Il giudice Chiodo risponde ad Emanuele Mancuso e rassicura sulle sorti della figlia
La presidente del Tribunale dei minori spiega che la madre è stata autorizzata a seguire la minore in località protetta trovandosi il padre in regime di custodia cautelare
Arriva la replica del presidente del Tribunale dei minorenni di Catanzaro, Teresa Chiodo, alla lettera denuncia del collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, che il 6 gennaio scorso ha lanciato un grido di aiuto ritenendo la figlia in pericolo ed ancora in mano alla ‘ndrangheta.
«In relazione alle notizie palesemente false riportate nella lettera – denuncia del collaboratore di giustizia Mancuso Emanuele, ai sensi dell’art. 8 della Legge n. 47/48 si richiede la pubblicazione della seguente rettifica. La figlia di Mancuso Emanuele, lungi dall’essere “in mano alla ‘ndrangheta ed usata come merce di scambio”, in realtà, dopo soli tre mesi dal ricorso del P.M minorile, è stata tempestivamente collocata in località protetta, individuata dal NOP – Nucleo Operativo di Protezione della Polizia di Stato, con provvedimento di questo Tribunale del 31 maggio 2019, assunto prima dell’ammissione della bambina allo speciale programma di protezione per i congiunti dei collaboratori di giustizia, avvenuta solo in epoca successiva. [Continua dopo la pubblicità]
Contestualmente la madre è stata autorizzata a seguire la minore in località protetta, trattandosi ovviamente di una bimba di soli 11 mesi di età, priva della figura paterna essendo il padre, Mancuso Emanuele, detenuto da epoca anteriore alla sua nascita e a tutt’oggi in regime di custodia cautelare.
Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro, lungi dal restare “inerte“, nel corso di una complessa attività istruttoria ha in realtà adottato ben sei provvedimenti a tutela della minore.
Tanto premesso, non è dato comprendere in che modo la minore, che si trova da oltre un anno e mezzo al di fuori della Calabria in località protetta sconosciuta, possa essere “in mano alla `ndrangheta” ne tantomeno è dato comprendere come una bambina di soli due anni possa essere in grado di “mantenere contatti con gli ambienti `ndranghetistici”. Ove mai, per assurdo, ciò fosse possibile, la responsabilità sarebbe ascrivibile unicamente all’ente affidatario, ovvero il Nop della polizia di Stato congiuntamente al Servizio Sociale – cui la minore era affidata con il citato decreto di questo Tribunale anteriormente al decreto della Corte di appello del 21.10.2019 e da quella data, al padre, unico esercente la responsabilità genitoriale. [Continua]
Infatti, tocca da ultimo precisare, quanto al “discutibile decreto”, che lo stesso è stato sostanzialmente confermato e non già “letteralmente disintegrato” o “ribaltato” dalla Corte di appello la quale, con il citato decreto, confermato il disposto collocamento della minore unitamente alla madre, ha riformato le statuizioni di questo Tribunale con esclusivo riguardo alla disposta limitazione della responsabilità genitoriale a carico del Mancuso, che è stata espressamente revocata, con conseguente caducazione dell’affidamento della minore al Nop e al Servizio Sociale.
Pertanto, a seguito della pronuncia della Corte, Mancuso Emanuele è stato pienamente reintegrato nella responsabilità genitoriale e conseguentemente lo stesso, benché in stato di detenzione, è attualmente autorizzato ad assumere ogni decisione concernente la figlia minore, inclusa l’adozione di iniziative a tutela finalizzate a “strappare… la bambina dalle mani della `ndrangheta”».
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