La battaglia navale di Vibona tra Cesare e Pompeo in un dipinto di Mimmo Sergi
Nel 48 a.C. la guerra civile divampa in quasi tutte le regioni dell’Impero Romano e anche il Mediterraneo diventa teatro di guerra degli opposti schieramenti in lotta per la conquista del potere
Duemilasettanta anni fa. 48 a.C., la guerra civile tra Cesare e Pompeo divampa in quasi tutte le regioni dell’Impero Romano e anche il Mediterraneo diventa teatro di guerra degli opposti schieramenti in lotta per la conquista del potere. Il porto di Vibona è presidiato da una guarnigione di veterani romani agli ordini del pretore Publio Sulpicio, quando una flotta di Pompeo, comandata da Cassio, dopo aver assalito e distrutto, nel porto di Messina, una squadra navale fedele a Cesare, si dirige “ad Vibonem” per tentare la stessa impresa. [Continua in basso]
È lo stesso Giulio Cesare in persona che, nel suo “De bello civili” (libro III cap. 101) , così racconta l’andamento e l’esito dello scontro: «Quasi nel medesimo tempo Cassio, con una flotta di navi siriache, fenicie e cilicie venne in Sicilia e, dal momento che la flotta di Cesare era divisa in due parti, una sotto il comando del pretore Publio Sulpicio presso Vibona, l’altra sotto il comando di M. Pomponio presso Messina, egli si diresse con le sue navi a volo su Messina prima che Pomponio avesse sentore del suo arrivo. Trovatolo in preda a confusione, senza alcuna sorveglianza e con le navi non schierate, approfittando di un vento forte e favorevole, scagliò sulla flotta di Pomponio navi onerarie riempite di fiaccole, pece, stoppa e altro materiale incendiario e bruciò tutte le navi, in tutto trentacinque, di cui venti coperte. Da tale avvenimento derivò un timore tanto grande che, sebbene vi fosse a Messina una legione di presidio, a stento la città fu difesa e, se nel medesimo tempo non fossero giunte, tramite cavalieri che facevano regolare servizio di informazione, notizie della vittoria di Cesare, i più ritenevano che la città sarebbe stata perduta. Ma la città poté essere difesa grazie all’opportuno arrivo delle notizie e quindi Cassio puntò sulla flotta di Sulpicio a Vibona. Poiché i nostri avevano messo in secco circa quaranta navi per il medesimo timore, i Pompeiani ricorsero alla tattica di prima. Cassio, approfittando del vento favorevole, spinse le navi da carico allestite per provocare un incendio; e il fuoco appiccato da un’estremità all’altra fece incendiare cinque navi. E poiché il fuoco , per la violenza del vento, si estendeva su un fronte troppo vasto, i soldati delle vecchie legioni che, essendo malati, erano stati lasciati di presidio alle navi, non sopportarono la vergogna; spontaneamente si imbarcarono, salparono, assalirono la flotta di Cassio e catturarono due quinqueremi su una delle quali era Cassio. Ma Cassio fuggì, raccolto da una imbarcazione. Furono inoltre prese due triremi. Non molto tempo dopo si venne a sapere della battaglia avvenuta in Tessaglia, così che la cosa risultò certa agli stessi Pompeiani; infatti prima di allora si pensava che fossero tutte invenzioni di ambasciatori e di amici di Cesare. Venuto a conoscenza del fatto, Cassio si allontanò con la flotta da quei luoghi».
Il luogo di cui scrive Caio Giulio Cesare era l’antico porto fenicio-greco-romano di Vibona, che si trovava presso l’odierna località “Trainiti” e il cui possente molo, ormai sommerso, è possibile oggi visionare dall’alto o per mezzo di immersioni subacquee. Etimologicamente il toponimo “Trainiti” sarebbe, secondo lo storico Montesanti, una derivazione di “Thranites”, nome con cui venivano indicati i rematori del livello superiore di una Quinquereme romana. [Continua in basso]
Questa audace azione militare compiuta dai veterani di Cesare di stanza a Vibona, che con il loro coraggio riuscirono a mettere in fuga la flotta di Cassio, ha offerto lo spunto a Mimmo Sergi, amministratore di “Calabria Navigazione”, nonché artista per diletto e cultore di storia locale, per realizzare un pannello dipinto in cui viene riprodotto visivamente quanto scritto dal grande condottiero romano nella sua opera storica che, insieme al “De bello gallico” ancora oggi viene tradotta dagli studenti di materie classiche in tutto il mondo. Il pannello è stato posizionato nell’androne dell’edificio che ospita la Capitaneria di Porto di Vibo Marina, a testimonianza di un importante episodio avvenuto nel territorio vibonese che si innesta nella millenaria storia della Città Eterna e che forse meriterebbe una maggiore divulgazione.