‘Ndrangheta: omicidio nel 1993 dell’imprenditore Piccione a Vibo, due arresti- Video
I carabinieri chiudono il cerchio su esponenti del clan Lo Bianco che con il fatto di sangue hanno voluto vendicare un loro congiunto
Nel corso della notte, i carabinieri del Ros di Catanzaro e del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno eseguito una misura cautelare in carcere nei confronti di Salvatore Lo Bianco, 49 anni, e Rosario Lo Bianco, 52 anni, entrambi di Vibo, ritenuti responsabili, in concorso, dell’omicidio dell’imprenditore vibonese Filippo Piccione (cl. ’36), avvenuto a Vibo Valentia il 21 febbraio 1993. Ad entrambi gli arrestati sono state contestate le aggravanti di aver agito con premeditazione, nonché di aver agito al fine di agevolare l’attività della ‘ndrina Lo Bianco – Barba, quale articolazione territoriale della ‘ndrangheta.
L’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Vibo Valentia, coordinata dalla Dda, è nata da uno stralcio del procedimento Rinascita – Scott.
Secondo quanto documentato, l’omicidio sarebbe stato deciso dai vertici della cosca Lo Bianco di Vibo Valentia, che avrebbero così vendicato la morte del loro congiunto Leoluca Lo Bianco (cl. ’68), ucciso nelle campagne di Vibo Valentia l’1 febbraio 1992. Dalle indagini è emerso che i colpi di fucile che causarono la morte di quest’ultimo erano stati esplosi dall’interno di una proprietà di Filippo Piccione, geologo e padre di tre figli. Tale circostanza avrebbe ingenerato all’interno della cosca Lo Bianco il sospetto di un coinvolgimento dell’imprenditore vibonese, secondo quanto complessivamente ricostruito anche attraverso l’esame delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, costituendo la causale dell’efferato omicidio in danno di Filippo Piccione, zio fra l’altro del dentista Giancarlo Conocchiella, quest’ultimo rapito e poi ucciso dal clan Candela di Favelloni di Cessaniti.
Filippo Piccione era infatti il fratello di Elisabetta, madre di Giancarlo Conocchiella, il dentista rapito il 18 aprile del 1991 e mai tornato a casa. L’omicidio di Filippo Piccione avvenne giorno di Carnevale.
Secondo il racconto del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, all’epoca i due Carmelo Lo Bianco che comandavano in città – “Sicarro” e “Piccinni” (entrambi oggi deceduti) – intendevano incaricare lui e il sodale Francesco Scrugli. Alla fine – secondo il collaboratore– in sua presenza affidarono il compito ad un loro nipote, «Salvatore Lo Bianco detto “U Gniccu”». Sarebbe stato lui a sparare e a uccidere Piccione. A guidare la moto – dice Mantella – Nicola Lo Bianco, il figlio del boss Carmelo “Sicarro”, poi quest’ultimo vittima a sua volta della lupara bianca nel 1997. Dagli atti di “Rinascita Scott” non si ricava il movente ma «che le cose siano andate così mi è stato riferito proprio da Salvatore Lo Bianco e da Nicola Lo Bianco», svela Mantella ai pm della Dda di Catanzaro l’8 giugno del 2016.
Titolare di uno studio che si occupava di relazioni geognostiche e di un’azienda che scavava pozzi artesiani, Piccione aveva subito il taglio di numerose piante d’ulivo circa un anno prima.