Narcotraffico: un unico processo per i 17 imputati dell’operazione Stammer
Colpiti i clan vibonesi, reggini, lametini e crotonesi con diramazioni in mezzo mondo. Cocaina importata dal Sud America. In aula il nuovo pm della Dda di Catanzaro Antonio De Bernardo
Un unico processo con 17 imputati per il dibattimento nato dall’operazione antidroga denominata “Stammer” ed aperto dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. I giudici hanno infatti deciso di riunire al fascicolo principale tre posizioni precedentemente stralciate. Si tratta di Giuseppe Careri, 46 anni, di Rosarno (difeso dagli avvocati Antonio Russo e Michele Iaria), Antonino Suppa, 43 anni, di Francica (avvocati Francesco e Paola Stilo). A tali due posizioni si è aggiunta anche quella di Antonio Massimiliano Varone, 42 anni, di Mileto (avvocati Leopoldo Marchese e Michelangelo Miceli), che aveva chiesto il rito abbreviato condizionato alla trascrizione di alcune intercettazioni. Richiesta rigettata dal Tribunale che ha quindi riunito tale posizione a quella degli altri 16 imputati. Anche per Varone, quindi, processo con rito ordinario dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Pure il pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo – che ha fatto il suo esordio in aula a Vibo Valentia dopo il trasferimento da Reggio Calabria – si era espresso per il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato. Il Tribunale si è invece riservato sulle eccezioni di competenza territoriale sollevate dai difensori degli imputati e finalizzate a spostare il processo dalla sede di Vibo Valentia. Secondo la prospettazione difensiva, la sede naturale di celebrazione del dibattimento andrebbe individuata nel luogo in cui sarebbe avvenuto il primo sbarco di cocaina in Italia, ovvero il porto di Livorno. Questione sulla quale i giudici si sono riservati ogni decisione unitamente all’ammissibilità del Ministero dell’Interno quale parte civile nel processo. L’operazione antidroga denominata “Stammer” scattata il 24 gennaio scorso su indagini condotte sul campo dal Nucleo di Polizia Tributaria e dal Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro. Gli imputati dinanzi al Tribunale di Vibo sono quindi: Giuseppe Careri, 46 anni, di Rosarno; Antonio Grillo, 39 anni, di San Calogero; Giuseppe Grillo, 36 anni, di San Calogero; Pasquale Grillo, 68 anni, di San Calogero; Rocco Iannello, 42 anni, di Mileto; Fortunato Lo Schiavo, 36 anni, di Mileto; Domenico Luccisano, 36 anni, di Mileto; Vania Luccisano, 37 anni, di Mileto; Fulvio Luccisano, 30 anni, di Mileto; Osvaldo Edmingo Nunez Mena, 52 anni, della Repubblica Dominicana; Ernesto Oliva, 55 anni, di Terranova da Sibari (Cs); Massimo Pannaci, 50 anni, di Vibo Valentia; Pasquale Pititto, 49 anni, di Mileto; Giuseppe Rondinelli, 39 anni, di Botricello; Antonio Scicchitano, 44 anni, di Botricello; Antonino Nazzareno Suppa, 43 anni, di Francica; Antonio Massimiliano Varone, 42 anni, di Mileto. Secondo l’accusa, gli imputati dell’operazione “Stammer” avrebbero cercato di importare complessivamente ottomila chili di cocaina dal Sudamerica. Una sorta di alleanza per alcuni aspetti inedita che avrebbe visto recitare un ruolo di primo piano al clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona in alleanza sia con i Pititto di San Giovanni di Mileto, sia con il più quotato gruppo di San Calogero che, in materia di stupefacenti (attraverso i vari Vincenzo Barbieri, broker della cocaina ucciso nel 2011, e Francesco Ventrici) l’ha sempre fatta da padrone sin dai tempi (2004) della storica operazione “Decollo”. L’alleanza fra Salvatore Pititto, 49 anni, di San Giovanni di Mileto (primo cugino di Pasquale Pititto, personaggio di elevato “spessore” criminale già condannato in via definitiva nel processo “Tirreno” celebrato a Palmi ed a Reggio Calabria, nonché cognato del collaboratore di giustizia Michele Iannello, killer del piccolo Nicolas Green ucciso sull’A3 nel 1994) ed i fratelli di San Calogero, Antonio e Giuseppe Grillo, rispettivamente di 39 e 36 anni (già coinvolti a Bologna nell’inchiesta “Due Torri connection” a Bologna sulla tentata importazione di 1.500 chili di cocaina via area dall’Ecuador), avrebbe garantito il soggiorno nel Vibonese al colombiano Gomez Da Costa, alias “Jhon Peludo”, tornato in Italia per garantire una nuova importazione di cocaina.
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