venerdì,Novembre 29 2024

Re Ferdinando e quel “Nobili fottuti!” che riempì Tropea di patrizi

Secondo lo studioso Giulio Palange la forte presenza di famiglie altolocate nella Perla del Tirreno sarebbe da attribuire al re delle Due Sicilie e a qualche bicchiere di troppo

Re Ferdinando e quel “Nobili fottuti!” che riempì Tropea di patrizi

Tra i vari appellativi attribuiti a Tropea, non può sicuramente passare inosservato quello di “nobile”, per via della cospicua presenza patrizia sin dai secoli più antichi. Tra le varie versioni per spiegare il fenomeno, balza agli occhi un divertente racconto in cui si intrecciano storia e comicità. Come riporta Giulio Palange nel libro “Guida alla Calabria misteriosa”, secondo una prima variante, «tale inflazione di nobili è da farsi risalire al tempo delle crociate: una flotta che riportava a casa parecchi reduci cristiani, fu costretta da una tempesta cercare riparo lungo la costa di Tropea, dove i crociati sbarcarono e dove, colpiti dalla bellezza dei luoghi, misero radici». Un’interpretazione che, però, non convince fino in fondo lo studioso, secondo il quale «c’è anche chi la racconta diversamente». E proprio qui subentra la vena umoristica cui abbiamo accennato sopra. Protagonista del racconto è Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie per circa trent’anni, dal 1830 al 1859, il quale, «spostandosi per la Calabria (probabilmente il riferimento dell’autore è al viaggio del 1833 ndr) fu ospitato in uno dei più bei palazzi di Tropea, e durante la cena in suo onore mostrò d’apprezzare cosi tanto il vino locale da salire parecchio di giri, e quindi, da diventare ancora più sarcastico e sboccato di quanto già non lo fosse da sobrio». Proprio per via dell’alto tasso alcolico, rivolto ai molti patrizi presenti, gli scappò un «nobili fottuti!» che fece storia. Uno dei presenti, infatti, capì «nobili fo tutti!» e, una volta finita la cena, riferì l’esclamazione del re a tutti quelli che incontrava, i quali generarono un passaparola che fece il giro della cittadina. Così, il giorno dopo, si presentarono sotto il balcone della stanza dove il monarca dormiva: «Si era raccolta una vera folla di aspiranti nobili che col loro vociare scomposto svegliarono Ferdinando; e Sua Maestà, ancora intontito dal vino, s’affacciò incavolato e chiese: “Ched’è ‘sto bordello?”. Maestà, non vi ricordate? – risposero dalla folla – leri sera, durate la cena, avete promesso di farci tutti nobili ed ora dovete mantenere la promessa». Il re quindi, «ricordandosi di quel che aveva realmente detto la sera precedente, e considerando che per come la pensava lui, marpione matricolato, fra “nobili fottuti” e “nobili fo tutti” in fondo non passava molta differenza, rise divertito, fece mettere in fila i presenti e assegnò a ciascuno di loro un titolo nobiliare». Nonostante la goliardia del racconto, è bene ricordare che, in realtà, il motivo dei molti nobili presenti a Tropea è da ricercare nel fatto che la città fosse di proprietà del regno anziché di un signorotto locale, quindi, per i residenti, la pressione fiscale era molto inferiore rispetto ad altri centri feudali delle Due Sicilie. Proprio questa natura regia fu il motivo della battaglia legale che portò alla liberazione della città (venduta illegittimamente al principe di Scilla) nel 1615. Ma questa è un’altra storia.

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