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Nel segno dei normanni, la storia di Arena torna alla luce grazie a nuovi scavi al castello

Ricercatori universitari in campo per ricostruire l’antico passato della cittadina. Il professor Citter: «I dati raccolti ci forniranno una mappa precisa del sistema di gestione delle acque, l’inizio della diffusione della masseria con i relativi impianti produttivi, le reti della mobilità, le connessioni con l’area interna e con la costa»

Nel segno dei normanni, la storia di Arena torna alla luce grazie a nuovi scavi al castello
Il castello di Arena

Un passato che riemerge, un’identità storica che ricostruisce il ruolo e il peso delle popolazioni che abitarono anticamente i territori vibonesi. Il progetto “Arena, nel segno dei Normanni”, punta a questo. E molto altro. Grazie alla collaborazione con le università, diversi Comuni calabresi stanno cercando di recuperare preziosi tasselli della propria storia locale. Ricerche archeologiche sul campo, studio delle fonti antiche, recupero della memoria orale. L’interesse delle comunità è crescente. Così come avviene a Zungri, Briatico, Cessaniti, anche nel centro delle Preserre si guarda ai tempi antichi per poter valorizzare la propria storia anche in chiave turistica. [Continua in basso]

Nel segno dei Normanni

Il progetto nasce da una collaborazione promossa dal Comune di Arena e coinvolge le università di Siena e della Basilicata e la Soprintendenza archeologia, Belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia per lo studio, la valorizzazione e la promozione del patrimonio archeologico del territorio. I passaggi di questo viaggio, sono stati illustrati dal professor Carlo Citter, cattedra di archeologia dell’Europa medievale – Università degli studi di Siena: «La ricerca – ha spiegato il professor Citter – è cominciata dal castello fondato dai Normanni nel corso del XII secolo anche se attestato più tardi nelle fonti scritte. All’inizio doveva essere costituito dalla tipica torre in pietra circondata da un muro difensivo che guardava il villaggio posto in basso. Solo più tardi fu ampliato anche se rimase perlopiù una residenza signorile fortificata molto simile ai modelli studiati anche di recente in Toscana e in Francia».

Il castello di Arena e la gestione idrica

Doveva essere un luogo possente, inespugnabile. E soprattutto difendere Mileto, la “capitale” normanna, sede della corte di Ruggero I nonché fulcro, ricchissimo, dalla sua costituenda Contea normanna di Calabria: «La sua funzione di avamposto fra l’area pianeggiante e le Serre vibonesi è ancora oggi ben percepibile se lo guardiamo dal castello di Vibo Valentia», sottolinea il docente universitario. Il maniero conserva tuttavia altre curiosità: «A livello locale – rimarca il professor Citter – il castello aveva anche il controllo della parte finale di una delle tante condutture per l’afflusso di acqua per irrigazione e per gli usi della popolazione contadina che localmente assumono diversi nomi, forse a significare una loro introduzione in tempi diversi (fossa, prisa, cunductu) ma certamente a partire dal periodo normanno e molto probabilmente per l’apporto di maestranze islamizzate provenienti dalla Sicilia. Ancora localmente le cisterne per la raccolta delle acque sono chiamate “gebbie” che in arabo significa appunto cisterne».

Basti pensare che ancora oggi «l’acqua viene captata in quota dalle sorgenti e portata sui pianori mediante canali scavati nella terra a gestione in parte comunitaria e in parte privata. Anche i sistemi terrazzati, che ricoprono intere colline, in uso fino a pochi decenni fa, potrebbero essere stati impiantati o almeno favoriti dalla conquista normanna, dal momento che recenti studi mostrano la loro diffusione in tutto il Mediterraneo proprio a partire dal II millennio d.C.».

Lo scavo integrale del Castello di Arena

«La ricerca sul castello e sul territorio comunale – specifica il professor Citter- è solo all’inizio e la quantità di dati che abbiamo già raccolto incoraggia per il prossimo futuro. Molte sono infatti le domande aperte che attendono una risposta. Lo scavo integrale del castello in primo luogo ci fornirà indicazioni chiare su quanto si è conservato delle prime fasi, se e in che misura possiamo attestare precedenti occupazioni della collina, ma anche eventuali riusi posteriori al devastante terremoto del 1783. In parallelo lo studio capillare del territorio, che abbiamo intenzione di ricognire in modo sistematico, ci fornirà una mappa precisa del sistema di gestione delle acque, l’inizio della diffusione della masseria con i relativi impianti produttivi, le reti della mobilità, le connessioni con l’area interna e con la costa». Il sito è tra i luoghi simbolo della “Castellana di Arena”. Una rievocazione storica dei fasti arenesi dell’anno mille che suscita ogni anno un grande successo e una grande partecipazione di pubblico.

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