Malavita e canzoni della Merante, presentato un esposto a Gratteri
Il segretario nazionale del sindacato di polizia e un giornalista si rivolgono al procuratore di Catanzaro per accertare eventuali reati nei testi dei brani della cantante folk calabrese. La condanna anche da ConDivisa
Qualcosa si muove anche in Calabria contro i testi di alcune canzoni della calabrese Teresa Merante che lodano le gesta di mafiosi, latitanti e malviventi. Giuseppe Brugnano, consigliere comunale di San Luca e segretario nazionale del sindacato di polizia FSP (Federazione Sindacale di Polizia), e Saverio Simone Puccio, giornalista e consigliere comunale di Botricello, hanno infatti presentato un esposto al procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, per chiedere di accertare eventuali fattispecie di reato, tra l’altro l’istigazione a delinquere, nei testi dei brani della cantante folk Teresa Merante. «Abbiamo avuto modo di ascoltare i brani della sedicente cantante folk – scrivono Brugnano e Puccio – che inneggiano alla mafia, elogiano boss e latitanti, cantano la gloria di ‘omini d’atri tempi’, con quelle che vengono definite da lei stessa “belli paroli”. Nei testi si riscontrano frasi raccapriccianti, tra le quali: «“Chissa è la polizia, sparati a tutta forza a sta brutta compagnia”; “non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti”; “sbirro traditore”; “due giudici erano contro (a Totò Riina) e arrivò il loro giorno… li fece uccidere senza pietà (Falcone e Borsellino)”». [Continua dopo la pubblicità]
Secondo i due amministratori locali, «intorno a Teresa Merante c’è un fenomeno tutt’altro che ristretto: poco meno di 90.000 seguaci su Facebook, oltre 51.000 su Instagram, con oltre 5 milioni di visualizzazioni per i suoi video su Youtube. Tra i testi che abbiamo avuto modo di verificare, ci sono alcune frasi che appaiono superare il limite della decenza e della semplice libertà di opinione o di espressione». Tra questi brani, Brugnano e Puccio citano il testo di “U Latitanti”: «Un inno a chi si nasconde alla giustizia, ma anche un preoccupante appello a sparare contro le forze dell’ordine. La storia del latitante viene raccontata come quella di un idolo e all’arrivo della polizia le parole sono crude: “…non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti…”».
Analoghe considerazioni riguardano la canzone dedicata a Totò Riina, dal titolo scontato: “Il capo dei capi”: «Riina viene descritto come “uomo di tanto rispetto e onore”. Per lui “la galera era villeggiatura…il rispetto non gli mancava”, eppure “tante persone lui ha ammazzato e dei pentiti non si è scordato”. Parole di disprezzo, quindi, per Tommaso Buscetta: “…uomo d’onore lui non lo era”, mentre alle forze dell’ordine vengono abbinati aggettivi come “traditore”».
I due consiglieri comunali hanno anche citato l’ultimo brano edito da Teresa Merante, “Bon Capudannu”, «rivolto – scrivono – ai detenuti e alle loro famiglie, con gli auguri diretti: “Buon capodanno ai carcerati, segregati in galera. Speriamo torniate in libertà, nelle vostre case gioia e serenità”. Nel video della canzone “Bonu Capudannu”, girato a Nicotera, appare anche l’attuale sindaco Giuseppe Marasco che, dopo le polemiche, ha preso le distanze con alcune dichiarazioni pubbliche. «I commenti che appaiono sotto i video e i post della signora Merante – scrivono ancora Brugnano e Puccio – destano perplessità e rischiano di fomentare un clima di illegalità e ingiustizia.
A nostro parere, nei testi di tali brani prevalgono incitazioni alla malavita e ai suoi uomini, denigrando forze dell’ordine e magistratura, con il risultato di offrire una immagine discutibile di questa terra, facendo gioire, invece, i tanti follower pronti a vedere Teresa Merante come la nuova artista da ascoltare per celebrare un mondo che non può e non deve avere questa ribalta. I messaggi che vengono diffusi attraverso questi testi – proseguono Brugnano e Puccio nell’esposto – non possono essere ricondotti a mere ricostruzioni artistiche e canore, ma equivalgono ad espressioni di odio nei confronti delle Forze dell’ordine e della magistratura e di esaltazione della criminalità organizzata e dei suoi componenti». Da qui la richiesta di «accertare se tali condotte possano ricondurre a fattispecie di reato, quali ad esempio l’istigazione a delinquere, ovvero ogni altro reato che dovesse essere accertato».
Sull’argomento interviene anche Lia Staropoli, presidente dell’associazione “ConDivisa” e co – fondatore del movimento antimafia “Ammazzateci Tutti” nonchè autrice del libro “La santa setta – Il potere della ‘ndrangheta sugli affiliati e il consenso sociale sul territorio” edito da Laruffa. “Ne parlo diffusamente del mio libro dedicando un intero capitolo all’argomento, dobbiamo comprendere che l’attività prevalente della criminalità organizzata è proprio quella di tentare di sembrare attraente e, indubbiamente, certe canzoni le conferiscono parecchia propaganda. La criminalità organizzata ha bisogno di sembrare affascinante – afferma la Staropoli – perché il fattore determinante per ‘ndrangheta, camorra e Cosa Nostra è proprio il “consenso sociale”. Senza il consenso sociale la mafia non potrebbe contare sull’omertà e sulla reticenza. E lo cerca ovunque, persino attraverso la musica, ma per esempio anche durante le funzioni religiose con i c.d. “inchini” delle statue dei Santi, per ammantarsi di sacralità. La mafia tenta di conferirsi potere per mezzo di canzoni e proverbi che ritraggono boss e affiliati come benefattori, e per farlo utilizzava anche delle trasmissioni radiofoniche. Come si desume dall’operazione “All inside” contro la ‘ndrangheta. E adesso tenta di usare i social network. Il rischio di emulazione è concreto e possiamo riscontrarne gli effetti immediati nei social. Dove si evince chiaramente che molti ragazzi, giovanissimi, subiscono il fascino dei criminali celebrati in queste canzoni. Gruppi e commenti su facebook che inneggiano a boss e ad affiliati utilizzando lo stesso linguaggio dei criminali. Ragazzi che celebrano e legittimano le condotte criminali dei boss, contestualmente insultano e tentano di delegittimare carabinieri, poliziotti e militari della Guardia di finanza. Ma i pericoli maggiori li riscontriamo nelle roccaforti di ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, nelle zone fortemente interessate e controllate dalla criminalità organizzata. Qui i ragazzi potrebbero veder legittimate alcune condotte criminali che percepiscono direttamente. Questo ovviamente non significa che gli autori e i cantanti di queste canzoni sono affiliati, ma è ormai noto che il potere più grande della mafia è quello che le viene conferito dall’esterno”.
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