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Rinascita: le minacce ad Emanuele Mancuso per non farlo collaborare e la divisione del territorio

Il bastone del comando a Nicotera, Joppolo, Ricadi e Vibo Valentia. Agenti della polizia penitenziaria al soldo del padre del collaboratore e la condanna a morte per Domenic Signoretta

Rinascita: le minacce ad Emanuele Mancuso per non farlo collaborare e la divisione del territorio
Giuseppe Mancuso

Pressioni continue dai familiari per farlo recedere dal collaborare con la giustizia. Lettere dalla madre, dalla zia e dalla compagna, foto della figlia di pochi mesi seduta in braccio al fratello Giuseppe, che si trovava a Nicotera agli arresti domiciliari, e poi cospicue offerte di denaro per convincere Emanuele Mancuso a trasferirsi in Spagna per gestire un ristorante e, quindi, ad abbandonare la via della collaborazione con la giustizia e farsi passare per matto così come in precedenza già accaduto con il cugino Domenico Mancuso (figlio del boss Giuseppe Mancuso cl. ’49) il cui processo per l’operazione Dinasty è rimasto sospeso per anni fra perizie e contro-perizie sulla capacità di intendere e volere. I miei familiari mi hanno violentato psicologicamente – ha raccontato Emanuele Mancuso – ed anche in carcere ho ricevuto minacce ed insulti dai detenuti che avevano preso di mira pure il procuratore Nicola Gratteri. Fra coloro che in carcere mi dicevano di stare zitto e non collaborare c’erano Domenico Stanganelli e Pino Gallucci di Gioia Tauro. E anche alcuni agenti della polizia penitenziaria a Vibo, che saprei riconoscere, stavano dalla parte dei Mancuso ed erano alle dipendenze di mio padre. Dal marzo del 2018 non ho più fatto uso di cocaina che ho consumato dopo il 2014 per circa tre anni”. [Continua in basso]

Giuseppe Rizzo

La divisione del territorio ed i rapporti fra i diversi clan

Emanuele Mancuso si è poi soffermato su altre vicende. Come il rapporto che lo legava a Gregorio Niglia, detto Lollo, di Briatico, per via di un traffico di stupefacenti. Lo stesso Niglia che avrebbe incontrato Giuseppe Mancuso, fratello di Emanuele, a casa del boss Giuseppe Accorinti di Zungri. Giuseppe Rizzo, invece, in un’occasione si sarebbe presentato dai Commisso di Siderno per chiedere 300 chili di cocaina a nome di Luigi Mancuso che invece sarebbe stato ignaro di tutto. La vicenda di Giuseppe Rizzo è finita nelle intercettazioni di un’operazione antimafia – ha ricordato il collaboratore – e quando la cosa si è saputa, nella mia famiglia vi sono state diverse critiche al comportamento di Rizzo che si è infatti allontanato un po’ da Luigi Mancuso dopo tale episodio”.

Pantaleone Mancuso “l’Ingegnere”

Giuseppe Rizzo, alias “Peppe mafia” o “Speedy pizza”, unitamente a Giovanni Rizzo (detto “dei vitelli”) avrebbero operato a Nicotera per conto di Pantaleone Mancuso detto “Scarpuni”. Secondo Emanuele Mancuso, a Nicotera paese avrebbe da sempre comandato Antonio Mancuso (cl. ’38) il quale però dopo l’operazione Dinasty, a causa dell’età avanzata, avrebbe lasciato il bastone del comando al nipote Pantaleone Mancuso, detto “l’ingegnere”, padre di Emanuele. “Pantaleone Mancuso detto Scarpuni – ha riferito il collaboratore – comandava invece a Nicotera Marina ed almeno due volte l’ho visto a casa mia parlare a lungo con mio padre, il quale era ossessionato dalle intercettazioni e parlava per questo sempre a bassissima voce. A volte a casa mia per portare imbasciate di Scarpuni a mio padre è venuto Nunzio Manuel Callà. Sul territorio di Joppolo, comandava mio padre, mentre a Limbadi non si capiva niente perché i Mancuso lì sono tanti. A Ricadi sino a Santa Maria comandava Agostino Papaianni. Emanuele Mancuso ha anche ricordato di aver frequentato la casa di Tita Buccafusca (moglie di Scarpuni morta ingerendo acido muriatico) e di essere stato assiduo frequentatore, oltre che dei figli di Giuseppe Mancuso (Antonio e Domenico), anche di Domenico Mancuso, detto “The Red”, figlio di Diego Mancuso e, quindi, primo cugino di Emanuele. [Continua in basso]

A Vibo Valentia, infine, secondo Emanuele Mancuso, negli ultimi tempi i personaggi “che contavano di più” sarebbero stati Paolino Lo Bianco ed Enzo Barba, detto “Il Musichiere”. Raffaele Giuseppe Barba “era chiamato anche Pino Presa – ha riferito Emanuele Mancuso – ed era compare con mio padre. Infatti Pino Presa ci ha pure portato i soldi per sostenere la detenzione di mio padre. Ricordo che Pino Presa in primo grado per l’operazione Nuova Alba è stato condannato, ma in appello assolto così come gli aveva garantito l’avvocato Pittelli”.

Per quanto riguarda la zona di San Gregorio d’Ippona, i Fiarè sarebbero stati storicamente vicini a Giuseppe Mancuso (cl. ’49, detto ‘Mbrogghja), mentre Saverio Razionale sarebbe stato più vicino a Luigi Mancuso. Il potere di Saverio Razionale, in ogni caso – secondo Emanuele Mancuso – si sarebbe esteso anche nella zona di Vena, tanto che in un’occasione due giovani spararono contro l’auto di Massimo Vita, vicino ad Emanuele Mancuso ed abitante a Vena di Ionadi, senza subire ritorsioni in quanto “protetti” da Saverio Razionale.

Domenic Signoretta

Ingestibile, invece, la famiglia Soriano di Filandari (Leone, Gaetano e Giuseppe Soriano) convocata più volte anche da Razionale per conoscere gli autori di un danneggiamento ai danni di un imprenditore, ma senza successo. Infine, i riferimenti alla figura di Domenic Signoretta di Ionadi, braccio-destro di Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, e vittima di un agguato (andato a vuoto) mentre nel 2019 si trovava agli arresti domiciliari. “E’ vicino anche a mio fratello Giuseppe ed è un morto che cammina – ha dichiarato Emanuele Mancuso – perché la situazione nel Vibonese resta molto tesa”. L’esame di Emanuele Mancuso riprenderà domani.

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