‘Ndrangheta: ecco i primi verbali inediti del nuovo pentito vibonese Figliuzzi
Chiamato a deporre nel processo “Gringia”, il 27enne di Gerocarne punta l’indice contro il clan Patania di Stefanaconi ed il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”
Era stato arrestato il 10 novembre scorso poiché accusato di essere stato uno degli esecutori materiali dell’omicidio di Giuseppe Canale, compiuto a Gallico, frazione di Reggio Calabria, il 12 agosto del 2011 per fare un favore al clan Condello-Chirico. Cinque giorni dopo, il 15 febbraio scorso – Nicola Figliuzzi era però già davanti al procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, ed al pm Andrea Mancuso, per “vuotare il sacco”.
La scelta di collaborare. “Intendo cambiare vita – ha affermato Figliuzzi dinanzi ai due magistrati – e la decisione che ho preso è per mia moglie e le mie figlie e proprio per questo intendo collaborare con la giustizia. La mia vita criminale inizia nel 2010/2011. In quel periodo lavoravo a Castellace come taglialegna e, in quel frangente, ho conosciuto Salvatore Callea il quale mi invitò a Canino, in provincia di Viterbo, per fare un danneggiamento perché c’era un soggetto gli mandava sempre i carabinieri in un bar che aveva lì a Canino. Successivamente siamo stati arrestati con Callea per delle lesioni che lui in quell’occasione aveva provocato proprio al soggetto che voleva danneggiare, ma siamo stati liberati”. Si tratta dello stesso Salvatore Callea di Oppido Mamertina coinvolto nell’operazione “Gringia” con l’accusa di aver fatto da tramite fra il clan Patania ed i killer macedoni Vasvi Beluli, Mauro Uras e Arben Ibrahimi, e dello stesso Callea coinvolto anche nell’omicidio Canale a Reggio Calabria.
I contatti con i Patania di Stefanaconi. “Dopo questo episodio – spiega Figliuzzi – mi sono recato a Milano dove sono rimasto svolgendo l’attività di vendita di frutta, sino all’omicidio di Fortunato Patania”, avvenuto nel settembre 2011 nella sua Stazione di servizio nella Valle del Mesima. Quindi il rientro nel Vibonese e il legame con Daniele Bono (anche lui passato fra i collaboratori di giustizia) e Cristian Loielo di Gerocarne “amici di vecchia data” di Figliuzzi. “Bono veniva contattato – confessa Figliuzzi – da Salvatore Patania affinchè trovasse qualcuno per vendicare la morte del padre e Bono gli fece il mio nome”.
Agli incontri per preparare la vendetta all’omicidio di Fortunato Patania, secondo Figliuzzi, sabbero stati presenti tutti i figli del defunto boss ovvero “Salvatore, Saverio, Giuseppe, Bruno e Nazzareno Patania”. Gli incontri si sarebbero tenuti nel garage di Salvatore Patania, presenti anche “Andrea Patania, Francesco Lopreiato, Alessandro Bartolotta, Cristian Loielo, Daniele Bono e tante volte – ricorda Figliuzzi – Giovan Battista Bartolotta padre”.
Il proposito di uccidere Scrugli. I Patania si convincono che l’esecutore materiale dell’omicidio del padre sarebbe stato Francesco Scrugli, braccio-destro di Andrea Mantella ed all’epoca alleato al clan dei Piscopisani. Circostanza peraltro non vera poiché, come svelato dall’inchiesta “Gringia”, pur avendo partecipato alle fasi di organizzazione del delitto, non è stato Francesco Scrugli l’esecutore materiale dell’omicidio di Fortunato Patania, bensì Raffaele Moscato che ha chiamato a sua volta in causa Francesco La Bella di Piscopio.
“I sopralluoghi per cercare Francesco Scrugli – confessa Figliuzzi – li facevamo io, Andrea Patania, Daniele Bono, a volte anche Damiano Caglioti ed anche Francesco Lopreiato. Per il tentato omicidio di Scrugli io e Daniele Bono abbiamo portato a Vibo le armi che ci aveva dato Salvatore Patania. Si trattava di un kalashinikov ed una pistola che abbiamo messo in un borsone nascosto in una siepe presso la strada per Vibo Pizzo vicino una chiesetta, luogo che saprei comunque indicare. I Patania mi promettevano diecimila euro per l’omicidio. Soldi che non mi davano perché l’omicidio era fallito”. Scrugli viene infatti sparato con una carabina nel febbraio del 2012 nel quartiere S. Aloe a pochi metri dalla Questura di Vibo e, secondo il racconto di Figliuzzi, l’arma da fuoco sarebbe stata presa a Nicotera Marina da lui stesso, “Daniele Bono e Saverio Patania dal boss Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni”.
Il proposito di uccidere dentro l’ospedale. Francesco Scrugli è stato poi ucciso a Vibo Marina nel marzo del 2012 da killer macedoni residenti a Canino e reclutati dai Patania attraverso Salvatore Callea. Scampato però al tentato omicidio con la carabina nel quartiere S. Aloe e ricoverato in ospedale a Vibo con una ferita al collo, ad avviso di Figliuzzi, Saverio Patania ed il boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, avrebbero maturato il proposito di uccidere Scrugli anche “dentro l’ospedale durante il ricovero attraverso l’uso di una pistola con il silenziatore”.
I racconti di Figliuzzi sono ancora molti e svelano diversi particolari anche su altri fatti di sangue. In foto: Nicola Figliuzzi, Fortunato Patania e Francesco Scrugli
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