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Inchiesta Imponimento, 52 parti offese e 162 capi d’imputazione

Richiesta di rinvio a giudizio anche per tre finanzieri ed un poliziotto. Molti i Comuni che potranno costituirsi parti civili. I voti per le elezioni a Filadelfia e per le provinciali a Vibo. Indagati anche un ex sindaco, consiglieri comunali e funzionari della Regione

Inchiesta Imponimento, 52 parti offese e 162 capi d’imputazione
Antonio De Bernardo e Nicola Gratteri

Sono in totale 162 i capi d’imputazione contestati dalla Dda di Catanzaro con l’inchiesta antimafia denominata “Imponimento”. Un’attività di indagine eseguita sul “campo” dalla Guardia di Finanza che ha ripreso, attualizzandole, vecchie inchieste rimaste a “dormire” per anni nei cassetti (tanto che alcuni reati sono ormai prescritti) e che hanno invece portato alla luce reati persistenti sino all’attualità. “Tranne la prostituzione ci sono tutti i reati” aveva detto il procuratore Nicola Gratteri il 21 luglio 2020 nel corso della conferenza stampa per illustrare i risultati dell’importante operazione antimafia. Ed in effetti, fra i reati vi è di tutto: associazione mafiosa, corruzione elettorale, corruzione aggravata dalle finalità mafiose, concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, estorsione, danneggiamento, usura, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, coltivazione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, turbata libertà degli incanti, alterazione delle aste pubbliche, falso, truffa, detenzione illegale di armi. [Continua in basso]

Indagati tre finanzieri e un poliziotto

Fra le richieste di rinvio a giudizio anche quelle avanzate dalla Dda (pm Chiara Bonfadini, Antonio De Bernardo, Vincenzo Capomolla e Nicola Gratteri) nei confronti di tre finanzieri ed un poliziotto. Si tratta di: Domenico Bretti, 51 anni, di Filadelfia, brigadiere capo della Guardia di finanza, in servizio al Comando provinciale della Gdf di Vibo Valentia; Antonio Dieni, 47 anni, di Catanzaro, appuntato della Guardia di finanza e già in servizio al Gico di Catanzaro; Franco Pontieri, 48 anni, di Nocera Terinese, all’epoca dei fatti in servizio nella tenenza della Guardia di finanza di Amantea; Pietro Verdelli, 47 anni, di Figline Vegliaturo (Cs), assistente capo della polizia.

A Domenico Bretti vengono contestate due rivelazioni di segreti d’ufficio con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa – in concorso con Giovanni Anello, 32 anni, sino all’arresto assessore ai Lavori pubblici del Comune di Polia, ritenuto il faccendiere del clan Anello di Filadelfia. Sempre a Bretti viene inoltre contestato il reato di corruzione aggravato dalle finalità mafiose. Secondo l’accusa, avrebbe stretto un accordo corruttivo con il boss di Filadelfia Rocco Anello e con Giovanni Anello (ex assessore di Polia) che prevedeva la possibilità per Domenico Bretti (in cambio di “soffiate” al clan) di usufruire – quale titolare di fatto della ditta Gardenia Marmi – di prestazioni d’opera a titolo gratuito (viaggi di camion effettuati dalla ditta di movimento terra riconducibile al boss Rocco Anello) e di accedere alla spartizione oligopolistica e mafiosa di appalti e commesse nella zona, grazie alla influenza ed alla “sponsorizzazione” della cosca Anello di Filadelfia. Domenico Bretti è accusato anche del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. [Continua in basso]

Antonio Dieni è anche lui accusato del reato di rivelazione di segreti d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato le attività mafiose del clan Iannazzo di Sambiase. Franco Pontieri è invece accusato di aver fornito a Nicola Monteleone, 41 anni, di Polia (ritenuto appartenente al clan Anello), notizie circa un’operazione di polizia poi scattata nel febbraio del 2017.

