Rinascita-Scott: le alleanze dei Mancuso con i lametini e gli usurai del Vibonese
Le deposizioni di Pasqualino D’Elia e Luigi Farris. I contrasti con i Chindamo di Laureana, il ruolo dei Bellocco, le appropriazioni dei Lo Bianco ed i pestaggi da parte dei Fiarè
Classe ‘63, originario di San Costantino Calabro, ma residente a Lamezia Terme, undici fatti di sangue commessi e confessati, più cinque tentati omicidi. E’ Pasqualino D’Elia, collaboratore di giustizia che ha oggi deposto nel maxiprocesso Rinascita-Scott. “Facevo parte del clan Pagliaro-Gattini-Andricciola di Lamezia Terme e nella ‘ndrangheta sono stato affiliato nel 1982 sino a raggiungere la dote della Santa. I miei capi erano Giuseppe Pagliaro e Giuseppe Gattini, mentre i miei cugini erano Santo e Ciccio Iannazzo di Sambiase a cui ci siamo alleati. Nel Vibonese eravamo alleati ai Mancuso – ha ricordato D’Elia – ed io stesso ho accompagnato più volte Santo e Ciccio Iannazzo a casa di Luigi Mancuso in quanto i Iannazzo dovevano consegnare del denaro ricavato da un’estorsione su lavori pubblici. I Mancuso erano alleati ai pesce ed ai Bellocco di Rosarno, mentre su Vibo Valentia operavano i Lo Bianco e su San Gregorio d’Ippona i Fiarè. Ricordo che Rosario Fiarè a noi lametini ci procurò anche una casa a Piscopio per trascorrere la latitanza. Al tempo stesso – ha concluso D’Elia – ricordo che i Mancuso volevano morto Gesino Chindamo di Laureana di Borrello in quanto loro appoggiavano il clan Albanese all’epoca contrapposto proprio ai Chindamo. Gesino Chindamo era però protetto da Umberto Bellocco di Rosarno il quale si rifiutò di consegnare Chindamo ai Mancuso”. [Continua dopo la pubblicità]
Non ancora terminata, invece, la deposizione di Luigi Farris. Arrestato nel 1984 e poi assolto, lo stesso negli anni ’80 e ’90 gestiva un negozio di mobili a Vibo Valentia, ma dopo l’arresto per via della chiusura da parte delle banche è stato costretto a rivolgersi agli usurai conoscendo così soggetti del Vibonese come Rosario Fiarè e Saverio Razionale di San Gregorio d’Ippona, Ferruccio Bevilacqua, Vincenzo Barba e Carmelo Lo Bianco di Vibo Valentia, Fortunato Mantino di Vibo Marina. “Al vertice di tutto – ha dichiarato Farris – vi erano però i Mancuso ai quali i più legati erano i Fiarè e Saverio Razionale i quali sul territorio di San Gregorio d’Ippona agivano in autonomia. Un altro grosso personaggio che operava all’epoca su Vibo era Michele Pardea, che aveva contatti con Antonio Mancuso ed è stato poi ucciso nel napoletano nel corso di una sparatoria con alcuni camorristi.
Michele Pardea era legato anche a Rocco Anello di Filadelfia e ai Iannazzo. A causa dei debiti usurari ho subito “l’esproprio” del mio negozio da parte di Carmelo Lo Bianco, con Ferruccio Bevilacqua che si è preso diversa merce. In altra occasione venni invece chiamato da Totò Ventura di Pizzo per recarmi a San Gregorio d’Ippona da Rosario Fiarè e Saverio Razionale e qui Fiarè mi picchiò violentemente con un bastone. Voleva 30 milioni di lire. Raccontai l’episodio a Giuseppe Mancuso di Limbadi che in precedenza era riuscito a fermare le pretese nei miei confronti da parte di Fortunato Mantino e Nicola Tripodi, ma con Rosario Fiarè mi disse che lui non poteva fare nulla”.
La deposizione di Farris riprenderà domani mattina.
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