‘Ndrangheta: chiesta l’incandidabilità degli ex amministratori di Briatico e Ricadi
Fra loro anche l’attuale sindaco di Briatico, Andrea Niglia (presidente anche della Provincia di Vibo) e l’ex sindaco di Ricadi Pino Giuliano
Il Ministero dell’Interno, assistito dall’Avvocatura generale dello Stato, sulla scorta della legge antimafia ha chiesto alla Corte d’Appello di Catanzaro l’incandidabilità di cinque ex amministratori del Comune di Briatico e di tre ex amministratori comunali di Ricadi, ritenendoli tutti responsabili dello scioglimento degli organi elettivi dei due enti locali per infiltrazioni mafiose. Per quanto riguarda Briatico lo scioglimento è stato decretato nel 2011, mentre l’11 febbraio 2014 è toccato al Comune di Ricadi.
La richiesta. Per Briatico la richiesta di dichiarazione di incandidabilità interessa: l’ex vicesindaco Massimo La Gamba, gli ex assessori comunali Domenico Marzano e Gennaro Melluso, Andrea Niglia (all’epoca consigliere comunale di minoranza, poi dimissionario nel marzo 2011, ed attualmente sindaco di Briatico e presidente della Provincia di Vibo, eletto nel 2014) e Milena Grillo (all’epoca consigliere comunale di maggioranza).
Per quanto riguarda Ricadi, invece, la richiesta di incandidabilità riguarda l’ex sindaco Pino Giuliano, l’ex assessore all’Urbanistica ed ai Lavori pubblici Giuseppe Di Tocco e l’ex consigliere di minoranza Francesco Saragò.
Briatico. In primo grado il Tribunale civile di Vibo aveva dichiarato incandidabili l’ex sindaco di Briatico, Francesco Prestia, l’ex vicesindaco Massimo La Gamba e gli ex assessori comunali Domenico Marzano e Gennaro Melluso. Andrea Niglia e Milena Grillo erano stati invece ritenuti candidabili in quanto per il Tribunale civile di Vibo non erano responsabili dello scioglimento del Comune di Briatico per infiltrazioni mafiose.
Si va quindi in Appello a Catanzaro, ma i giudici di secondo grado non entrano questa volta nel merito delle contestazioni mosse a nessuno degli ex amministratori, dichiarando invece “improcedibile” il ricorso, tanto degli ex amministratori Marzano, Melluso e La Gamba (Prestia non aveva appellato) che chiedevano una riforma della sentenza di primo grado che dava loro torto, tanto per Andrea Niglia e Milena Grillo nei cui confronti era stato il Ministero dell’Interno ad appellare il giudizio di primo grado chiedendo ai giudici d’appello di dichiarare anche tali due ultimi consiglieri comunali “incandidabili”. La Corte d’Appello, nel dichiarare “improcedibile” il ricorso, non è però entrata nel merito delle contestazioni ed ha sostenuto un concetto molto semplice: al di là di chi abbia causato con i propri comportamenti o con i propri legami con la criminalità lo scioglimento del Comune di Briatico per infiltrazioni mafiose, tutti tali ex amministratori hanno comunque già scontato un turno di incandidabilità non candidandosi nelle elezioni amministrative che, nel frattempo, si sono svolte in altri Comuni della Calabria.
La Cassazione nel marzo dello scorso anno ha però annullato con rinvio la decisione della Corte d’Appello stabilendo la corretta interpretazione della legge in materia: la norma sull’incandidabilità va interpretata nel senso che gli amministratori ritenuti responsabili dello scioglimento di un Comune per infiltrazioni mafiose devono scontare il turno elettorale non presentandosi nelle prime elezioni amministrative che riguardano il proprio Comune, oltre alle prime elezioni provinciali, circoscrizionali e regionali.
Ecco così che il Ministero dell’Interno ha ora reiterato l’incandidabilità alla Corte d’Appello chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio.
Le contestazioni agli amministratori di Briatico. In particolare, Ministero e Avvocatura generale dello Stato hanno sottolineato che, a loro avviso, Andrea Niglia e Milena Grillo sarebbero “contigui al sodalizio mafioso egemone nel territorio di Briatico”, indicando lo stesso Niglia come “coinvolto in vicende giudiziarie” (contestate dai legali di Niglia) e sottoposto ad una serie di controlli “con soggetti noti dalle forze dell’ordine”, evidenziando poi il fatto che “Pino Bonavita, noto agli inquirenti per vari reati ed indicato come sodale del presunto boss Antonino Accorinti, è lo zio della consorte di Andrea Niglia”.
