martedì,Dicembre 3 2024

‘Ndrangheta: processo Nemea e Rinascita, 7 condanne a Vibo per il clan Soriano di Filandari

Dura sentenza del Tribunale collegiale al termine di una lunga camera di consiglio. Regge l’operazione della Dda di Catanzaro e dei carabinieri del Nucleo Investigativo. Otto le assoluzioni

‘Ndrangheta: processo Nemea e Rinascita, 7 condanne a Vibo per il clan Soriano di Filandari

Sentenza del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Tiziana Macrì, nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Nemea” contro il clan Soriano di Filandari. Regge per 7 imputati l’impalcatura accusatoria, rappresentata in aula dal pubblico ministero Annamaria Frustaci che, nel corso della requisitoria aveva ricostruito la genesi dell’inchiesta che ha portato alla contestazione di oltre quaranta capi di imputazione, mentre le persone offese erano quattordici. In Nemea erano confluiti per alcuni imputati anche le contestazioni di Rinascita-Scott che, tuttavia, per gli imputati Caterina Soriano e Luca Ciconte non reggono e relativamente alle contestazioni di Rinascita-Scott (associazione mafiosa) sono stati assolti.

Questa la sentenza: 18 anni e 11 mesi di reclusione Leone Soriano, di 54 anni, di Pizzinni di Filandari (pm aveva chiesto 29 anni); 12 anni Graziella Silipigni, 49 anni, di Pizzinni di Filandari, moglie del defunto Roberto Soriano (lupara bianca), fratello di Leone (chiesti 20 anni); 13 anni e 8 mesi Giuseppe Soriano, 29 anni, di Pizzinni di Filandari (figlio della Silipigni, chiesti 24 anni); 5 anni Giacomo Cichello, di 33 anni, di Filandari (pm aveva chiesto 18 anni); 13 anni per Francesco Parrotta, di 37 anni, di Filandari, ma residente a Ionadi (chiesti 26 anni); 11 anni e 11 mesi per Caterina Soriano, di 30 anni, di Pizzinni di Filandari (figlia di Graziella Silipigni, chiesti 20 anni); 10 anni e mesi 9 Luca Ciconte, di 28 anni, di Sorianello, di fatto domiciliato a Pizzinni di Filandari (marito di Caterina Soriano), chiesti 20 anni; assoluzione per non aver commesso il fatto per Mirco Furchì, 27 anni, di Mandaradoni, frazione di Limbadi (chiesti 2 anni); assoluzione Domenico Soriano, 61 anni, di Pizzinni di Filandari (fratello di Leone Soriano, chiesto un anno); assolto Domenico Nazionale, 34 anni, di Tropea (chiesto un anno); assolta Rosetta Lopreiato, di 51 anni, di Pizzinni di Filandari (moglie di Leone Soriano, chiesti 4 anni); assoluzione per Maria Grazia Soriano, 48 anni, di Arzona di Filandari (chiesta l’assoluzione pure dal pm); Giuseppe Guerrera, 25 anni, di Arzona di Filandari (chiesto un anno); assoluzione per Luciano Marino Artusa, 59 anni, di Arzona di Filandari (chiesti 4 anni); assoluzione per Alex Prestanicola, 29 anni, di Filandari (chiesti 4 anni). [Continua]

Leone Soriano

L’inchiesta è stata condotta “sul campo” dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia con il coordinamento del pm della Dda di Catanzaro Anna Maria Frustaci. Successivamente sono confluiti nel processo Nemea anche – come detto – gli atti dell’inchiesta Rinascita-Scott, che vedevano coinvolti Leone e Giuseppe Soriano ed altri imputati, in modo tale da unificare con un solo processo i due procedimenti. Da Rinascita-Scott escono totalmente assolti Caterina Soriano e Luca Ciconte (contestato il reato di associazione mafiosa) e si tratta delle prime due assoluzioni di un Collegio per la storica operazione Rinascita-Scott.

