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Rinascita-Scott: rimane ai domiciliari Antonio Lo Bianco

Il 73enne ritenuto al vertice dell’omonimo clan di Vibo ha lasciato il carcere lo scorso anno per motivi di salute

Rinascita-Scott: rimane ai domiciliari Antonio Lo Bianco
Antonio Lo Bianco

Resta agli arresti domiciliari Antonio Lo Bianco, 73 anni, di Vibo Valentia, imputato nell’operazione Rinascita-Scott, che aveva lasciato il carcere il 18 marzo dello scorso anno a causa delle condizioni di salute ed in accoglimento da parte del gip di un’istanza dell’avvocato Giuseppe Bagnato. Il legale aveva documentato che la situazione di salute del cautelato, unitamente all’età avanzata dello stesso, fossero validi elementi da considerare ai fini di un’attenuazione della misura carceraria con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari. Avverso tale decisione aveva fatto ricorso la Dda di Catanzaro al Tribunale della Libertà, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di sostituzione della misura e il ripristino della custodia in carcere, sottolineando il ruolo di Antonio Lo Bianco nell’omonimo clan ed inoltre il fatto che il provvedimento di scarcerazione avrebbe dovuto avere durata temporanea limitata all’emergenza sanitaria. Dopo l’espletamento di una perizia medico-legale disposta dal Tribunale della Libertà di Catanzaro, nonché diverse memorie difensive e documentazione prodotta dall’avvocato Giuseppe Bagnato, l’appello della Dda è stato rigettato. [Continua dopo la pubblicità]

Il provvedimento di scarcerazione era stato disposto dal gip distrettuale di Catanzaro, Barbara Saccà, che aveva concesso la detenzione nella propria abitazione per il 73enne ritenuto un elemento di vertice dell’omonimo clan di Vibo Valentia, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nell’operazione “Nuova Alba” condotta nel 2007 dalla Squadra Mobile.

In “Rinascita-Scott” gli viene contestato nuovamente il reato di associazione mafiosa (per un arco temporale successivo a “Nuova Alba”) con il ruolo di promotore e organizzatore del clan, nonchè con compiti organizzativi e decisionali all’interno della cosca, promuovendo riunioni in prima persona per dirimire i contrasti fra le diverse articolazioni del clan Lo Bianco-Barba e per prendere le decisioni più importanti.
Oltre al ruolo apicale all’interno dell’associazione, gli vengono altresì contestate tre distinte ipotesi estorsive, pluriaggravate dalle finalità mafiose, nei confronti dei altrettanti imprenditori, fatti per i quali è chiamato a rispondere per una vicenda estorsiva in concorso con Lo Bianco Paolino, per altra in concorso con Domenico Macrì (detto Mommo).

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