Rinascita: i legami fra la Sibaritide ed i reggini secondo l’ex boss di Rossano
Pasquale Tripodoro collabora con la giustizia dal 1994. I rapporti con San Luca e le riunioni fra i capi società
E’ stata oggi la volta di Pasquale Tripodoro, 82 anni, capo della ‘ndrina di Rossano, collaboratore di giustizia dal 1994, nel processo Rinascita-Scott. Rispondendo alle domande del pm Antonio De Bernardo e poi dei difensori degli imputati, il collaboratore Tripodoro – sia pur a fatica per problemi di udito – ha sostanzialmente confermato quanto dichiarato a verbale due anni fa alla Dda di Catanzaro. “Il nostro riferimento nella ‘ndrangheta era Giuseppe Cirillo che operava nella zona di Sibari. Scoprimmo in seguito che non eravamo riconosciuti come locale, né Rossano, né Corigliano, né Sibari. Cirillo aveva mentito e per questo siamo stati a Reggio Calabria dai fratelli Mimmo e Pasquale Tegano per metterci a posto e come capi vennero riconosciuti io a Rossano, Santo Carelli a Corigliano. Senza il riconoscimento da parte dei reggini uno ‘ndranghetista comandava solo a casa sua. La ‘ndrangheta è una struttura unica e il Crimine deriva da Reggio Calabria e da San Luca. Ho ricevuto sino alla dote del Vangelo e nella mia copiata c’erano Paolo De Stefano, uno dei Tegano, Cirillo e Mannolo. Oltre al Vangelo c’è un grado superiore che si chiama “Diritto e medaglione”, dote che aveva Franco Pino” ovvero l’ex boss di Cosenza. Secondo Pasquale Tripodoro, “il Crimine di Reggio Calabria e di San Luca era composto da Giuseppe Morabito, Antonio Pelle e Paolo De Stefano e Tegano. [Continua dopo la pubblici]
Tutti i capi società che hanno il Crimine e sono riconosciuti da San Luca formano una Commissione regionale e possono partecipare alle riunioni. Io avevo a che fare con Santo Carelli di Corigliano, con Giuseppe Farao, Silvio Farao e Cataldo Marincola di Cirò. Ai miei tempi a Crotone aveva il Crimine Luigi Vrenna, detto “Lo Zirro”. A Vibo non so se c’era un Crimine”.
Quindi il riferimento ad un incontro a Limbadi in compagnia di Santo Carelli. “Siamo andati in una casa a trovare una persona che si chiamava Mancuso. Noi eravamo andati perché Carelli era interessato ad una barca. Abbiamo mangiato a casa sua, una casa vicino alla caserma dei carabinieri”.
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