Pietro Verdelli, assistente capo della polizia in servizio a Cosenza, è accusato dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione di segreti d’ufficio (con l’aggravante mafiosa) per essersi interessato il 17 luglio 2016 al controllo al quale era stato sottoposto – ad opera dei carabinieri – Nicola Monteleone, fornendo allo stesso le informazioni da lui acquisite e rivelando che il controllo aveva ad oggetto un incontro dello stesso Monteleone con il boss Rocco Anello e Nazzareno Bellissimo (38 anni, di Monterosso Calabro, al quale viene contestata l’associazione mafiosa). Monteleone avrebbe quindi prontamente informato della notizia gli stessi Rocco Anello e Nazzareno Bellissimo. [Continua in basso]

Le parti offese

Le parti offese dai reati contestati agli indagati sono in totale 52 e potranno quindi avanzare richiesta di costituzione di parte civile nel processo. Fra le parti offese anche la Regione Calabria, la Provincia di Vibo Valentia, l’Inail nella persona del direttore pro tempore, la direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Vibo Valentia, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente, il Ministero della Salute, ed una serie di Comuni quali: Filadelfia, Curinga, Polia, Francavilla Angitola, Maierato, San Nicola da Crissa, Monterosso Calabro, Pizzo Calabro, Sant’Onofrio, Capistrano, San Pietro a Maida, Cortale, Vallefiorita, Chiaravalle Centrale, Cenadi, Maida. Nell’elenco delle parti offese non figura il Comune di Vibo, sebbene diversi reati (stando ai capi d’imputazione) siano stati commessi anche nel territorio di Vibo Valentia ed in particolare a Vibo Marina. Sicuramente una svista al pari di quanto successo in Rinascita-Scott con il Comune di Nicotera che ha poi presentato ugualmente richiesta di costituzione di parte civile ed è stato ammesso.

I riflessi politici dell’inchiesta e le parti civili

Se nel capo d’imputazione mosso all’ex consigliere comunale di Vibo, Francescantonio Tedesco, all’ex assessore del Comune di Polia Giovanni Anello ed all’imprenditore di Maierato Daniele Prestanicola viene mossa anche l’accusa di aver contribuito a formare la strategia del sodalizio in ambito politico, promuovendo il sostegno della cosca Anello “alle elezioni politiche nazionali del 2018 per Mangialavori Giuseppe”, poi eletto al Senato della Repubblica e da poco nominato coordinatore regionale di Forza Italia, molti Comuni sono stati individuati parti offese in relazione al capo associativo contestato agli indagati ma non solo.

Il Comune di Cenadi e le aste per i boschi

Fra le richieste di rinvio a giudizio vi sono infatti anche quelle avanzate nei confronti dell’ex sindaco di Cenadi Alessandro Teti (alla sua seconda consiliatura, ma dimissionario nel luglio scorso dopo l’operazione “Imponimento”), dell’ex consigliere di maggioranza Giovanni Deodato e del tecnico comunale Gianni Melina. Per l’ex sindaco Teti e l’allora consigliere Giovanni Deodato l’accusa contestata è di corruzione aggravata dalle finalità mafiose in relazione ad un’asta boschiva. Per Deodato anche l’accusa di turbata libertà degli incanti unitamente al responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune Gianni Melina.

Funzionari della Regione indagati

Per le gare  d’appalto relative ai boschi del territorio comunale di Cenadi, nell’operazione “Imponimento” sono indagati anche i funzionari della Regione Calabria Serafino Nero, 65 anni, di Decollatura, e Michele Zangari, 44 anni, di Cinquefrondi, impiegato presso il Dipartimento Foreste, Forestazione e difesa del suolo. In concorso con Nicola Monteleone, Giovanni DeodatoGaetano Gori, 35 anni, di Cardinale, Raffaele Bertucci, 56 anni, agronomo di Spadola, Michele Zangari e Serafino Nero sono accusati del reato di turbata libertà degli incanti in relazione all’asta per il lotto boschivo “Ponticelli”.
Nero era il responsabile del procedimento e referente per la verifica degli elaborati del progetto del taglio del lotto boschivo, redatti dall’agronomo incaricato dal Comune di Cenadi Raffaele Bertucci. Quest’ultimo avrebbe promesso un rilevante quantitativo di legna che sarebbe stata consegnata a Serafino Nero che è quindi accusato anche del reato di corruzione aggravata dalle finalità mafiose (vantaggio per la cosca Anello di Filadelfia).

