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“Dura Lex”, commercialista vibonese assolto dall’accusa di bancarotta

Sentenza del Tribunale collegiale al termine di un processo celebrato con rito ordinario. Altri imputati avevano invece scelto l’abbreviato

“Dura Lex”, commercialista vibonese assolto dall’accusa di bancarotta

Incassa l’assoluzione da entrambe le accuse – concorso in bancarotta fraudolenta e falsificazione contabile – il commercialista Mario Malfarà Sacchini, 69 anni, di Sant’Onofrio, imputato nell’ambito del processo nato dall’operazione denominata “Dura Lex” scattata il 3 luglio del 2012. Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente Macrì, giudici a latere Riccotti e Romano) ha infatti assolto l’imputato con la formula “per non aver commesso” dal reato di bancarotta fraudolenta, mentre per l’ipotesi di reato di falsificazione contabile è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. Malfarà Sacchini era difeso dagli avvocati Nazzareno Latassa e Marcello Scarmato. Anche il pm Filomena Aliberti aveva chiesto l’assoluzione. Originariamente, insieme a Malfarà Sacchini, era imputato anche Peppino Mancini (cl. ’34) deceduto negli scorsi anni.

Nell’ambito della stessa inchiesta, denominata “Dura Lex”, sono rimasti coinvolti anche Etty Mancini, 55 anni, ed il marito Giuseppe Rito, 67 anni, che però hanno scelto il rito abbreviato ed in primo grado sono stati condannati, rispettivamente, a 3 anni e 3 mesi per i reati di bancarotta per distrazione e bancarotta documentale, e 2 anni e 10 mesi (Rito) per bancarotta per distrazione. Il processo d’appello è nei loro confronti ancora in corso. L’attività investigativa era tuttavia iniziata nel corso dell’anno 2011, allorquando è stato dichiarato il fallimento della società che ha gestito a Vibo Valentia il negozio di alta moda “Etty Mancini Moda Srl” facente capo al gruppo Mancini, nota famiglia di imprenditori vibonesi. Attraverso vari escamotage economico-contabili, gli indagati avrebbero distratto dal patrimonio aziendale della Etty Mancini Moda Srl, beni societari e risorse finanziarie pari a circa 2.700.000 euro. Contestato pure l’utilizzo e l’emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti per circa 300.000 euro.

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