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La tomba dei veleni nell’ex Cgr, Falvo: «Radioattività tra le più elevate mai registrate in Italia»

VIDEO - Il punto del procuratore di Vibo dopo i due avvisi di garanzia. Gli indagati, estranei alla sepoltura delle scorie, rispondono solo della presenza delle ecoballe smaltite abusivamente. Si sospetta un traffico di rifiuti provenienti dalla Terra dei fuochi

La tomba dei veleni nell’ex Cgr, Falvo: «Radioattività tra le più elevate mai registrate in Italia»
Il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo con il luogotenente dell'Arma Massimiliano Staglianò
Un’immagine dell’ex sito industriale della Cgr

«Abbiamo registrato livelli di radioattività particolarmente elevati. In base a quello che ci hanno detto i tecnici incaricati, sono tra i più elevati mai scoperti in Italia», spiega il capo della Procura di Vibo Valentia Camillo Falvo. Mezzo metro sotto terra, scorie seppellite sotto una striscia di asfalto. Forse scarti radioattivi di lavorazioni industriali. L’origine si spera sia scoperta grazie alle indagini in corso. Stanno lì da lustri, nella fabbrica dismessa della ex Compagnia Generale Resine Sud, area industriale di Porto Salvo: 100.000 metri quadri che l’ufficio requirente guidato dal procuratore Falvo, all’epilogo di un’indagine coordinata dal pm Filomena Aliberti, ha sottoposto a sequestro già nel maggio del 2020. Stamani la notifica di un’informazione di garanzia a Francesco Mirigliani e Adolfo Domenico Monterosso. Il primo è, di fatto, il proprietario dell’area. Il secondo è un imprenditore specializzato nello smaltimento di rifiuti speciali.

Le ecoballe stoccate nel sito industriale della ex Cgr

D’altronde, il procuratore Falvo precisa: «Non abbiamo motivo di ritenere che i due indagati abbiano responsabilità per la presenza di queste scorie radioattive nel sito. Ai due indagati contestiamo soltanto il reato di inquinamento ambientale e discarica abusiva in relazione all’ingente quantitativo di rifiuti, molti dei quali provenienti dalla Campania, che abbiamo individuato all’interno dello stabilimento dismesso». E infatti l’ex Cgr sarebbe divenuta anche una sorta di cimitero di ecoballe, che si sospetta provengano dalla Terra dei fuochi. L’indagine, che con il pm Aliberti ed la sua sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri la Procura di Vibo porta avanti, infatti, muove principalmente da qui, ovvero – si legge nelle contestazioni mosse a Mirigliani e Monterosso – dalla «discarica non autorizzata» all’interno dell’ex Cgr che ha in sé «rifiuti eterogenei, pericolosi e non», materiali da demolizione, lastre di eternit, pneumatici, rifiuti ferrosi fino, appunto, alle ecoballe di rifiuti urbani giunte dalla Campania.

Parte dei rifiuti pericolosi stoccati nel capannone dismesso di Porto Salvo

E le scorie radioattive? Sono emerse sin dai primi rilievi effettuati dai tecnici di Arpacal e Vigili del fuoco in seguito ad un blitz del giornalista Lino Polimeni, che si era introdotto nell’area per documentarne l’abbandono. Quindi, contestualmente alla scoperta dell’enorme discarica abusiva, con l’ausilio di idonea strumentazione tecnica è stata rilevata l’elevata carica radioattiva di una parte dell’area. «Abbiamo fatto una serie di accertamenti, abbiamo rimosso l’asfalto, individuato le scorie, che erano state sepolte lì, libere e senza alcuna protezione. Noi – continua il procuratore Falvo – abbiamo fatto in modo che fossero così isolate e messe in sicurezza affinché sia imprigionata la loro carica nociva. Abbiamo la certezza che fossero lì da molto tempo e stiamo indagando per accertarne l’origine».

I carabinieri durante il sequestro nel maggio del 2020

Decisamente più recente, invece, lo stoccaggio di quelle montagne di rifiuti pericolosi e non e delle ecoballe. È stata, l’area industriale di Porto Salvo, la meta di un traffico di rifiuti, quindi, dalla Terra dei fuochi? «Ci siamo lavorando e le indagini andranno avanti – aggiunge Camillo Falvo –. Per questa ragione e per la tipologia del reato che astrattamente si potrebbe configurare coinvolgeremo le Procure antimafia interessate. Quella del territorio nel quale il presunto traffico potrebbe aver avuto origine e quella del territorio nel quale avrebbe avuto il suo terminale». Insomma, la Procura di Vibo Valentia potrebbe a breve coordinarsi con quella di Napoli e di Catanzaro.

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