Per l’ex assessore Domenico Marzano in primo grado erano stati invece rimarcati i suoi legami con il presunto boss Nino Accorinti, quest’ultimo a sua volta testimone di nozze dell’ex assessore Gennaro Melluso. All’ex vicesindaco Massimo La Gamba viene invece contestata la richiesta di assunzione di persone “controindicate” ad una cooperativa che gestiva lo scuolabus. A Milena Grillo veniva infine “contestato” il fatto che il coniuge “presta servizio dal 2001 in società riconducibili ad Accorinti Antonio”.
Le contestazioni a Ricadi. In questo caso sia il Tribunale di Vibo e sia la Corte d’Appello avevano dichiarato “improcedibile” il ricorso ritenendo che gli interessati avessero già scontato l’eventuale turno di incandidabilità in occasione del turno elettorale per le elezioni amministrative del 25 maggio 2014, riguardante però altri Comuni calabresi diversi da Ricadi. Nè i giudici di primo grado e neanche quelli d’appello erano così entrati nel merito delle “contestazioni”. Anche in questo caso, però, la Cassazione ha annullato con rinvio.
Il Ministero dell’Interno attraverso l’Avvocatura dello Stato ha quindi ora chiesto anche per tre ex amministratori di Ricadi l’incandidabilità e più precisamente nei confronti di: sindaco Pino Giuliano, l’assessore Giuseppe Di Tocco e l’allora consigliere comunale Franco Saragò.
Secondo il decreto di scioglimento per mafia del Comune di Ricadi, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, la Prefettura di Vibo ed il Viminale contestano all’ex sindaco, Pino Giuliano, fra le altre cose, di aver realizzato un proprio complesso turistico servendosi di una ditta vicina ad una cosca, assumendo poi in tale struttura il congiunto di un capoclan ed un killer del clan La Rosa di Tropea passato in seguito fra i collaboratori di giustizia. Nel settore dei lavori pubblici, la manutenzione della rete idrica sarebbe invece finita ad una ditta in odore di mafia, mentre le abitazioni abusive di soggetti legati alla criminalità non sarebbero mai state demolite ed il demanio marittimo sarebbe stato occupato abusivamente da parenti degli amministratori. L’allora sindaco e l’allora assessore avrebbero poi affidato il Piano spiagge a tecnici esterni “senza alcuna selezione”. Un sacerdote, zio del consigliere Franco Saragò, sarebbe invece andato a Limbadi a casa del boss Pantaleone Mancuso (cl. ’47, deceduto nell’ottobre 2015) a chiedere voti per il nipote candidato alle amministrative del Comune di Ricadi. Il sostegno elettorale in tale caso, stando alle risultanze dell’inchiesta “Black money”, avrebbe portato in favore del candidato Saragò solo un voto da parte dei Mancuso: quello di una delle figlie, residente nel comune di Ricadi, del defunto boss.
Situazione attuale e conseguenze giuridiche e politiche. Il verdetto della Corte d’Appello è molto importante perché potrebbe avere dirette ripercussioni sia giuridiche che politiche. Nel caso di Briatico, in caso di accoglimento del ricorso del Ministero dell’Interno anche nei confronti di Andrea Niglia, verrebbe stabilito che lo stesso non si sarebbe potuto candidare nel 2014 a sindaco di Briatico e quindi neppure essere eletto nel settembre successivo presidente della Provincia.
In ogni caso a Briatico è attualmente insediata una nuova Commissione di accesso agli atti, nominata dalla Prefettura di Vibo Valentia, che dovrà accertare eventuali infiltrazioni mafiose nell’amministrazione guidata dal sindaco Andrea Niglia.
Su Ricadi, invece, le conseguenze del verdetto della Corte d’Appello sono sia di carattere politico ma potrebbero riguardare anche l’Antimafia che già si è interessata al “caso Ricadi” lo scorso anno convocando a Roma in Commissione parlamentare antimafia (presieduta da Rosy Bindi) l’attuale sindaco Giulia Russo.
La lista “Ricadi rinasce” presentata per le elezioni del 15 e 16 maggio 2011 e che vedeva candidato alla carica di sindaco Pino Giuliano (la cui amministrazione è stata poi sciolta nel 2014, con decreto del Presidente della Repubblica, per infiltrazioni mafiose, confermate dal Tar e dal Consiglio di Stato) aveva infatti due delegati di lista (o “presentatori” che dir si voglia): uno (Michele Artesi) è stato poi candidato a sindaco nel 2016 contro Giulia Russo e la sua lista (definita “civetta”) ha di fatto permesso alla compagine dell’attuale primo cittadino di superare il quorum per rendere valido il turno elettorale. L’altro delegato di lista, invece (Ignazio Pontoriero), è stato anche il primo delegato della lista “Ricadi bene comune” che ha candidato a sindaco Giulia Russo, attuale primo cittadino.
La decisione. I giudici della Corte d’Appello, ascoltate le parti – Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’Interno e avvocati delle persone nei cui confronti è stata chiesta l’incandidabilità – si sono ritirati in camera di consiglio per la decisione.
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