Rinascita-Scott, il pentito Iannò: «Dove passavano i Mancuso non cresceva più l’erba»
Già al vertice della ‘ndrangheta di Gallico, il collaboratore ha ribadito anche il legame fra i Condello di Archi ed i Lo Bianco di Vibo
Controesame del collaboratore di giustizia Paolo Iannò nel maxiprocesso Rinascita-Scott dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (Brigida Cavasino presidente, giudici a latere Gilda Romana e Claudia Caputo). Già a capo del locale di ‘ndrangheta di Gallico dopo l’omicidio dello zio Paolo Surace, rispondendo alle domande dell’avvocato Francesco Calabrese (difensore, fra gli altri di Luigi Mancuso) Paolò Iannò ha ripercorso gli schieramenti a Reggio Calabria durante la guerra di mafia (1985-1991 con quasi 700 morti ammazzati). “Inizialmente nel quartiere Archi di Reggio Calabria nei primi anni ’80 c’erano i De Stefano guidati da Paolo De Stefano con accanto Pasquale Condello, ma – ha riferito Iannò – già prima del 1985, quando è stato ucciso Paolo De Stefano, vi erano dei contrasti fra i De Stefano ed i Condello ed anche fra i De Stefano ed i Fontana. Con la guerra di mafia si formarono due schieramenti opposti, da un lato i Condello-Fontana-Saraceno-Serraino, con al vertice Pasquale Condello, dall’altro lato i De Stefano-Tegano-Martino-Libri con al vertice Orazio De Stefano, fratello di Paolo e che aveva sposato una Benestare, e i figli di Paolo De Stefano: Giuseppe e Carmine. Accanto a loro anche Giovanni e Pasquale Tegano”. [Continua dopo la pubblicità]
Quindi la latitanza a Gallico di Pasquale Condello dopo la scarcerazione nel 1988, con Paolo Iannò che diviene una sorta di “braccio-destro” di Condello commettendo insieme a lui diversi omicidi. “Ho accompagnato io – ha ricordato Iannò – Pasquale Condello sulle montagne di Sinopoli per prendere parte alle prime riunioni di ‘ndrangheta per siglare la pace fra gli schieramenti in lotta a Reggio Calabria. Sinopoli era il regno della famiglia Alvaro e per il gruppo Condello-Serraino-Rosmini-Imerti-Saraceno-Fontana il garante della pax mafiosa era il patriarca Domenico Alvaro. Per i De Stefano-Tegano-Libri il garante era invece Antonio Nirta di San Luca. Paese di San Luca dove è sempre esistito il Crimine di tutta la ‘ndrangheta, una sovrastruttura che – dalla montagna di Polsi – da sempre detta le regole alla criminalità organizzata calabrese”.
Rispondendo alle domande dell’avvocato Paride Scinica (altro difensore di Luigi Mancuso), il collaboratore Paolo Iannò ha poi ricordato che i Mancuso avevano un locale di ‘ndrangheta a Limbadi ed erano alleati ai De Stefano di Reggio Calabria ed ai Piromalli di Gioia Tauro. “Si diceva che dove passano i Mancuso non cresceva più l’erba, nel senso che si prendevano tutto loro. I Condello erano invece vicini ai Lo Bianco di Vibo Valentia, tanto che Pasquale Condello – ha spiegato Iannò – per risolvere un problema mi mandò una volta a Vibo dai Lo Bianco non temendo che gli stessi potessero tradirci e consegnarci ai De Stefano”.
Rispondendo alle domande degli avvocati Leopoldo Marchese e Diego Brancia, il collaboratore si è poi soffermato sui gradi di ‘ndrangheta e sul ruolo del Crimine di Polsi nel riconoscimento di nuovi locali mafiosi in tutto il mondo.
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