Dalle antiche necropoli a città dimenticate, l’archeologia porta alla luce la storia di Briatico
Nella frazione San Leo, grazie ad una recente ricerca condotta da una squadra di studiosi dell’università di Siena diretta dal professor Citter, emerse tracce di un antico abitato. Censite masserie, frantoi e antichi calvari
Un territorio ricco di bellezze paesaggistiche, di storia, di tradizioni. Molto ancora c’è da scoprire su Briatico, piccolo centro incastonato lungo la Costa degli dei. Nelle scorse settimane, il comprensorio della città del mare, è stato al centro di una campagna di ricognizione di superficie e dei casali medievali e moderni. Le attività sono state portate avanti sotto la direzione del professor Carlo Citter, cattedra di archeologia dell’Europa medievale – Università degli studi di Siena. In campo diversi laureandi archeologici ospiti di Briatico per qualche settimana. [Continua in basso]
L’iniziativa rientra nel progetto “Briatico vecchio” che vede coinvolte anche le Università della Calabria, l’Università della Basilicata e la Soprintendenza archeologa, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia. Ad inizio estate, si ricorderà, i ricercatori Unical, coordinato dalla professoressa Adele Coscarella, docente di Archeologia cristiana e medievale, hanno focalizzato le attenzioni su un ampio comprensorio esteso tra le frazioni di Potenzoni, San Costantino e San Leo alla ricerca di tracce di insediamenti rurali tardo-antichi e medievali.
In una seconda fase, invece, le ricerche hanno coinvolto il gruppo proveniente dall’Università di Siena: «Ci siamo concentrati -ha affermato il professor Citter- su alcuni aspetti del paesaggio fra la fine del medioevo e tutta l’età moderna e contemporanea. In particolare – ha evidenziato – abbiamo provveduto ad un capillare censimento delle masserie abbandonate, degli impianti produttivi (mulini, frantoi), della rete della connettività e dei calvari. Questi sono un importante segno di religiosità le cui radici sono ancora tutte da scoprire». Si tratta di elementi che sono ormai parte integrante del territorio, lo caratterizzano. I vecchi pagliai, gli antichi frantoi, i calvari sono l’espressione dei valori e della vita delle comunità contadine.
Il docente Citter non ha alcun dubbio: «Molti dei casolari oggi allo stato di rudere presentano chiari indizi di una lunga frequentazione che denota a sua volta la persistenza dell’uomo sugli stessi campi sebbene forse con pratiche differenti». Il progetto che durerà in totale tre anni, a Briatico sta suscitando curiosità e interesse: «S’intende promuovere la conoscenza del territorio, delle sue vocazioni, dei paesaggi che si sono succeduti e dello sfruttamento delle risorse naturali. La forte valenza sociale di questo progetto culturale-rimarca il professore universitario- si apre tuttavia anche ad ulteriori potenziali sviluppi nella riscoperta e promozione di una filiera agroalimentare sostenibile di alta qualità».
Un bilancio delle attività è stato stilato anche dal sindaco Lidio Vallone che, in più occasioni, ha ribadito la bontà del programma nel quale la sua compagine amministrativa ha fortemente creduto: «Prima l’individuazione di tracce di necropoli ora la valorizzazione di antichi calvari. Ma non solo. Grazie a questi approfondimenti è stato possibile ricostruire tasselli della storia di San Leo la cui valenza è equiparabile a Briatico vecchio. Le campagne portate avanti hanno permesso di accertare l’esistenza di una città medievale strettamente collegata con l’antico abitato di Briatico. Il recupero è ancora più fattibile rispetto ad altri siti del territorio». Emerse tracce anche di un antico monastero. Per il sindaco Vallone, non bisogna dimenticare l’insistenza nel comprensorio di pregevoli strutture come la Torre saracena, il mulino della Rocchetta, fontana Pignatelli: «Briatico ha tutte le carte in regola per diventare il centro archeologico della Costa degli dei ed è percorribile l’ipotesi di creare un percorso in grado di collegare per esempio il sito paleontologico di Cessaniti, le grotte di Zungri e i siti di Briatico». Il recupero delle aree antiche e la creazione di strade per accedervi richiedono tuttavia somme non di poco conto. Un’opportunità viene data dal Pnrr: «Stiamo cercando di dare priorità all’archeologia e alle infrastrutture. Molto dipenderà dai finanziamenti che riusciremo a ottenere ma una cosa è certa, è un progetto in cui crediamo fortemente».