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Rinascita-Scott: a giudizio Leoluca Lo Bianco e Domenico Bonavota

Processi separati per i due imputati che andranno in abbreviato ed ordinario, più un separato dibattimento in Corte d’Assise per gli omicidi Cracolici e Furlano di cui risponde l’esponente del clan di Sant’Onofrio

Rinascita-Scott: a giudizio Leoluca Lo Bianco e Domenico Bonavota
Leoluca Lo Bianco (U Rozzu)

Processo con rito abbreviato anche per Leoluca Lo Bianco, 61 anni, detto “U Rozzu”, di Vibo Valentia, imputato in Rinascita-Scott e la cui posizione era stata stralciata. E’ quanto deciso oggi dal gup distrettuale di Catanzaro, Claudio Paris, in accoglimento di una richiesta avanzata dallo stesso Leoluca Lo Bianco attraverso il suo difensore, l’avvocato Francesco Sabatino. Rinvio a giudizio invece dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo per il processo con rito ordinario (13 gennaio prossimo) e dinanzi alla Corte d’Assise (10 febbraio prossimo) nei confronti di Domenico Bonavota, 41 anni, di Sant’Onofrio, difeso dagli avvocati Nicola Cantafora e Vincenzo Gennaro.

Leoluca Lo Bianco è chiamato a rispondere del reato di associazione mafiosa e nell’inchiesta Rinascita-Scott viene ritenuto fra i componenti di spicco dell’omonimo clan di Vibo Valentia. Illuminante il ritratto che ne fa il collaboratore di giustizia, Bartolomeo Arena: “Si tratta della persona più falsa ed infida di tutta la ‘ndrangheta di Vibo Valentia, ma è anche l’unico dei Lo Bianco che ha il coraggio di affrontare gli altri ‘ndranghetisti, eventualmente andando allo scontro. Leoluca Lo Bianco – ha riferito ancora Bartolomeo Arena – appartiene alla ‘ndrangheta con una dote sicuramente maggiore alla mia. Questo lo dico perché quando io avevo la Santa, mi veniva indicato dagli altri appartenenti alla ‘ndrangheta come “mastro” per indicare che sicuramente aveva una dote più alta della mia, quindi all’epoca, almeno il Vangelo. Inoltre, Carmelo D’Andrea mi disse nel 2012-2013 che il “Rozzo” aveva la dote del Trequartino, ma ora non so se gli hanno dato delle doti superiori. E’ compare dei Mesiano di Mileto e dei Camillò di Vibo. [Continua dopo la pubblicità]

Quando formammo nel 2012 il locale di ‘ndrangheta unico con i Lo Bianco- Barba, lui da subito ne fece parte ed è stato il primo “mastro di buon ordine”, ma successivamente si è distaccato perché aveva capito che il suo comportamento non era gradito alla maggior parte dei sodali. Leoluca Lo Bianco aveva infatti tentato di accoltellare Pino Presa (Raffaele Barba) e poi anche Francesco Carnovale, genero di suo zio Carmelo Lo Bianco detto Sicarro, per cui preferì allontanarsi spontaneamente per non essere distaccato dalla Società, per poi rientrare dopo qualche mese. Si tratta di una persona falsa ed infida poiché – ha dichiarato Bartolomeo Arena – seppur collocato con i Lo Bianco-Barba all’interno del Locale di Vibo, mantiene amicizie e rapporti sotterranei con Salvatore Morelli, detto L’Americano, che tra l’altro è suo nipote. E’ stato Morelli ad intercedere tra suo zio Leoluca Lo Bianco e Mommo Macrì quando il rapporto tra i due stava per trascendere alle vie di fatto. So anche che il “Rozzo” spesso si reca dal boss Diego Mancuso al quale riporta ogni novità che avviene a Vibo. Questo fatto me l’ha riferito Leonardo Manco perché si è reso direttamente conto della cosa”.

Domenico Bonavota

Domenico Bonavota dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia deve invece rispondere dell’accusa di associazione mafiosa, con l’aggravante di essere fra i promotori dell’omonimo clan di Sant’Onofrio, mentre dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro è chiamato a rispondere di essere stato il mandante degli omicidi di Alfredo Cracolici e Giovanni Furlano avvenuti il 9 febbraio 2002 e contro i quali sono state esplose raffiche di fucile mitragliatore kalashnikov e colpi di fucile calibro 12, tanto da lasciare sul posto dell’agguato – in contrada Muraglie di Vallelonga – i bossoli di oltre venti colpi. 

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