiva durata della cartiera sono contrastanti ma rappresentò un fattore trainante per l’economia della zona. Gli stabilimenti furono costruiti dai duchi Caraffa, feudatari di Pizzoni e ceduti prima del 1783, anno del disastroso terremoto.

In epoca feudale (1400), Pizzoni era costituito da un agglomerato di case site sulla sponda destra del fiume Ceresia ed apparteneva alla baronia di Vallelonga. Sul lato sinistro del fiume vi era invece San Basilio, che invece apparteneva a Soriano, contea dei Caraffa. Il casale era stato fondato molto tempo prima dai monaci basiliani provenienti dalla Sicilia, in fuga dalle invasioni arabe. Appartenevano al rito cattolico-bizantino e introdussero cultura e modernità nella popolazione contadina locale.

L’ultimo erede dei Caraffa

L’ordine con il tempo perse valore e il re Ferdinando II di Napoli lo dichiarò estinto intorno al 1500. Sui ruderi del convento basiliano, i fratelli Francesco, Filippo e Agostino di Pizzoni nel 1547 ne costruirono un secondo detto Santa Maria del Soccorso, la chiesa venne invece dedicata alla Madonna del Rosario. Nel 1648 morì l’ultimo erede dei Caraffa, Francesco Maria Domenico e le terre tornarono alla Corona. Re Filippo IV di Spagna pensò di venderle per rimpinguare le casse reali dissipate da conflitti e sfarzi di corte. La Baronia dei Vallelonga venne ceduta ai Castiglioni-Morelli di Cosenza, i casali di Pizzoni e Vazzano rientrarono nella Contea di Soriano e la Baronia di Filogaso andò ai Ruffo di Sicilia. I frati domenicani riuscirono a interloquire con il re e acquistare parte dei beni messi in vendita. Nel 1652 la contea di Soriano passò ai domenicani dietro pagamento di 70mila ducati. I ducati divennero poi 86mila a seguito dell’aggiunta di case e mulini ubicati nelle contrade.

1783, anno di morte e distruzione

L’evento più drammatico della storia di Pizzoni è il terremoto del 1783. Già l’anno precedente vi erano susseguite criticità. Prima un’ondata di caldo torrido aveva favorito il proliferare di epidemie, poi l’autunno aveva fatto registrare una serie di eventi alluvionali. Il colpo di grazia, il 5 febbraio 1783, ore 19.00. La terra cominciò a tremare. Qualche manciata di minuti dopo, Pizzoni e san Basilio furono in gran parte distrutti. Santa Barbara e Belforte, completamente rasi al suolo tanto che non vennero più ricostruiti. Ai lutti e alle case e chiese crollate, nei mesi a seguire vi furono una crescita di malattie e una povertà dilagante. Un’altra scossa si verificò sempre nel corso dello stesso anno, il 28 marzo. Dei primi soccorsi si occupò direttamente il re Ferdinando IV che istituì la Cassa sacra e ottenne da papa Pio Vi la soppressione di ordini religiosi con pochi membri.

Tommaso Campanella e il legame con Pizzoni

In pochi conoscono il legame tra Pizzoni e il filosofo e teologo Tommaso Campanella. Nel 1599 nel convento di San Basilio, insieme ai suoi fedelissimi, organizzò la famosa congiura contro il dominio degli spagnoli. Avvenne dopo la pubblicazione della prima opera filosofica nella quale difendeva le nuove teorie di Telesio andando contro i difensori di Aristotele e quindi la stessa chiesa. Accusato di eresia e pratiche demoniache, in piena Inquisizione, venne condannato a lasciare Napoli e tornare in Calabria e abbandonare le sue teorie. In un primo momento disobbedì, poi dopo varie vicissitudini tornò nella terra natia. Era sempre più convinto della necessità di una Repubblica santa e universale da lui guidata. Predicò in ogni angolo della Calabria le sue teorie. Dalla sua parte si schierarono vescovi, appartenenti al suo stesso ordine, briganti. La congiura tuttavia saltò, e Tommaso Campanella, tradito dall’amico più fidato, venne catturato. Riuscì, nonostante torture e sofferenze a fingersi pazzo evitando così la condanna a morte. In età avanzata si trasferì in Francia dove morì nel 1639.

Le chiese di Pizzoni

Pizzoni oltre alla sua storia, offre ai visitatori diversi luoghi di culto. La chiesa del Rosario, fu per anni connessa al convento dei frati domenicani di Soriano grazie a un sottopassaggio ormai impraticabile. All’interno nel tempo vennero ritrovati resti umani, poi trasferiti in una cripta presente nell’edificio religioso. Il cunicolo veniva utilizzato per nascondersi, per fuggire senza dare nell’occhio. Vi trovò rifugio anche Tommaso Campanella nei primi anni del ‘600 quando organizzò la famosa insurrezione contro gli spagnoli. C’è poi la chiesa della Madonna delle Grazie, stile barocco, custodisce una preziosa statua lignea della Vergine opera dell’artista napoletano del 1500, Mancini. Sul soffitto è presente un bassorilievo raffigurante la Madonna che con le mani frena una montagna. Secondo le leggende, la Vergine ebbe modo di proteggere il paese da una frana che, dopo un sisma, stava per travolgere il centro abitato.

C’è poi la chiesa di San Nicola di Bari, patrono. La struttura risale al Settecento e venne ricostruita dopo il sisma. Lì viene custodito un importante dipinto della scuola napoletana, raffigurante la “Consegna delle chiavi”. Un’altra chiesa è poi dedicata a San Francesco di Paola che conserva al suo interno una croce quattrocentesca. Oltre ad un confessionale di legno lavorato a mano vi sono quattro grandi dipinti realizzati da Taccone Gallucci a inizio Novecento.

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