Nel collegio di difesa figuravano gli avvocati: Giovanni Vecchio (per Francesco Parrotta), Diego Brancia (per Leone Soriano, Rosetta Lopreiato, Graziella Silipigni, Giuseppe Soriano e Alex Prestanicola), Daniela Garisto (per Giuseppe Soriano, Luca Ciconte, Graziella Silipigni, Caterina Soriano e Giacomo Cichello), Sergio Rotundo (per Alex Prestanicola), Giuseppe Di Renzo (per Caterina Soriano e Luca Ciconte), Francesco Schimio (per Nazionale), Mario Bagnato (per Nazionale), Vincenzo Brosio (per Luciano Marino Artusa), Gianni Russano, Salvatore Staiano (per Leone Soriano e Rosetta Lopreiato), Pamela Tassone, Francesco Sabatino (per Mirco Furchì).

Disposta la cessazione della misura cautelare degli arresti domiciliari per Caterina Soriano che passa all’obbligo di dimora (è stata assolta dal reato di associazione mafiosa). Luca Ciconte lascia invece il carcere per gli arresti domiciliari. Gli imputati condannati sono stati dichiarati interdetti dai pubblici uffici. Atti al pm nei confronti di Leone Soriano che nell’udienza del 30 settembre scorso si era scagliato verbalmente contro i giudici.

Queste le parti offese  individuate dalla Dda di Catanzaro: l’imprenditore Antonino Castagna; il figlio Nicola Castagna; l’avvocato Daniela Castagna; l’avvocato Romano Pasqua, titolare della stazione di carburanti Esso di Filandari; l’imprenditore Pasquale Romano, titolare dell’impresa “Romano Fo.Pa. srl” sita a Ionadi; Marianna D’Agostino; Paola Limardo; Antonio Limardo; Davide Contartese; Marco Fuduli; Antonio Fuduli; Antonino Bova; Valerio Palmieri; Salvatore Todaro. 

L’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico (cocaina, eroina, marijuana e hashish), poi riqualificata in sede di requisitoria in traffico di stupefacenti senza il reato associativo, con l’aggravante di essere armata e superiore a dieci persone, veniva mossa a 14 imputati. Si tratta di: Leone Soriano ed il nipote Giuseppe Soriano in qualità di capi e promotori; Graziella Silipigni e la figlia Caterina Soriano nelle qualità di organizzatrici e promotrici dell’associazione; Luca Ciconte, Francesco Parrotta, Giacomo Cichello, Alex Prestanicola, Maria Grazia Soriano, Giuseppe Guerrera, Rosetta Lopreiato, , Marino Luciano Artusa, Domenico Soriano e Domenico Nazionale nella qualità di partecipi. Venivano poi contestati reati in materia di armi ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso.

Domenico Soriano

Leone Soriano – oltre ad aver violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale – era accusato di aver minacciato il maresciallo della Stazione di Filandari, Salvatore Todaro, arrivando a pianificare un attentato ai danni del carabiniere con il contributo di Francesco Parrotta. Nei progetti di Leone Soriano anche quello di voler colpire con una bomba la caserma dei carabinieri di Filandari nella parte degli alloggi di servizio (uno dei quali occupato dal maresciallo Todaro). A tal fine sarebbe stato effettuato un sopralluogo sul luogo in cui compiere l’agguato, procurandosi un’auto rubata il 4 marzo 2018 per mettere in atto l’azione ritorsiva. A carico di Leone Soriano veniva poi mossa l’accusa di minaccia aggravata dalle modalità mafiose rivolta al maggiore dei carabinieri Valerio Palmieri – a capo del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia – e ad altri militari dell’Arma, commessa l’8 marzo 2018 in occasione della notifica del fermo di indiziato di delitto per l’operazione “Nemea”.

Da ricordare che con il processo celebrato con il rito abbreviato era già stato condannato a 4 anni ed 8 mesi Emanuele Mancuso, mentre era stato assolto Massimo Vita di Vena Superiore.

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