«La fiction “La sposa” ridicolizza calabresi e veneti», pioggia di polemiche per la miniserie
La fiction parla di una donna calabrese ma le scene sono state girate in Puglia. I veneti sul piede di guerra: «Cliché grotteschi e stereotipati»
La polemica, come la calunnia nella famosa aria del Barbiere di Siviglia, è un venticello che, lentamente, diventa come un temporale. Partita dalla Calabria, è passata in Puglia per poi raggiungere il Veneto. Una tempesta di proteste, indignazioni, precisazioni, ma anche di apprezzamenti e di successo di pubblico si è, in questa settimana, abbattuta sulla fiction “La Sposa”, la cui prima puntata è andata in onda sulla rete ammiraglia della Rai. Le motivazioni delle proteste di cui si sono fatti interpreti molti calabresi sono ormai note e ampiamente dibattute e approfondite sui social e sui media regionali e nazionali. I pugliesi, dal canto loro, dove sono state girate molte scene, si sono sentiti offesi nel vedere le loro location utilizzate come sfondo alla sovraimpressione “Calabria 1967” all’inizio del film per poi essere associate a situazioni di degrado sociale e arretratezza. A calabresi e pugliesi si sono aggiunti, nelle ultime ore, anche i veneti con interventi persino a livello istituzionale.
Il presidente del Consiglio regionale del Veneto, il leghista Roberto Ciambetti, ha infatti bocciato la miniserie Tv definendola un falso storico. «Pensare a un matrimonio per procura, a fine anni Sessanta, di una giovane calabrese con un ricco ma rozzo agricoltore vicentino è, a dir poco, un azzardo se non una provocazione senza senso e lontanissima dalla realtà storica. La fiction, con i suoi cliché grotteschi e stereotipati, mette in ridicolo non solo i vicentini, ma anche i calabresi».
Gli fa eco Laura Della Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza: «Trovo inaccettabile – ha dichiarato – che si faccia di questa regione, alla vigilia del Sessantotto, la fotografia di una terra arretrata e abitata da uomini rozzi». [Continua in basso]
Le molte riserve espresse dai calabresi hanno riguardato, in particolare, oltre agli stereotipi utilizzati per rappresentare la regione (piazza popolata da donne vestite di nero, muri tappezzati di manifesti di morti e ciucci che attraversano l’abitato) anche l’usanza dei matrimoni per procura, forse già superata alla fine degli anni Sessanta, quando già si intravedevano gli albori del Sessantotto con le lotte di rivendicazione sociale ed emancipazione femminile che interessarono anche la Calabria. Molto criticata, inoltre, anche la scelta di raccontare una storia legata alla Calabria girando le riprese fuori dai confini regionali, precisamente in Puglia. Le riprese sono state effettuate a Vieste, Monte Sant’Angelo (Foggia) e Vico del Gargano. «Problemi organizzativi legati alla mancanza di strutture», si giustifica Giacomo Campiotti, regista della fiction, anche se, come prima scena, appare la scritta “Calabria 1967”, mentre scorrono le immagini di Vieste, detta “la perla del Gargano”.
Polemiche a parte, c’è attesa per la seconda puntata dopo i numeri da record realizzati dalla puntata d’esordio: la fiction è stata vista da 6 milioni di telespettatori con uno share del 27%.
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