Bancarotta fraudolenta: sigilli a Vibo alle imprese dei fratelli Evalto
Sequestro milionario firmato dal gip e confermato dal Tribunale del Riesame. Sei in totale gli indagati
Bancarotta fraudolenta. Questo il reato che vede indagati sei componenti della famiglia Evalto, originaria di Seminara, ma da anni residente a Vibo Valentia. Sequestrati inoltre beni per migliaia di euro ed in particolare una serie di società attive nel settore dei trasporti e del calcestruzzo. Un’attività di indagine seguita dalla Guardia di finanza con il coordinamento del pm della Procura di Vibo Valentia, Concettina Iannazzo.
Gli indagati sono: Francesco Evalto, 57 anni, Rocco Evalto, 58 anni, Michele Evalto, 46 anni, Antonio Piperno, 35 anni, Giuseppe Tino, 45 anni, tutti residenti a Vibo, Giuseppe Speziali, 55 anni, di Catanzaro.
Secondo l’accusa, attraverso una serie di fallimenti pilotati i beni di sette società riconducibili alla famiglia Evalto sarebbero transitati in altre società appositamente create da prestanomi allo scopo di continuare l’attività di quelle fallite.
Sotto sequestro in particolare la società “Ediltrasport di Piperno Antonio” nata nel 1997 e con un passivo di quasi due milioni di euro e debiti verso Equitalia per circa 2 milioni e 400mila euro. Quindi sigilli anche alla “E&P Calcestruzzi srl” costituita nel 2002, con un passivo di un milione e 700mila euro, alla “Evalto Trasporti srl” attiva nel trasporto merci e con un passivo di un milione e 100mila euro e debiti per quasi 800mila euro; alla “Project-Costruzioni Generali Infrastrutture srl”. Il sequestro di tali società ha retto anche dinanzi al Tribunale del Riesame di Vibo Valentia.
Dissequestrate invece la “Prev Calcestruzzi srl” e la “Dlki Costruzione & trasporti”, difese dagli avvocati Costantino Casuscelli e Rocco Barillaro, e quelle riconducibili a Rocco Evalto, difeso dagli avvocati Giovanni Marafioti e Giulio Capria.
Tutte le società hanno sede legale in indirizzi solo sulla carta diversi, ma corrispondenti nei fatti ad un unico immobile di proprietà dei coniugi Domenico Evalto e Caterina Ventrice (non indagati), genitori dei fratelli Francesco, Rocco, Michele e Antonino Evalto, quest’ultimo non indagato.
Secondo l’accusa, Giuseppe Speziali, amministratore unico della “Cal.Me. Spa”, dopo la dichiarazione di fallimento della “Evalto Trasporti”, avrebbe distratto una somma di 147mila euro. Michele Evalto e Giuseppe Tino, amministratori unici della E&P Calcestruzzi, avrebbero invece distratto i beni della società cedendo un terreno di 13mila metri quadri al prezzo di 226mila euro senza effettuare il calcolo dell’Iva ammontante a quasi 12mila euro.
Francesco e Michele Evalto, amministratori unici della “Evalto Trasporti Srl”, al fine di trarre vantaggio per se stessi e procurare un danno ai creditori, avrebbero inoltre tenuto i libri contabili della società – dichiarata fallita nel 2015 – in modo tale da rendere impossibile la corretta ricostruzione del patrimonio e la movimentazione degli affari dal 2006 al 2013. Francesco e Rocco Evalto avrebbero infine evaso l’Iva per la società “Evalto Calcestruzzi srl” dal 2010 al 2013, e dovranno anche rispondere della distruzione dei libri e delle scritture contabili della società.
Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati Giovanni Marafioti, Marco Talarico, Giuseppe Mammone e Giulio Capria.
Le interdittive, i legami con i Lo Bianco e gli altri guai giudiziari. Alcune delle società sequestrate sono state in passato destinatarie anche di interdittive antimafia emesse dalla Prefettura sulla scorta dei rilievi e delle informative delle forze dell’ordine. La famiglia Evalto è strettamente imparentata con la famiglia del defunto boss di Vibo Valentia, Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni” (in foto), avendo uno dei fratelli Evalto sposato la figlia del boss nonché sorella di Paolo Lo Bianco, altro elemento di spicco della cosca, figlio ed erede dell’omonimo casato mafioso.