Capistrano e l’inchiesta

Situazione del tutto particolare per il Comune di Capistrano. Fra le richieste di rinvio a giudizio troviamo infatti anche quelle avanzate nei confronti di un consigliere comunale di maggioranza (Bruno Cortese), del fratello (Salvatore Pilieci) di altro consigliere comunale di maggioranza, e di Francesco Cortese, nipote di Bruno Cortese.  A Salvatore Pilieci ed a Bruno Cortese viene contestato il reato di traffico di influenze illecite aggravate dalle finalità mafiose, mentre a Francesco Cortese viene contestato il reato di truffa aggravata dalle finalità mafiose.

Il Comune di Filadelfia

Il clan Anello ed i voti per De Nisi

Dalle dichiarazioni dei collaboratori dell’inchiesta Imponimento, gli inquirenti – guidati dal procuratore Nicola Gratteri – ricavano la circostanza che la cosca Anello-Fruci aveva «procacciato consenso elettorale al candidato Francesco De Nisi (elezioni comunali e provinciali), anche attraverso l’appoggio a candidati diversi (Carchedi Marcello e Fraone Domenico, quest’ultimo indagato) che nelle varie competizioni elettorali erano di volta in volta collegati con De Nisi», ovvero con l’ex consigliere provinciale e poi presidente della Provincia di Vibo Valentia. Francesco De Nisi non è indagato (ex Margherita, ex Pd e da ultimo candidato alle regionali del gennaio dello scorso anno con Casa delle libertà) ma nel capo di imputazione mosso a Giovanni Angotti (associazione mafiosa) si spiega che lo stesso dal 2008 al 2010 (prima di collaborare con la giustizia) si occupava, per conto dell’organizzazione (clan Anello) «delle richieste estorsive e del sostegno elettorale ai candidati vicini o alla consorteria, come in occasione dell’appoggio fornito a De Nisi Francesco alle elezioni provinciali del 2004 e del 2008».

Le preferenze per il Consiglio comunale di Filadelfia

«In occasione delle comunali ci fu indicata – prosegue Angotti – anche la preferenza del consigliere Carchedi Vincenzo. Lo stesso discorso fu fatto in occasione delle elezioni provinciali in cui il De Nisi era candidato consigliere in appoggio al candidato presidente Bruni ed infine nel 2008 quando il De Nisi si candidò direttamente alla presidenza della Provincia di Vibo». Anche Vincenzo Carchedi – chiamato in causa dal collaboratore Angotti – al pari di De Nisi, non è allo stato indagato.

Il clan Anello e l’ex consigliere provinciale Fraone

La richiesta di rinvio a giudizio interessa invece l’ex consigliere provinciale Domenico Fraone accusato di concorso esterno in associazione mafiosa (clan Anello di Filadelfia) e intestazione fittizia di beni con l’aggravante mafiosa. Si sarebbe reso disponibile alla realizzazione di condotte illecite in relazione a specifici affari, concorrendo in trasferimenti fraudolenti di beni ovvero commettendo reati tributari con la complicità di appartenenti al sodalizio Anello ottenendo, oltre alla “protezione” mafiosa, una serie di ulteriori vantaggi ingiusti, quali la possibilità di rivolgersi al clan e di avvalersi del metodo mafioso. Avrebbe poi ottenuto appoggio elettorale in occasione delle competizioni che lo vedevano candidato, in particolare, elezioni per il Consiglio provinciale di Vibo Valentia del 2008.

Nel collegio di difesa dell’operazione Imponimento figurano gli avvocati: Francesco Muzzopappa, Giovanni Vecchio, Giosuè Monardo, Salvatore Sorbilli, Sergio Rotundo, Maria Antonietta Iorfida, Santino Cortese, Vincenzo Gennaro, Eugenio Felice Perrone, Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Giovanni Russomanno, Domenico Anania, Francesco Gambardella, Antonio Larussa, Anselmo Torchia, Vincenzo Fulvio Attisani, Ottavio Porto, Francesco Mancuso, Francesco Calabrese, Nicola Cantafora, Giuseppe Torchia, Massimiliano Carnevale, Armando Veneto, Vincenzo Ranieri, Stefano Nimpo.

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