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Storia del napitino Marincola, il partigiano che alla radio nazista urlò i valori della Resistenza

Una figura da ricordare nel giorno della Liberazione: il giovane di Pizzo che alla sua libertà preferì la morte combattendo i tedeschi

Storia del napitino Marincola, il partigiano che alla radio nazista urlò i valori della Resistenza

di Rocco Greco

Ritornando a quel 25 aprile del 1945, data simbolica scelta quale ricorrenza della Liberazione dell’Italia dai nazifascisti, raccontiamo una pagina di storia della Resistenza nel ricordo di Giorgio Marincola, il giovane partigiano italo-somalo morto per la libertà. Ripercorriamo la sua vicenda di combattente per la libertà, attingendo dal lavoro di due ricercatori romani, Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, che hanno dato alle stampe nel 2008 il loro “Razzapartigiana, Storia di Giorgio Marincola”, Iacobelli Editore. Giorgio Marincola nacque il 23 settembre del 1923 a Mahaddei Uen, un presidio militare italiano a 50 chilometri da Mogadiscio da un sottufficiale italiano, Giuseppe Marincola (Pizzo Calabro, 1891 – Roma 1956) ed Aschirò Hassan, una giovane donna somala. Due anni dopo, nel settembre 1925, nascerà la sorella Isabella. Il pizzitano Giuseppe Marincola, a differenza dei tanti figli nati in colonia dall’unione tra soldati italiani e donne africane, riconobbe i due bambini, dando così loro la cittadinanza italiana. Nel 1926 Giuseppe Marincola, rientrato in patria portò con sé i due bambini. Affidò Giorgio al fratello Carmelo ed a sua moglie, Eleonora Calcaterra, a Pizzo Calabro, e portò Isabella con sé a Roma, nel quartiere popolare di Casal Bertone, dove si era stabilito con la moglie Elvira Floris, sorella di un commilitone, sposata nel giungo del ’26. Giuseppe avrà nel ’28 e nel ’29 due figli da Elvira, Rita ed Ivan.

Fino al 1933 Giorgio visse a Pizzo, in un ambiente molto diverso da quello strutturato della Roma capitale del Regno ed epicentro della retorica propagandistica fascista. Un contesto, quello pizzitano, di affetto, libertà ed accoglienza per lui. Si trasferì a Roma per frequentare il ginnasio (le scuole medie) presso il liceo-ginnasio Umberto I, nei pressi della basilica di Santa Maria Maggiore. Qualche anno più tardi, nel 1938, conobbe Pilo Albertelli (Parma, 1907 – Roma, 1944), suo insegnante di storia e filosofia, filosofo idealista, antifascista noto alla polizia (era stato arrestato nel 1928 e di lì sottoposto a sorveglianza). Ad Albertelli è stato riconosciuto il ruolo di educatore al dissenso di molti antifascisti e partigiani romani che lo avevano incontrato. Fu esponente del movimento liberal-socialista di Calogero e Capitini, partigiano nelle file del Partito d’azione a Roma, dove morì nel 1944, ucciso nella strage delle Fosse Ardeatine. Albertelli educò Giorgio alla critica, al dubbio, al dissenso, alla giustizia sociale ed alla libertà. La maturazione dell’antifascismo in Giorgio appare essere stata un percorso culturale e formativo, da lui lasciato in pagine di appunti rimasti conservati nella casa di Casal Bertone. Nel 1943 Giorgio, studente di medicina, assieme ai suoi amici e compagni di classe Caio Cefaro e Corrado Giove entrò nelle formazioni armate del Partito d’azione, partecipando alla Resistenza romana. Tra il febbraio ed il maggio 1944 venne trasferito dal comando militare del partito nella provincia di Viterbo, aggregato, insieme ad alcuni compagni di partito, ad una banda partigiana formata da soldati sbandati. All’indomani della liberazione di Roma (4 giugno 1944) Giorgio prese la decisione di continuare la Resistenza, arruolandosi, attraverso esponenti del Partito d’Azione, nelle file dell’intelligence militare britannica, lo Special Operations Executive. Dopo un breve corso di addestramento in Puglia, nell’agosto 1944 fu aviolanciato in Piemonte nella zona di Biella come membro di una missione alleata, la missione Bamon, con compiti di guerriglia, collegamento e addestramento.

Nel gennaio 1945, dopo numerosi attacchi nel Biellese e missioni di collegamento con il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (Clnai), venne arrestato durante un rastrellamento, condotto al carcere di Biella e costretto a parlare ai microfoni di Radio Baita, una radio di disinformazione tedesca. Durante la trasmissione, invece di leggere il copione sottopostogli, pur consapevole del pesante pestaggio a sangue che i suoi carcerieri di lì a poco gli avrebbero inflitto, non perse l’occasione di riaffermare la sua convinzione nella libertà ed i valori che essa unisce, pronunciando le seguenti parole: «Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica. La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori». Nel marzo venne deportato al Polizeilicher Durchganglager di Bolzano, uno dei campi di concentramento nazisti nella penisola, dopo essere passato per le carceri di Torino e Milano. Il lager venne liberato il 30 aprile 1945, quando le ostilità erano cessate in gran parte della Penisola e Giorgio, invece che riparare in Svizzera (come per altro gli era stato ordinato dal comando della missione) preferì unirsi ad una banda partigiana della Val di Fiemme. Il 4 maggio del 1945 un’autocolonna di SS in ritirata, dopo uno scontro a fuoco attaccò i villaggi di Stramentizzo e Molina di Fiemme, dandoli alle fiamme ed uccidendo rispettivamente 21 e 6 persone. Tra i 21 di Stramentizzo i partigiani erano undici. Uno di loro era Giorgio Marincola. 

Nel 1953 gli è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: «Giovane studente universitario, subito dopo l’armistizio partecipava alla lotta di liberazione, molto distinguendosi nelle formazioni clandestine romane, per decisione e per capacità. Desideroso di continuare la lotta entrava a far parte di una missione militare e nell’agosto 1944 veniva paracadutato nel Biellese. Rendeva preziosi servizi nel campo organizzativo ed in quello informativo ed in numerosi scontri a fuoco dimostrava ferma decisione e leggendario coraggio, riportando ferite. Caduto in mani nemiche e costretto a parlare per propaganda alla radio, per quanto dovesse aspettarsi rappresaglie estreme, con fermo cuore coglieva occasione per esaltare la fedeltà al legittimo governo. Dopo dura prigionia, liberato da una missione alleata, rifiutava porsi in salvo attraverso la Svizzera e preferiva impugnare le armi insieme ai partigiani trentini. Cadeva da prode in uno scontro con le SS germaniche quando la lotta per la libertà era ormai vittoriosamente conclusa» – Stramentizzo, 4 maggio 1945.

Nel gennaio 1946 l’Università La Sapienza gli ha conferito la laurea ad honorem in medicina. Nel 1964 gli è stata dedicata una via a Biella, nel quartiere Chiavazza, mentre nel 2007 gli è stata dedicata dal comune di Roma una via nel Municipio XX a Cesano. A Mogadiscio gli è stata intitolata un’aula della scuola italiana, oggi abbattuta. Il 9 settembre 2009 il circolo Anpi Pigneto-Torpignattara di Roma viene intitolato alla memoria di Marincola. Nell’aprile del 2005 a Roma, una mostra inaugurata al Vittoriano, ripercorrendo la storia del movimento studentesco durante la seconda guerra mondiale, ha illustrato la vicenda di Giorgio Marincola, evidenziandone la figura.

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