Francesco Evalto, infine, dal 2002 al 2005 è stato anche consigliere comunale di maggioranza a Vibo Valentia, in quota Forza Italia, durante la prima amministrazione guidata dal sindaco Elio Costa. Lo stesso Francesco Evalto è attualmente sotto processo anche a Catanzaro con le accuse di corruzione e falso materiale: avrebbe superato 9 esami all’Università (laurea poi non conseguita) dietro il pagamento di somme di denaro.
Nel 2004 Francesco Evalto si era candidato pure al Consiglio provinciale di Vibo Valentia, senza tuttavia riuscire ad essere eletto.
Da ricordare, infine, che una delle imprese dei fratelli Evalto, sulla base di accordi pregressi con il Consorzio Tie di Domenico Liso e Domenico Scelsi (al centro dell’operazione “Ricatto”), avrebbe dovuto realizzare l’intera opera del nuovo ospedale di Vibo Valentia. Un progetto stroncato grazie all’inchiesta “Ricatto” dell’allora comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo, Nazzareno Lopreiato, con il coordinamento del sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, oggi pm di punta della Dda di Reggio Calabria.
In relazione all’articolo di cui sopra, dalla signora Marianna Catania, vedova del defunto Carmelo Lo Bianco (deceduto nel 2014) e madre di Paolo Lo Bianco riceviamo e pubblichiamo: ” Con grande stupore la sottoscritta nell’articolo notava come si faccia uno stretto collegamento fra la famiglia Evalto e quella Lo Bianco e si ingeneri il sospetto che talune delle aziende di questi signori siano state attinte da interdittive antimafia proprio in virtù degli stretti rapporti di parentela con la famiglia Lo Bianco. Questo dato, per quanto a conoscenza della sottoscritta, è destituito di qualsivoglia fondamento, in quanto le motivazioni dell’irrogazione delle interdittive non hanno alcun collegamento con la famiglia Lo Bianco, anche in virtù dell’assenza del dichiarato forte rapporto di parentela. L’ unico vincolo esistente fra la famiglia Lo Bianco ed uno dei componenti della famiglia Evalto, è che Antonino Evalto ha sposato Lo Bianco Rosy, figlia della sottoscritta e del defunto Lo Bianco Carmelo. E’ da specificare, altresìche il citato Evalto Antonino non risulta assolutamente essere indagato nel procedimento penale nel quale è intervenuto il sequestro”.
Sin qui la nota della signora Marianna Catania. Per parte nostra preme evidenziare che nell’articolo in questione (forse sarà sfuggito alla signora) abbiamo ben scritto che Antonino Evalto non risulta indagato. Quanto al dato storico del legame parentale fra la famiglia Lo Bianco e quella degli Evalto (dato pubblico e peraltro riportato anche nella relazione di scioglimento dell’Asp di Vibo per infiltrazioni mafiose), è la stessa signora Catania a confermarlo.
Quanto infine alle interdittive antimafia, basta ricordare che la sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato datata 11 agosto 2015 sul ricorso della Project-Costruzioni Generali Infrastrutture srl contro il Ministero dell’Interno – confermativa dell’interdittiva antimafia – così recita testualmente: ” È vero in linea di principio che i rapporti familiari non possono da soli giustificare l’emissione dell’informativa, ma è del pari vero che l’esistenza di tali rapporti – tra i quali, spicca, fra tutti il fratello dei soci, Antonio Evalto, coniugato con la figlia di un soggetto detenuto agli arresti domiciliari perché elemento di spicco della consorteria mafiosa Lo Bianco – Barba – deve essere considerato unitamente agli altri significativi elementi, valorizzati dall’informativa, che vedono Francesco e Michele Evalto quali soci di società già colpite da informative per la loro permeabilità mafiosa nonché in frequente compagnia di soggetti controindicati”.